L'opposizione armata boicotta i colloqui di pace sul Darfur in Libia
Sono iniziati stamane in Libia, a Sirte, i colloqui di pace sul Darfur promossi dalle
Nazioni Unite e dall’Unione Africana. Una conferenza che nasce, però, sotto cattivi
auspici per la defezione dei due principali gruppi guerriglieri sudanesi. Già nel
maggio dello scorso anno ad Abuja, in Nigeria, dopo un lungo negoziato, fu firmato
un accordo di pace, che non diede alcun risultato pratico. Negoziati difficilissimi,
dunque, mentre sul terreno la situazione si fa sempre più drammatica. La crisi del
Darfur è iniziata nel febbraio del 2003 provocando oltre 200mila morti. Stefano
Leszczynski ha intervistato Enrico Casale, esperto di questioni africane
per la rivista dei gesuiti Popoli.
R. -
E’ una guerra che parte come una guerra per il controllo delle risorse dell’acqua
e dei territori coltivabili e allo stesso tempo utilizzabili per il pascolo, però
su questo conflitto si è venuta a innestare un’altra ragione di conflitto che è il
controllo delle risorse petrolifere.
D. - Molte
superpotenze hanno già messo gli occhi sulla regione: tuttavia, nonostante questo
tipo di interesse globale, possiamo dire che una presenza internazionale per impedire
i massacri non si è riuscita ancora ad averla…
R.
- La Cina, che è in fase di forte espansione economica, ha bisogno di notevoli risorse
naturali, soprattutto petrolio. In Sudan c’è molto petrolio che viene già sfruttato
dalle compagnie cinesi, quindi le compagni cinesi hanno tutte interesse a mantenere
e a sostenere il governo di Khartoum che permette loro di sfruttare le risorse petrolifere.
Per questo motivo i tentativi di porre sanzioni sul governo di Khartoum sono sempre
falliti, perché a livello ad esempio delle Nazioni Unite è sempre stata presente la
minaccia da parte della Cina di porre il divieto su qualsiasi tipo di sanzione.
D.
- Sempre facendo riferimento al Sudan come si può descrivere la situazione umanitaria
di questa regione africana?
R. - Il problema umanitario
è drammatico perché queste popolazioni sono state sradicate dai loro villaggi, portate
in questi campi di profughi ai confini con il Ciad dove vivono con pochissime risorse
e dipendono fondamentalmente dagli aiuti umanitari. Ma c’è una cosa che va sottolineata:
la crisi del Darfur non riguarda solo il Sudan perchè le popolazioni del Darfur sono
state costrette a scappare e molte di queste sono scappate nei Paesi confinanti, per
esempio nella Repubblica Centrafricana, ma anche in Ciad, portando, in questi Paesi
che sono già poveri e che hanno già dei problemi enormi, ulteriori problemi per la
gestione dei profughi, ma anche ulteriori problemi politici, perché hanno destabilizzato
- io penso al Ciad- una situazione già molto fragile dal punto di vista politico.