2007-11-22 15:18:34

La corsa del petrolio verso i 100 dollari al barile


Il prezzo del petrolio in continua crescita è arrivato a sfiorare i 100 dollari a barile. La sete di oro nero da parte di tutti i Paesi industrializzati ed in particolare delle cosiddette ‘tigri’ asiatiche, in testa Cina ed India, ha provocato una forte riduzione delle scorte petrolifere mondiali. Ad influire, tuttavia, sui prezzi sarebbero anche forti meccanismi speculativi e fiscali, contro i quali poco può fare una moneta unica europea supervalutata nei confronti del dollaro. Stefano Leszczynski ha sentito il parere dell’economista Alberto Quadrio Curzio: RealAudioMP3


R. – Sono effetti di cui sia i Paesi sviluppati, sia i Paesi in via di sviluppo pagheranno un prezzo salato, perché il petrolio è una materia prima che entra in tutte le produzioni e l’incremento di prezzo andrà a ricadere inevitabilmente sui costi di produzione e sui prezzi al consumo.

 
D. – A fronte di una sempre maggiore forza dell’euro non si registrano benefici sull’acquisto del petrolio. Pensiamo, ad esempio, ai carburanti: come mai?

R. – L’euro sta ammortizzando in parte l’aumento del prezzo del petrolio, ma non interamente. Si tenga conto che negli ultimi 12 mesi il petrolio è aumentato più del 50 per cento di prezzo mentre l’euro non è aumentato di più del 50 per cento sul valore.

 
D. – In molti Paesi in via di sviluppo o sottosviluppati ci sono delle riserve ingenti. Questi Paesi ottengono, secondo lei, qualche beneficio da questa ricchezza o verranno penalizzati per lo sfruttamento di multinazionali straniere?

 
R. – Il beneficio potrebbe essere molto grande per quei Paesi, laddove i Paesi stessi fossero retti da sistemi democratici e da politiche economiche adeguate a livelli standard. Questo purtroppo non avviene per molti di questi Paesi in cui non ci sono forme democratiche. A volte, poi, sono Paesi in cui l’influenza di altri Paesi o di imprese, ma soprattutto di altri Paesi, tra cui la Cina sta diventando dominante anche in Africa. Per questo non si può assicurare in alcun modo un adeguato utilizzo per aumentare il benessere delle popolazioni locali.

Iraq
Almeno otto membri di una pattuglia di poliziotti di quartiere a Baghdad sud sono stati uccisi da militanti di al Qaeda, mentre almeno sei integralisti di al Qaeda sono stati uccisi nella provincia di Diyala, a nord-est di Baghdad. Osservatori sottolineano che molti capi tribali soprattutto sunniti hanno organizzato i giovani delle loro tribù in unità di polizia locali per estromettere gli integralisti di al Qaeda. A questa mobilitazione dei capi tribali viene attribuito gran parte del merito del calo delle violenze in Iraq negli ultimi mesi. C’è poi da riferire delle dichiarazioni dell’ex generale Ricardo Sanchez che ha comandato le truppe USA dopo la caduta di Baghdad: appoggia la proposta democratica di far rientrare il grosso dei soldati americani dall'Iraq entro un anno.

Dagli sciiti iracheni una petizione di condanna per le ingerenze dell’Iran
Una petizione di condanna nei confronti dell'Iran, accusato di fomentare le violenze in Iraq è stata sottoscritta da oltre 300 mila musulmani sciiti del sud dell'Iraq. Nel darne notizia, il "Washington Post" sottolinea come la comunità sciita irachena sia al suo interno molto più divisa rispetto all'influenza esercitata da Teheran di quanto si riconosca. Se il primo ministro ed i principali blocchi politici sono strettamente legati all'Iran, si legge, secondo gli organizzatori della petizione, molti cittadini sono fortemente contrari all'ingerenza iraniana negli affari interni iracheni. La petizione - che secondo gli organizzatori è stata sottoscritta da 600 sceicchi e gode dell'appoggio dell'Organizzazione dei Mujaheddin del Popolo iraniani - esorta l'ONU ad inviare una delegazione per indagare su quelli che definisce i crimini compiuti dall'Iran e dai suoi agenti nel sud dell'Iraq.

Nucleare e Iran
Riguardo al programma nucleare iraniano, l'AIEA ha registrato dei “buoni progressi” ma restano ancora “delle questioni aperte”. E’ quanto ha dichiarato il direttore generale dell'agenzia atomica internazionale, Mohamed El Baradei, aprendo i lavori della riunione del Board dell'AIEA, cominciata stamane nella sede delle Nazioni Unite a Vienna. El Baradei ha spiegato che i progressi registrati negli ultimi due mesi sono stati resi possibili grazie al “maggiore livello di cooperazione dell'Iran”. Tuttavia, ha aggiunto, “mi appello all'Iran ad essere più attiva nel fornire informazioni” soprattutto riguardo alle questioni aperte relative all'arricchimento di uranio. El Bararei ha aggiunto che finora l'AIEA non ha riscontrato divergenze rispetto al materiale dichiarato da Teheran, sottolineando però che l'Iran non applica il protocollo supplementare di controlli.

Terremoto in Iran
Una scossa di terremoto di magnitudo 5,1 sulla scala aperta Richter ha colpito stamattina il sud dell'Iran, un giorno dopo che un sisma di eguale forza aveva colpito le regioni petrolifere del sud ovest del Paese provocando il ferimento di 30 persone. Lo ha detto l'agenzia ufficiale iraniana Irna. Non ci sono per ora notizie di vittime o danni del sisma, avvenuto alle O6:14 (le 04:44 ora italiana) nei pressi della città portuale di Bandar Lengeh nella provincia di Hormozgan. Il terremoto di ieri, anch'esso di 5,1 gradi sulla scala Richter, ha provocato solo lievi danni.

Pakistan
La Corte suprema pakistana ha respinto l'ultimo ricorso che pendeva sulla rielezione del presidente Pervez Musharraf. La Corte suprema, epurata di tutti i giudici ostili a Musharraf dopo la proclamazione dello stato di emergenza, aveva già respinto gli altri cinque ricorsi presentati contro la sua candidatura alla rielezione. La decisione apre la strada alla sua proclamazione come presidente per un secondo mandato di cinque anni e alle promesse dimissioni da capo delle forze armate. E' stato il nuovo capo della Corte, Abdul Hamid Dogar, a pronunciare la parola ''respinto'' rispetto al sesto ricorso. Le opposizioni sostenevano che Musharraf non avrebbe potuto candidarsi alle elezioni del 6 ottobre, perchè questi non si era dimesso da capo delle forze armate.

Libano
Una delegazione di alti ufficiali dell'esercito libanese, guidata dal suo comandante in capo, generale Michel Suleiman, ha incontrato stamani il presidente del parlamento e leader sciita d'opposizione Nabih Berri e il premier sunnita Fuad Siniora. Lo ha riferito il sito Internet del quotidiano An-Nahar. L'incontro tra la delegazione del comando dell'esercito e le massime autorità istituzionali libanesi è avvenuto alla vigilia della prevista seduta del parlamento, convocato domattina per eleggere il successore dell'attuale presidente della Repubblica, il filosiriano Emile Lahud, il cui mandato scade sempre domani alla mezzanotte. Nessuna intesa sull'elezione di un nuovo capo dello Stato “consensuale” è stata finora raggiunta tra la maggioranza parlamentare antisiriana che sostiene il governo Siniora e l'opposizione guidata dal movimento sciita Hezbollah, appoggiato da Siria e Iran. Una delegazione di Hezbollah ha intanto incontrato stamani Lahud, al quale ha dichiarato che qualsiasi sua “iniziativa”, in caso di mancata intesa tra maggioranza e opposizione sull'elezione del nuovo capo dello Stato, sarebbe “costituzionale”.

Somalia
Nuur Adde, 70 anni, ex colonnello della polizia, presidente della Mezzaluna Internazionale, è stato formalmente nominato primo ministro somalo dal presidente della Repubblica Abdullahi Yusuf a Baidoa, nord est del Paese, dove ancora siede il parlamento della Somalia. In breve tempo, forse già entro fine settimana, l'investitura dovrà essere approvata dai deputati. Una procedura lunga, in un Paese che di fatto non c'è più. Mogadiscio è ormai una città morta per i civili. Dalla capitale, stando all'ONU, sono fuggiti in 600.000 da febbraio, 200.000 solo nell'ultima quindicina di giorni. Molte centinaia di civili sono morti tra ottobre e metà novembre per gli incessanti combattimenti tra insorti guidati dagli integralisti islamici e truppe governative ed etiopiche. Sulla situazione attuale in Somalia, Giada Aquilino ha intervistato Silvio Tessari, responsabile per il Corno d’Africa della Caritas Italiana, organizzazione da anni impegnata in territorio somalo:RealAudioMP3


R. - A Mogadiscio sostanzialmente c'è la guerra. La popolazione lascia la capitale dove – dato che il governo provvisorio somalo è alleato in questo momento con l’Etiopia - ci sono le truppe etiopi che stanno combattendo molto duramente con le milizie islamiche rimaste a Mogadiscio. Si parla di 300-400 mila sfollati. C’è anche un’altra regione che è passata un po’ sotto silenzio: l’Ogaden, cioè la parte desertica verso nord-ovest, in territorio etiope, dove, da fonti sicure, abbiamo notizie che le truppe di Addis Abeba stanno combattendo.

 
D. - Qual è la situazione umanitaria?

 
R. - Un po’ di aiuti riescono ad arrivare, ma nelle zone dove c’è maggior bisogno - a Mogadiscio e dintorni e nell’Ogaden - è impossibile, perché c’è troppa poca sicurezza per potersi muovere. La Caritas Somalia è riuscita, in collaborazione con alcune ONG locali, a raggiungere circa 6-7 mila persone, ma - di fronte a un milione di sfollati interni in tutta la Somalia - è ben poco.

 
D. - Alle violenze si affiancano tentativi di superare la crisi politica con la nomina, per esempio, di un nuovo premier. Ma quali altre realtà, anche esterne, influiscono sulla vita quotidiana della Somalia?

 
R. – Si inseriscono sempre interessi esterni, dell’Etiopia, dell’Eritrea, di altre nazioni.

 
D. - Il Papa ha ricordato la precaria situazione della Somalia, sempre più afflitta dall’insicurezza sociale e dalla povertà. Come superare questo momento?

 
R. – Naturalmente è possibile aumentare l’aiuto umanitario. Ma, se non si verificherà un salto di qualità da parte delle Nazioni Unite o degli Stati più interessati alla vicenda somala, dobbiamo preparaci a un altro disastro che si prolungherà.

Ungheria
Circa 6-8.000 persone hanno partecipato, ieri sera, alla manifestazione sindacale contro le riforme del governo del premier socialista Ferenc Gyurcsany sulla piazza davanti al parlamento a Budapest. La manifestazione si è svolta pacificamente ma incidenti si sono verificati dopo che era stata sciolta. Alla protesta hanno aderito tutti i partiti di centro destra (Fidesz, Jobbik, Miep). I dimostranti hanno scandito slogan contro la riforma sanitaria e delle pensioni del governo e rispondendo all'appello dei dirigenti sindacali, vicini a Fidesz, hanno firmato una petizione contro le riforme. Il raduno si è sciolto senza incidenti ma dopo che la manifestazione era stata sciolta, qualche centinaio di estremisti hanno lanciato bottiglie incendiarie contro i poliziotti e incendiato i cassonetti dei rifiuti. Una squadra speciale della polizia ha disperso i dimostranti ma i disordini sono andati avanti fino a tarda ora nelle vie del centro. Non vi sono stati nè arresti nè feriti.

Albania
Il presidente della Repubblica albanese, Bamir Topi, ha disposto la rimozione del procuratore generale, Theodori Sollaku - il più alto magistrato del Paese - accogliendo una proposta formulata dal parlamento e votata dalla sola maggioranza di centrodestra. Al suo posto Topi ha proposto la nomina di una donna, Ina Rama, di 35 anni, attualmente giudice della Corte di appello per i gravi crimini. Il parlamento potrebbe ratificarla quanto prima, anche in giornata. Un anno e mezzo fa l'allora capo dello Stato Alfred Moisiu respinse un'analoga richiesta di rimozione. Dal procuratore generale, la cui carica è a vita, dipende la pubblica accusa di tutta l'Albania. La maggioranza ha accusato Sollaku di inefficienza nella lotta alla corruzione nella pubblica amministrazione e alla criminalità organizzata. Il procuratore generale è stato considerato responsabile di non aver preso in considerazione una serie di denunce da parte di istituzioni per abusi finanziari, e di non aver autorizzato l'estradizione di numerosi pregiudicati richiesta da altri Paesi, soprattutto dall'Italia.

Coree
Dopo mezzo secolo di interruzione, dopo mesi di trattative e uno storico incontro in ottobre tra i leader delle due Coree, la parte nord della penisola sarà di nuovo collegata a quella sud da un treno merci giornaliero che permetterà scambi commerciali più celeri e meno costosi rispetto agli attuali affidati a camion. Un comunicato ufficiale della commissione di Unificazione annuncia oggi che il nuovo tratto ferroviario, 20 km in tutto, sarà effettivo dall'11 dicembre prossimo e collegherà il polo industriale di Kaesong, che si trova nel nord ma è finanziato da Seul, alla parte sud della penisola. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
 
 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 326

 

 
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