Si è spento a Rimini per un malore don Oreste Benzi, fondatore dell'Associazione Papa
Giovanni XXIII. Aveva 82 anni
Si è spento poco dopo le due di questa mattina don Oreste Benzi, il sacerdote romagnolo
82.enne, fondatore dell'Associazione Papa Giovanni XXIII, che da 35 anni è in prima
linea per assistere i disagiati di tutto il mondo, con 200 case-famiglia e oltre 30
comunità terapeutiche per il recupero dei tossicodipendenti. Don Oreste due giorni
fa era a Roma per partecipare ai lavori dell'Osservatorio sull'infanzia. Una prima
avvisaglia del malore l'aveva avuta durante il viaggio di ritorno verso Rimini. La
scorsa notte, verso l'una, l'attacco cardiaco nel suo alloggio, alla Parrocchia della
Risurrezione, risultato fatale nonostante il tempestivo soccorso dei sanitari. Tra
i primi ad accorrere al capezzale dell'anziano sacerdote è stato il neo-vescovo di
Rimini, mons. Francesco Lambiasi. Questa la sua testimonianza, raccolta da
Alessandro De Carolis:
R. -
Io l’ho saputo presto e sono andato subito, questa mattina alle 6, a benedire la salma:
don Oreste era deceduto da poche ore. Trovarmi lì, di fronte a lui, che avevo visto
appena qualche giorno fa e con il quale avevamo condiviso varie ipotesi di impegni
comuni, chiaramente mi ha colpito nel cuore. Ho riletto, proprio davanti a lui, la
pagina che lui ha scritto per questa giornata: don Oreste, tra le tante cose che riusciva
a fare - magari tra un aeroporto e l’altro - scriveva anche un commento alle letture
della liturgia della Parola di ogni giorno. E ho letto proprio davanti alla sua salma
queste parole, che risultano profetiche. Venerdì 2 novembre, commento al Libro di
Giobbe”, si legge testualmente così: “Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa
terra, la gente che sarà vicina dirà: ‘E’ morto’. In realtà, è una bugia. Sono morto
per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà
più vedere, ma in realtà la morte non esiste, perché appena chiudo gli occhi a questa
terra, mi apro all’infinito di Dio”. L’abbiamo letta con tutti i suoi figli spirituali,
i membri dell’Associazione “Papa Giovanni XXIII” e tutti quanti abbiamo avvertito
questo brivido di emozione molto forte.
D. - Qual
è l’eredità che lascia anzitutto nella sua diocesi, ma anche alla Chiesa italiana
don Oreste Benzi?
R. - Don Oreste è stato e si è
sempre sentito figlio di questa diocesi, sempre prete diocesano, e aveva un rapporto
con il vescovo nutrito di grande affetto, di grande, grande rispetto. Quando mi vedeva,
in questi appena 45 giorni dall’inizio del mio ministero come vescovo diocesano, faceva
spontaneamente il gesto che facevano i preti anziani di una volta quando vedevano
il vescovo: addirittura, si inginocchiava. Ero io che lo dovevo rialzare e non era
un gesto formale. A noi lascia, e penso a tutta la Chiesa in Italia, questo grande
messaggio: credere significa amare, e amare i membri più poveri del corpo di Cristo,
le membra più umiliate, più offese, più calpestate nella loro dignità. Ecco, questo
per lui significava amare i poveri, significava farsi povero non solo per i poveri,
ma tra i poveri. Penso che questo sia il messaggio, il suo testamento spirituale più
prezioso.