Nove civili, tra cui 4 bambini, e un militare italiano morti in un attentato kamikaze
in Afghanistan
Ha provocato una strage l’attentato kamikaze avvenuto questa mattina in Afghanistan,
vicino Kabul, e costato la vita a nove civili, tra questi 4 bambini. Nell’agguato
è morto anche un militare italiano mentre altri tre sono rimasti feriti: il loro intervento,
secondo quanto riferisce l’ISAF, ha evitato che il bilancio fosse ancora più pesante.
Il premier Prodi ha assicurato che la missione di pace nel Paese asiatico non è in
discussione. Il servizio di Benedetta Capelli:
Una festa
finita in tragedia. L’inaugurazione di un ponte a Pagman, una ventina di chilometri
a nord-ovest da Kabul, realizzato grazie all’aiuto del contingente italiano, aveva
richiamato la popolazione e le autorità locali. Improvvisamente, l’agguato. L’esplosione,
avvenuta alle 6.30 ora italiana, ha investito la zona ma anche una scuola vicina:
quattro i bambini che hanno perso la vita. Vittime che si aggiungono ad altri cinque
civili afghani. Il bilancio poteva essere ancora più grave se i militari non avessero
bloccato il kamikaze che stava risalendo a piedi il greto del fiume per raggiungere
la folla. Nell’azione, rivendicata dai talebani, anche un soldato italiano è stato
ucciso. Si tratta del maresciallo capo Daniele Paladini, 35 anni originario
di Lecce, ma residente a Novi Ligure, in provincia di Alessandria, sposato e con una
bimba di 5 anni. Altri tre suoi compagni sono rimasti feriti ma le loro condizioni
non destano preoccupazione. Accanto al cordoglio del presidente della Repubblica Napolitano
sono state diverse le reazioni politiche in Italia: il premier Prodi ha parlato di
“eroico sacrificio” ma anche della lunga “strada da percorrere per riportare
la fratellanza e l’ordine in quelle terre tormentate” ma ha assicurato che non cambia
la natura della missione di pace in Afghanistan. Altri esponenti dell’ala radicale
del governo hanno chiesto di andar via dal Paese asiatico. A dicembre i militari
italiani assumeranno il comando della regione di Kabul il che comporterà un provvisorio
aumento del numero dei soldati. L’agguato di oggi è solo l’ultimo di una lunga serie:
dall’inizio dell’anno in Afghanistan si sono registrati oltre centotrenta attentati
suicidi, per lo più attribuiti agli insorti talebani.
Pakistan Nel
giorno dell’ennesimo attentato in Pakistan, costato la vita ad almeno 30 persone,
la Commissione elettorale ha confermato la vittoria del presidente Musharaff nelle
consultazioni dello scorso 6 ottobre. Il capo dello Stato rimarrà in carica per altri
5 anni. La decisione arriva dopo la bocciatura da parte della Corte Suprema di tutti
i ricorsi presentati dall’opposizione. Intanto è destinato a salire il bilancio del
doppio attentato suicida avvenuto a Rawalpindi. Un kamikaze si è lanciato contro un
pullman che stava entrando in una caserma, allo stesso tempo un altro attentatore
si è fatto saltare in aria in prossimità di un posto di blocco situato vicino alla
sede del Comando delle Forze Armate.
India Nuove minacce in India
all’indomani delle sette esplosioni che hanno colpito ieri tre città dell’Uttar Pradesh,
costate la vita a 13 persone. Le Forze dell’ordine che hanno innalzato le misure di
sicurezza hanno intanto diffuso gli identikit di tre sospettati. Violenti scontri
sono poi scoppiate nella capitale dell’Assam, Guwahati, tra membri della tribù degli
Adivasi, che chiedono il riconoscimento della loro etnia, i residenti e la polizia.
Si temono feriti.
Libano Il Libano si è svegliato oggi senza presidente
dopo che Emile Lahoud - il solo capo di Stato cristiano in Medio Oriente - ha concluso
il suo mandato alla mezzanotte scorsa senza che il parlamento riuscisse a nominare
il suo successore. Il presidente del parlamento, Nabih Berri, ha convocato una nuova
sessione dell'assemblea legislativa per il 30 novembre per eleggere un nuovo presidente
che sia accettato sia dall'opposizione guidata dal movimento sciita Hezbollah, che
ha il sostegno della Siria e dell'Iran, sia dalla maggioranza antisiriana, sostenuta
da USA, Europa e Paesi arabi moderati. Nel frattempo, le prerogative presidenziali
sono state assunte dal governo del primo ministro sunnita, Fuad Siniora, che l'opposizione
considera ''incostituzionale'' sin da quando un anno fa si sono dimessi i ministri
sciiti. Prima di lasciare il palazzo presidenziale, Lahoud ha incaricato l'esercito
di assumere la responsabilità della sicurezza della nazione. La decisione è stata
prontamente respinta dal governo, in una mossa che riflette i timori per la stabilità
politica e la sicurezza in un Paese che ha subito una sanguinosa guerra civile tra
il 1975 e il 1990. Le fazioni politiche rivali hanno affermato tuttavia di essere
impegnate a mantenere la pace sociale e la stampa sembra riflettere questo tacito
accordo.
Medio Oriente Due palestinesi che apparentemente tentavano
di infiltrarsi in Israele dalla striscia di Gaza sono stati uccisi la scorsa notte
dal fuoco di soldati israeliani di guardia al confine. Intanto, si continua a parlare
della Conferenza di Annapolis: gli Stati Uniti si dicono soddisfatti per la decisione
dei Paesi arabi, in particolare dell’Arabia saudita, di inviare i loro ministri degli
Esteri alla Conferenza internazionale in programma il 27 novembre. Da parte sua, il
movimento sciita libanese Hezbollah ha condannato “la partecipazione, a qualsiasi
livello, del Libano alla conferenza definendo incontro di Annapolis “l'ennesimo trucco
americano” che “mira a sostenere il governo del nemico sionista” e “a diffondere nuove
menzogne e false promesse tra i Paesi arabi circa il riconoscimento dei diritti legittimi
del popolo palestinese”. Il movimento sciita, appoggiato da Siria e Iran, ha inoltre
criticato l'eventuale decisione del governo del premier sunnita Siniora di partecipare
in rappresentanza del Libano alla conferenza di Annapolis.
Elezioni in Australia Dopo
11 anni l’Australia cambia rotta. Nelle elezioni parlamentari per il rinnovo dei 150
seggi della Camera dei Rappresentanti e di 40 su 76 seggi del Senato, è stata netta
l’affermazione dei laburisti di Kevin Rudd. Per l’ex premier conservatore, John Howard,
una dura battuta d’arresto anche personale con la perdita del proprio seggio di Bennelong
a Sydney. Il servizio di Fausta Speranza:
Per la
sesta volta nelle ultime 26 elezioni dopo il 1945, l’Australia cambia registro. A
pesare sulla sconfitta di Howard, che ha governato per 11 anni di fila, anche l’ultimo
scandalo in campagna elettorale con la distribuzione di falsi volantini alla periferia
di Sidney per sostenere il partito conservatore. Una fine di mandato segnata anche
dall’amarezza personale per aver perso il suo seggio in parlamento, sconfitto da una
giornalista televisiva. Un seggio che apparteneva ai conservatori dal 1929. Gli australiani
hanno voltato pagina nonostante Howard abbia portato il Paese ad un’economia in salute,
con una disoccupazione al livello più basso degli ultimi trent’anni. Secondo le promesse
elettorali, l’affermazione del laburista Rudd avrà immediate conseguenze sulla politica
estera australiana con il ritiro dei 580 soldati dall’Iraq, pur nel mantenimento dell’alleanza
militare con gli Stati Uniti, e con la prosecuzione della missione in Afghanistan.
Inversione di tendenza annunciata anche per i temi ambientali e in materia di istruzione
e sanità. Particolare attenzione sulle questioni di bioetica è stata chiesta ieri
dai vescovi australiani, che hanno fatto appello ai politici per il rispetto dei principi
e dei valori cristiani. Polonia Con 238 voti a favori
e 204 contrari, il governo del nuovo premier polacco, Donald Tusk, ha ottenuto la
fiducia del parlamento di Varsavia. Il "sì" dell’Assemblea è arrivato dopo un acceso
dibattito sul discorso programmatico del primo ministro, che ha promesso di ritirare
le truppe dall’Iraq entro il 2008 e di far entrare il Paese nella zona dell’euro.
A Lisbona, la firma del nuovo Trattato dell’Unione Europea La firma
del nuovo Trattato di riforma dell’UE, adottato il mese scorso dal vertice informale
di Lisbona, avverrà il 13 dicembre nel celebre Monastero di Geronimos, nella capitale
portoghese. Nei giorni scorsi, si era discusso sulla possibilità di scegliere Bruxelles
come sede della firma, dal momento che il giorno seguente i leader dovranno comunque
essere a Bruxelles per il vertice europeo semestrale. La polemica era relativa ai
costi e all’inquinamento dovuti allo spostamento. Ma ha prevalso la volontà della
presidenza di turno portoghese di sottoscrivere il Trattato nella città in cui si
è trovato l’accordo.
Elezioni domani in Croazia Appuntamento elettorale
domani per la Croazia: al voto per le elezioni politiche 4,4 milioni di cittadini.
I leader delle due principali forze politiche sono il premier in carica conservatore,
Ivo Sanader e l'emergente Zoran Milanovic dei socialdemocratici. Si tratta delle quinte
elezioni dal 1991, anno dell’indipendenza dall’allora Jugoslavia. Molte cose sono
cambiate, anche nella Comunità democratica croata (HDZ): la formazione che fu feudo
nazionalista del defunto "padre della patria" Franjo Tudjman, che Sanader ha riformato
in questi anni verso l'approdo occidentale del Partito popolare europeo.
Somalia Il
colonnello Nur Hassan Hussein, noto come Nur Adde, ha ottenuto un vero e proprio plebiscito
dai deputati somali che con 211 voti a favore ed uno contrario lo hanno eletto primo
ministro. Il colonnello era stato designato dal presidente, Abdullahi Yusuf, mercoledì
scorso. Subito dopo il voto di fiducia, Adde, 68 anni, ha giurato a Baidoa, a nord
est di Mogadiscio, dove risiede il parlamento della Somalia. In pochi giorni, dovrebbe
varare il nuovo governo. Tre settimane fa il precedente premier, Ali Gedi, era stato
costretto alle dimissioni, dopo un lungo braccio di ferro col presidente Yusuf. Il
compito che il nuovo premier si troverà di fronte è drammatico: un Paese dilaniato
dalla guerra civile, in particolare a Mogadiscio, dove i combattimenti tra ribelli
in larghissima parte guidati da integralisti islamici e forze regolari somale, appoggiate
da quelle etiopiche, sono sempre più violenti e mortali. Circa 700 morti si contano
tra ottobre e metà novembre e migliaia i feriti tra la popolazione civile.
Russia L'ex
campione di scacchi, Garry Kasparov, è stato fermato dalla polizia insieme con altre
persone durante la manifestazione del suo movimento di opposizione a Mosca. Lo rende
noto Radio Eco di Mosca. Al movimento che si chiama "Altra Russia" e alla manifestazione
partecipano anche i leader dell'Unione delle Forze di destra (SPS) Nikita Bilikh e
Boris Nemtsov, l'ex leader del partito nazional-bolscevico, Eduar Limonov, il deputato
indipendente, Vladimir Rizhkov e il difensore dei diritti umani, Lev Ponomarov. Per
rispondere all'iniziativa odierna, i Nashi, il principale movimento giovanile filo-Putin,
hanno radunato alcune migliaia di militanti nei pressi del Cremlino in sostegno del
presidente. A sostegno del capo del Cremlino, nella piazza della Rivoluzione, in quella
dei Teatri e in quella del Maneggio, anche esponenti dell'ala giovanile di Russia
Unita - di cui Putin è capolista - e della Giovane Guardia, uno dei tanti movimenti
giovanili filo presidente.
Inguscezia Tre giornalisti dell'emittente
russa Ren Tv e un difensore dei diritti umani sono stati rapiti, picchiati e poi gettati
in un campo in Inguscezia, Repubblica del sud della Russia. I quattro sono stati prelevati
in un hotel della capitale, Nazran, da un gruppo di uomini mascherati, che si sono
impossessati anche dei loro cellulari, dei loro taccuini e delle loro telecamere.
Uno degli aggrediti è ricoverato in condizioni gravi. Il difensore dei diritti umani
coinvolto nella vicenda è Oleg Orlov, presidente dell'ONG russa Memorial, impegnata
anche nella documentazione della repressione del dissenso nell'epoca sovietica. Orlov
si trovava insieme a tre giornalisti di Ren tv, una delle ultime tv indipendenti russe.
Le autorità locali ritengono che l'episodio sia stato una provocazione e promettono
una severa risposta. Daghestan E' morto oggi in ospedale
in Daghestan, dopo tre giorni di coma, Farid Babaiev, il leader regionale del partito
di opposizione Iabloko ferito nei giorni scorsi in un agguato vicino a casa. Lo riferisce
l'agenzia Itar-Tass. Babaiev era il capolista di Iabloko in Daghestan per le elezioni
politiche del 2 dicembre. Era stato aggredito nella capitale, Makhachkala, da un uomo
non ancora identificato che gli ha sparato quattro colpi di pistola, di cui due alla
testa. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Benedetta
Capelli)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 328 E'
possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del
Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
sito www.radiovaticana.org/italiano.