Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
In questa 30.ma Domenica del Tempo Ordinario la Liturgia ci presenta il Vangelo in
cui Gesù racconta la parabola del fariseo e del pubblicano per quanti presumono di
esser giusti e disprezzano gli altri. Saliti al Tempio per pregare, il fariseo ringrazia
Dio per il fatto di non essere come gli altri uomini, ladri, ingiusti e adulteri.
Il pubblicano, invece, fermatosi a distanza, non osa nemmeno alzare gli occhi al
cielo, ma si batte il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Gesù allora
dice:
“Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro,
perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”.
Su questo
brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti,
docente di Cristologia alla Pontificia Università Lateranense:
(musica)
Gesù
sa che cosa c’è nel cuore dell’uomo, il suo sguardo vede nel profondo di ciascun uomo
e, nello stesso tempo, egli conosce il Padre, conosce Dio, perché è Figlio di Dio.
La parabola che Egli racconta è tutta orientata a ricondurre l’uomo alla verità su
di sé. Fa questo smascherando la presunzione, l’atto e la disposizione di spirito
del presumere. In un certo grado, ognuno di noi presume qualcosa di sé, che non è
rispondente alla realtà di quel che effettivamente è. Il punto in cui l’uomo può uscire
dalla menzognera presunzione di sé è nel suo stare non davanti a sé, ma davanti a
Dio. Gesù ci insegna come stare davanti a Dio, al Dio vero e non quello presunto.
Tre sono le indicazioni: il fermarsi a distanza, il riconoscimento della maestà di
Dio, il non osare alzare gli occhi e, quindi, l’umiliarsi, l’auto accusa di sé come
peccatore e, quindi, il realismo del proprio essere uomini.