2007-11-02 10:21:39

Si è spento a Rimini per un malore don Oreste Benzi, fondatore dell'Associazione Papa Giovanni XXIII. Aveva 82 anni


Si è spento poco dopo le due di questa mattina don Oreste Benzi, il sacerdote romagnolo 82.enne, fondatore dell'Associazione Papa Giovanni XXIII, che da 35 anni è in prima linea per assistere i disagiati di tutto il mondo, con 200 case-famiglia e oltre 30 comunità terapeutiche per il recupero dei tossicodipendenti. Don Oreste due giorni fa era a Roma per partecipare ai lavori dell'Osservatorio sull'infanzia. Una prima avvisaglia del malore l'aveva avuta durante il viaggio di ritorno verso Rimini. La scorsa notte, verso l'una, l'attacco cardiaco nel suo alloggio, alla Parrocchia della Risurrezione, risultato fatale nonostante il tempestivo soccorso dei sanitari. Tra i primi ad accorrere al capezzale dell'anziano sacerdote è stato il neo-vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi. Questa la sua testimonianza, raccolta da Alessandro De Carolis:RealAudioMP3


R. - Io l’ho saputo presto e sono andato subito, questa mattina alle 6, a benedire la salma: don Oreste era deceduto da poche ore. Trovarmi lì, di fronte a lui, che avevo visto appena qualche giorno fa e con il quale avevamo condiviso varie ipotesi di impegni comuni, chiaramente mi ha colpito nel cuore. Ho riletto, proprio davanti a lui, la pagina che lui ha scritto per questa giornata: don Oreste, tra le tante cose che riusciva a fare - magari tra un aeroporto e l’altro - scriveva anche un commento alle letture della liturgia della Parola di ogni giorno. E ho letto proprio davanti alla sua salma queste parole, che risultano profetiche. Venerdì 2 novembre, commento al Libro di Giobbe”, si legge testualmente così: “Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicina dirà: ‘E’ morto’. In realtà, è una bugia. Sono morto per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste, perché appena chiudo gli occhi a questa terra, mi apro all’infinito di Dio”. L’abbiamo letta con tutti i suoi figli spirituali, i membri dell’Associazione “Papa Giovanni XXIII” e tutti quanti abbiamo avvertito questo brivido di emozione molto forte.

 
D. - Qual è l’eredità che lascia anzitutto nella sua diocesi, ma anche alla Chiesa italiana don Oreste Benzi?

 
R. - Don Oreste è stato e si è sempre sentito figlio di questa diocesi, sempre prete diocesano, e aveva un rapporto con il vescovo nutrito di grande affetto, di grande, grande rispetto. Quando mi vedeva, in questi appena 45 giorni dall’inizio del mio ministero come vescovo diocesano, faceva spontaneamente il gesto che facevano i preti anziani di una volta quando vedevano il vescovo: addirittura, si inginocchiava. Ero io che lo dovevo rialzare e non era un gesto formale. A noi lascia, e penso a tutta la Chiesa in Italia, questo grande messaggio: credere significa amare, e amare i membri più poveri del corpo di Cristo, le membra più umiliate, più offese, più calpestate nella loro dignità. Ecco, questo per lui significava amare i poveri, significava farsi povero non solo per i poveri, ma tra i poveri. Penso che questo sia il messaggio, il suo testamento spirituale più prezioso.







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