Si è chiuso a Roma il Consiglio pastorale nazionale dei cappellani delle carceri italiane
"La Pastorale della Chiesa nelle carceri italiane dopo il Convegno di Verona": è questo
il tema scelto dai cappellani delle carceri italiane per il loro Consiglio pastorale
nazionale, che si è chiuso ieri a Roma. Si è sottolineato che negli ultimi anni si
è registrato, in particolare, un forte incremento di detenuti stranieri. Ed in questo
nuovo scenario, come è cambiata la figura del cappellano? Davide Dionisi lo ha chiesto
a mons. Giorgio Caniato, ispettore generale dei cappellani del Dipartimento
dell’amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile:
R. -
Il numero degli stranieri che entrano in carcere sono un 30 per cento ed è aumentato
perché, in fondo, aumentano anche gli stranieri. La nostra presenza in carcere è per
tutti i detenuti, secondo tutti i loro bisogni, e siamo presenti a prescindere da
quella che può essere la cultura, la religione. Il problema è per gli stranieri che
hanno una religione diversa: la possibilità di poter soddisfare il loro culto non
è così facile. C'è poi il problema della misericordia: riguarda Dio - non so se lo
Stato ha nel suo linguaggio giuridico la misericordia - ma c' è da dire che la presenza
del mondo cattolico anche a sostegno dei detenuti stranieri è una presenza molto attiva.
D.
- 41 bis e indulto sono due dei temi che avete affrontato nel corso del vostro convegno.
Cosa ne è emerso?
R. - Il 41 bis è un modo di detenzione
tutto particolare e, se vogliamo analizzare e vedere veramente, noi cristiani siamo
presenti su questo tema in un modo veramente evangelico. Questo non vuol dire che
facciamo la guerra al 41 bis. Si potrebbe pensare anche ad un coinvolgimento di noi
come cristiani riguardo a questo trattamento ma è una cosa molto delicata. Riguardo
all’indulto, questo è stato voluto, attuato, richiesto fino all’inverosimile da tutti;
il Papa non ha chiesto né indulto, né amnistia, ma soltanto un gesto di clemenza.
Il nuovo governo finalmente ha dato l’indulto, in questa forma. Bene, male… Noi cappellani
siamo stati ben contenti perché ormai in carcere non ci si stava più, la detenzione
procurava grandi sofferenze a causa del notevole numero di detenuti. La capienza delle
carceri italiane e di 43 mila detenuti; ne avevamo 63 mila e la detenzione diventava
difficile. Il grosso problema è quello dei reati che si commettono: abbiamo un rientro
di mille detenuti al mese, che non sono quelli usciti con l’amnistia. L’anno scorso,
due anni fa, i recidivi erano il 46 per cento; quest’anno sono il 42 per cento e questo
vuol dire che a rientrare maggiormente non sono coloro che hanno ricevuto l’indulto.