“La kenosi di Cristo” al centro del seminario della Cattedra Gloria Crucis della Pontificia
Università Lateranense
“Stima di sé e kenosi”. E’ il tema del seminario interdisciplinare, tenutosi ieri
nella Pontificia Università Lateranense, a Roma. Il convegno, promosso dalla Cattedra
Gloria Crucis dell’Università Pontificia, con la collaborazione dell’Istituto Edith
Stein, ha proposto un approccio sia antropologico sia cristologico della kenosi. Il
servizio di Amedeo Lomonaco:
Il
termine kenosi, che in greco significa “svuotamento”, indica la rinuncia di Gesù Cristo,
Figlio di Dio, alle sue prerogative divine e l’accettazione integrale della condizione
umana. San Paolo usa per primo il termine kenosi: nella lettera ai Filippesi scrive
che “Gesù umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte”. A differenza dell’uomo
che crede di realizzarsi nell’elevarsi, Dio si manifesta nell’abbassarsi. Sul concetto
di kenosi per Dio e per l’uomo, ascoltiamo padre Fernando Tacconedirettore della Cattedra Gloria Crucis e docente al Pontificio Istituto Pastorale:
“C’è
la kenosi di Cristo, appunto questo svuotamento della sua divinità ma non è che ‘si
svuoti’: Lui si ritira per cui poi Cristo, pur nella forma di Dio, prende anche la
forma di servo: ecco, quindi, l’abbassamento di Cristo. Nell’uomo questa kenosi ha
un significato molto più ampio perché l’uomo ha poco: è una creatura debole, limitata,
già abbastanza svuotata di tante realtà. Tuttavia, c’è una kenosi che l’uomo deve
fare ed è quella che riguarda il riempimento, che ci può essere in lui, della realtà
della forma del peccato. Ora è proprio da questa forma di peccato che l’uomo deve
cercare di svuotarsi per riempirsi di quella forma di Dio che è la grazia, la presenza
di Dio in lui”.
Durante il seminario si è poi sottolineato che stima
di sé e kenosi non si oppongono, ma permettono l’acquisizione della verità dell’uomo
e concorrono ad una crescita umana integrale. Ascoltiamo Maria Grazia
Costa, preside dell'Edi.si-Istituto Edith Stein:
“Concorrono
alla crescita umana integrale perché la stima di sé non è né un auto esaltarsi né
un andare verso una modalità ‘narcisistica’ della persona che guarda solo verso se
stessa; ma è un andare verso una relazione e, quindi, verso una relazione più piena
con Dio, tra creatura e Creatore”.
L’umiltà diventa esaltazione e nello
spogliamento di se stesso che caratterizza profondamente la verità su Cristo, si può
anche ristabilire la verità dell’uomo. Ascoltiamo ancora padre Taccone:
“La
via dell’umiltà e come via della verità di riconoscimento di se stesso, ci apre alla
somma verità che è Dio; anche Lui si è umiliato proprio per venire incontro alla nostra
realtà quotidiana per cui diventa anche modello. Ma è un modello grande perché già
anche all’interno della Trinità, c’è questa umiltà perché ciascuna delle tre persone
altro non fa che realizzare l’Altro; per cui sono tre persone distinte ma un solo
Dio. Quindi è un’umiltà che in realtà è creatività”.