Sugli schermi in Italia "I viceré" di Roberto Faenza
Accese discussioni e diversi pareri critici hanno accolto l’uscita sugli schermi italiani
de "I Viceré", un film diretto da Roberto Faenza e ispirato all’omonimo romanzo scritto
da Federico De Roberto nel 1894. La saga di una nobile famiglia siciliana che riflette
i mali di una società e di una classe politica, raccontata in un film nel quale spicca
la straordinaria interpretazione di Lando Buzzanca nel truce ruolo del Principe Giacomo.
Il servizio di Luca Pellegrini:
Una sfida
ritenuta impossibile: tradurre in immagini la saga siciliana dei Vicerè subito costretta
– anche se da molti ritenuta un capolavoro nascosto –, ad un percorso letterario e
artistico piuttosto accidentato, nel quale si è a sua volta inserito il film, epico
e grandioso, diretto da Roberto Faenza. Criticato, dunque, e applaudito, accusato
di infedeltà e di compiaciuto, commerciale ammiccamento alle difficoltà attuali della
classe politica italiana: ed in effetti I Viceré contiene in embrione, come ha acutamente
osservato Ernesto Galli della Loggia, “tutta l’antropologia del potere politico in
Italia”. Dal punto di vista cinematografico, la vicenda scabrosa e passionale della
nobile e arrogante famiglia degli Uzeda di Francalanza, al tramonto del Regno borbonico
e all’alba di quello italiano dei Savoia, è stata trattata dal regista, pur con qualche
inevitabile aggiustamento e semplificazione, con una encomiabile serietà artistica
e produttiva, una attenzione rigorosa agli attori e ai particolari, situazioni che
ricordano, non solo per i contenuti narrati, l’analoga avventura siciliana del ben
più famoso Gattopardo. Il potere, insomma, ieri come oggi, è una temibilissima arma
che può rivolgersi inaspettatamente contro chi lo detiene, ma, in fondo, triste constatazione,
sono sempre i deboli ed i semplici a farne le spese. Questi, ed altri, i motivi che
hanno convinto il regista italiano a realizzare un film così atteso e complesso. Ascoltiamo
Roberto Faenza:
“Effettivamente questo romanzo
doveva essere portato sullo schermo già dai tempi di Visconti, Rossellini e di tanti
altri registi; poi per tante vicissitudini non è accaduto. Noi ci siamo riusciti,
ma per pura fortuna. Effettivamente tutta questa polemica un po’ mi sorprende e al
tempo stesso mi fa pensare che se un film alimenta tanta passione vuol dire che è
un film che ha qualcosa da dire”. Inoltre, Faenza ha dovuto
anche affrontare, così come era accaduto allo scrittore del romanzo, l’accusa di anticlericalismo,
dalla quale così si difende:
“Io ho fatto un film, poco tempo fa, che
è 'Alla luce del sole', su don Puglisi, e l’ultima cosa che vorrei fare al mondo è
fare un film anticlericale. Penso che dentro al film ci siano delle cose un po’ scabrose
che riguardano la vita in un monastero dei Benedettini a Catania ma questo perché
si trattava di persone che venivano messe lì non per vocazione ma per opportunismo,
il famoso opportunismo che permea tutto il film. Ecco, questo non ha nulla a che vedere
con l’anticlericalismo, anzi potrebbe essere l’opportunità per riflettere su delle
pratiche che sono all’opposto della religione”.