L’udienza del Papa al re saudita ha messo l’accento sui punti in comune tra cristiani
e musulmani: il commento dell’islamologo gesuita, padre Samir Khalil Samir
Ha destato ampia eco nel mondo islamico l’incontro, in Vaticano martedì scorso, tra
Benedetto XVI e il sovrano saudita Abdallah Bin Abdulaziz Al Saud, che riveste anche
il ruolo di Custode delle Due Sacre Moschee della Mecca e di Medina. Per una riflessione
sulle reazioni nei Paesi a maggioranza musulmana, Alessandro Gisotti ha intervistato
il padre gesuita Samir Khalil Samir, docente di Storia della cultura araba
e islamologia all’Università Saint Joseph di Beirut: R.
– Quale reazione c’è stata nel mondo arabo? Anzitutto va detto che si sono interessati
all’incontro tutti i grandi quotidiani, i quali hanno commentato e talvolta anche
a lungo l’evento. I giudizi sono stati tutti positivi, sottolineando il clima caloroso
e la volontà di pace di ambedue le parti. Hanno tutti evidenziato tre punti. Il primo
è il dialogo fra musulmani e cristiani e alcuni quotidiani hanno anche sottolineato
il dialogo fra musulmani, cristiani ed ebrei. La seconda cosa sottolineata è la pace,
ma ancora più bello è il fatto che sia stato aggiunto nel documento ufficiale, ripreso
da tutta la stampa araba, l’impegno a promuovere la pace, la giustizia e i valori
morali. Questo mi sembra molto importante, perché – come diceva già Giovanni Paolo
II – non c’è pace senza giustizia. E questo è il sentimento comune del mondo arabo
e del mondo musulmano. Fin quando, ad esempio nel caso di Israele e Palestina, non
ci sarà giustizia per i palestinesi, in particolare, non ci potrà essere la pace.
Quanto all’aggiunta “promuovere i valori morali”, questo ha un altro significato rispetto
alla pace e alla giustizia: spesso il mondo musulmano critica l’Occidente per l’assenza
di valori morali. Tutto ciò che si vede nella vita sociale dell’Occidente appare,
infatti, al mondo musulmano, come d’altronde al mondo cristiano, carente di valori
morali ed etici. E su questo direi che cristiani - in particolare i cattolici - e
musulmani si ritrovano su molti punti.
D. – Questo
incontro può portare a degli sviluppi positivi per i cristiani in Arabia Saudita?
R.
– Io penso che rappresenti un primo piccolo passo per affrontare il problema. Un problema
che è bloccato. La situazione attuale è sempre più sentita come anomala anche nel
mondo islamico. C’è il pretesto presentato dall’Arabia Saudita da due decenni e cioè
che l’Arabia Saudita deve essere tutta considerata come una moschea e che quindi all’interno
della moschea non è possibile introdurre un’altra religione, come non si può – questo
è quello che sostengono – costruire una moschea all’interno del Vaticano. Ma questo
è un pretesto! Dovrebbero allora veramente costruire una moschea su tutto il milione
di chilometri quadrati su cui si estende l’Arabia Saudita. Il sentimento della libertà
religiosa sta progredendo nel mondo arabo e nel mondo islamico, ma non se ne capisce
ancora il significato profondo. Io penso che il Papa abbia fatto molto bene ad accennare
a questo tema, ma senza chiedere di più. Non si deve, infatti, tacere e dire “pazienza,
dobbiamo dare tempo al tempo”, perchè questo non serve; ma non si può neanche esigere
tutto e subito.