2007-11-17 15:25:04

Sugli schermi in Italia "I viceré" di Roberto Faenza


Accese discussioni e diversi pareri critici hanno accolto l’uscita sugli schermi italiani de "I Viceré", un film diretto da Roberto Faenza e ispirato all’omonimo romanzo scritto da Federico De Roberto nel 1894. La saga di una nobile famiglia siciliana che riflette i mali di una società e di una classe politica, raccontata in un film nel quale spicca la straordinaria interpretazione di Lando Buzzanca nel truce ruolo del Principe Giacomo. Il servizio di Luca Pellegrini:RealAudioMP3


Una sfida ritenuta impossibile: tradurre in immagini la saga siciliana dei Vicerè subito costretta – anche se da molti ritenuta un capolavoro nascosto –, ad un percorso letterario e artistico piuttosto accidentato, nel quale si è a sua volta inserito il film, epico e grandioso, diretto da Roberto Faenza. Criticato, dunque, e applaudito, accusato di infedeltà e di compiaciuto, commerciale ammiccamento alle difficoltà attuali della classe politica italiana: ed in effetti I Viceré contiene in embrione, come ha acutamente osservato Ernesto Galli della Loggia, “tutta l’antropologia del potere politico in Italia”. Dal punto di vista cinematografico, la vicenda scabrosa e passionale della nobile e arrogante famiglia degli Uzeda di Francalanza, al tramonto del Regno borbonico e all’alba di quello italiano dei Savoia, è stata trattata dal regista, pur con qualche inevitabile aggiustamento e semplificazione, con una encomiabile serietà artistica e produttiva, una attenzione rigorosa agli attori e ai particolari, situazioni che ricordano, non solo per i contenuti narrati, l’analoga avventura siciliana del ben più famoso Gattopardo. Il potere, insomma, ieri come oggi, è una temibilissima arma che può rivolgersi inaspettatamente contro chi lo detiene, ma, in fondo, triste constatazione, sono sempre i deboli ed i semplici a farne le spese. Questi, ed altri, i motivi che hanno convinto il regista italiano a realizzare un film così atteso e complesso. Ascoltiamo Roberto Faenza:

“Effettivamente questo romanzo doveva essere portato sullo schermo già dai tempi di Visconti, Rossellini e di tanti altri registi; poi per tante vicissitudini non è accaduto. Noi ci siamo riusciti, ma per pura fortuna. Effettivamente tutta questa polemica un po’ mi sorprende e al tempo stesso mi fa pensare che se un film alimenta tanta passione vuol dire che è un film che ha qualcosa da dire”.
 
Inoltre, Faenza ha dovuto anche affrontare, così come era accaduto allo scrittore del romanzo, l’accusa di anticlericalismo, dalla quale così si difende:

“Io ho fatto un film, poco tempo fa, che è 'Alla luce del sole', su don Puglisi, e l’ultima cosa che vorrei fare al mondo è fare un film anticlericale. Penso che dentro al film ci siano delle cose un po’ scabrose che riguardano la vita in un monastero dei Benedettini a Catania ma questo perché si trattava di persone che venivano messe lì non per vocazione ma per opportunismo, il famoso opportunismo che permea tutto il film. Ecco, questo non ha nulla a che vedere con l’anticlericalismo, anzi potrebbe essere l’opportunità per riflettere su delle pratiche che sono all’opposto della religione”.







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