2007-10-29 12:06:19

In missione per l'Associazione Apurimac per sostenere l'opera degli agostiniani tra i poveri del Perù: la testimonianza di un chirurgo romano partito volontario sulle Ande


Collabora con l’Associazione Apurìmac che sostiene le missioni agostiniane in Perù e in Africa e ha portato avanti progetti sanitari sulle cime delle Ande. Il dott. Roberto Leonori, chirurgo plastico, oggi è direttore generale del poliambulatorio Lucia Vannucci Maiani di Cuzco e per dedicarsi alla gente della regione dell’Apurìmac, in Perù, ha deciso di lasciare la sua città, Roma, e di chiudere il suo studio privato. Al microfono di Tiziana Campisi racconta la sua esperienza fra le missioni agostiniane:RealAudioMP3


R. – L’avventura in Perù è cominciata nel 2004, quando sono venuto a conoscenza dell’Associazione Apurimac e del lavoro che stanno facendo i padri agostiniani in Perù. Dopo un primo viaggio conoscitivo ho iniziato una collaborazione nei miei momenti liberi e quindi nel periodo estivo e poi nel periodo natalizio: questo è successo nel 2005 e nel 2006. Ma poi ho fatto questa scelta di dedicarmi al poliambulatorio che si trova a Cuzco.

 
D. – Umanamente e professionalmente che cosa le ha dato l’esperienza in Perù?

 
R. – Umanamente mi ha dato tanto, perché al di là di quello che si riesce a fare – perché anzitutto noi andiamo lì per dare e per fare – la cosa più importante è invece che noi riceviamo. E questo perché chiaramente, per quanto si possa agire quello che noi facciamo è sempre una goccia in un mare di situazioni cristallizzate da anni e per cui purtroppo noi riusciamo a fare in realtà veramente poco. Ma riceviamo tanto, perché queste rappresentano esperienze umane indimenticabili perché c’è anche una sorta di appagamento personale nel fare qualcosa di utile, soprattutto c’è un confronto culturale che è molto importante. E’ infatti fondamentale andare in punta di piedi, perché noi andiamo per esportare un qualcosa che è la nostra cultura, ma dobbiamo fare attenzione perché lì esiste già una cultura che ha i suoi valori importantissimi e dalla quale si può ricevere tanto. Quando rientro in Italia, trovo una certa difficoltà nel reinserimento, perché qui c’è una vita frenetica, le persone quasi non si conoscono pur vivendo nello stesso edificio: tutto questo non succede in Perù, dove c’è un forte calore umano, una sorta di solidarietà e di semplicità nei rapporti interpersonali. Tutto questo è stata per me una grandissima conquista da un punto di vista umano. Dal punto di vista professionale è ovviamente diverso, perché lì subentra il fattore tecnico, il medico che fa il suo lavoro, ma in una situazione di necessità, di emergenza, di aiuto al prossimo.

 
D. – Come la vedono i peruviani?

 
R. – Ci sono due aspetti: spesso in questi Paesi in cui c’è la povertà, ci vedono come fossimo il personaggio ricco dal quale possono ottenere qualcosa; ma c’è poi l’aspetto di solidarietà umana, di affetto e di accoglienza che io ho trovato un po’ dappertutto e specialmente nei posti più sperduti. Questo è certamente molto gratificante. Mi ricordo di un paesino che si trova a 5.200 metri, dove siamo andati a fare una campagna sanitaria e dove probabilmente non erano mai arrivati medici a curare le persone. Dopo alcuni giorni che eravamo lì, gli abitanti tutti i giorni ci volevano offrire il pranzo e le loro cose: sono stati momenti molto commoventi nel vedere questa forte gratitudine e solidarietà da parte delle persone.

 
D. – Se lei dovesse invitare qualcuno alla missione, cosa direbbe?

 
R. – Bisogna trovare delle motivazioni dentro di noi stessi, perché queste esperienze si decide di farle non per avere un successo personale, ma semplicemente perché si sente l’esigenza di una solidarietà umana che a volte manca. Nel mio caso è forte anche la motivazione spirituale e religiosa, perché altrimenti non lo avrei mai fatto perché i disagi sono veramente tanti. Al di là di tutto questo, è certamente una esperienza che arricchisce moltissimo: andare in una missione e vedere come lavorano ed operano questi padri, che da 40 hanno deciso di lasciare tutto per stare in luoghi dove in realtà manca veramente tutto. Sono esperienze toccanti e veramente molto forti.







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