2007-10-25 15:00:52

L’ONU esorta a non boicottare i negoziati di pace per il Darfur in Libia


I colloqui per la soluzione della guerra in Darfur, convocati da Onu e Unione Africana per sabato prossimo a Sirte, in Libia, potrebbero essere messi a rischio. Ben 6 fazioni, sulle 15 che compongono il fronte dei ribelli, boicotteranno, infatti, l’incontro, a cui partecipano anche i rappresentanti del governo di Khartoum. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha chiesto ieri a tutte le parti coinvolte nel conflitto di fermare le ostilità in occasione dei colloqui e di partecipare al dialogo di pace, per non perdere un’importante opportunità di risolvere la lunga e drammatica crisi del Darfur. Nella regione del Sudan occidentale la guerra civile ha provocato sinora, secondo dati ufficiali, oltre 200 mila morti e 2 milioni e mezzo di profughi. Sulla possibilità che i negoziati in Libia allentino le tensioni esistenti, Giancarlo La Vella ha raccolto la testimonianza di padre Franco Moretti del periodico dei missionari comboniani “Nigrizia”:RealAudioMP3


R. – Io sono molto dubbioso circa l’esito positivo dei colloqui che si dovranno tenere in Libia. Il Fronte di opposizione si è spaccato in tantissimi piccoli gruppi e, quindi, quell’accordo di pace firmato un anno fa ad Abuja tra il governo di Khartoum e due fazioni dei ribelli del Darfur ha perso il suo significato, proprio perché quelle fazioni si sono moltiplicate e molti di questi gruppi non sono affatto d’accordo con questa intesa. Inoltre, di certo Khartoum non vuole un risultato positivo dei colloqui. E’ vero che il governo sudanese ha accettato l’invio della forza mista di pace di 26 mila uomini guidata da Unione Africana e Onu, ma queste truppe cominceranno ad essere dispiegate solo dall’inizio dell’anno. Probabilmente ci vorranno due o tre mesi per trasferire le prime migliaia di militari, impegnati a mantenere la non belligerenza in Darfur, figuriamoci quanto ci vorrà per collocare tutto il contingente! Occorreranno mesi e mesi e forse la forza non verrà mai completata. C’è la sensazione che Khartoum abbia intenzione di tenere accesa l’attenzione internazionale sul Darfur, perché intanto sta portando avanti una politica perversa nel sud, altra zona di grave crisi, e sta mandando a monte l’accordo di pace firmato nel gennaio del 2005 con le fazioni del sud Sudan. In ogni caso, non vuole che i governi occidentali si occupino del Sud Sudan e, quindi, sta cercando di mantenere tutta l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale sul Darfur. Ecco perché non credo che ci saranno risultati positivi dai colloqui di pace di Sirte.

 
D. – Al di là dell’aspetto politico, senz’altro importanti, i colloqui in Libia sarebbero decisivi anche per cominciare a pensare al varo di misure umanitarie, urgentissime per la martoriata popolazione del Darfur?

 
R. – Certo, due anni fa c’erano oltre 10 mila operatori volontari; oggi, invece, gli interventi umanitari sono quasi totalmente bloccati e non si riesce più a lavorare sul terreno. La situazione nel 2005 era sotto controllo, mentre oggi non lo è più. C’è un’insicurezza totale, c’è mancanza di cibo. Non vedo, però, chi potrebbe riuscire a convincere il governo di Khartoum. E poi vorrei far notare anche come ultimamente sia cambiato l’atteggiamento sulla questione sia di Washington che di Londra. Parlando del Darfur, hanno incominciato ad usare espressioni come: “i ribelli del Darfur”. Fino a poco tempo fa, invece, parlavano di “combattenti per la libertà”: è come se dimenticassero che l'attuale governo di Khartoum è salito al potere con un colpo di Stato. Nessuno ha mai eletto il presidente El Bashir. E’ evidente che da parte occidentale non si possa fare a meno di avere buoni rapporti con Khartoum, per via del petrolio. E’ ovvio che ci vuole un intervento esterno, perché la situazione è veramente drammatica. I mezzi di comunicazione internazionale continuano a parlare di 250 mila morti, ma questo era vero due anni fa. Oggi altre fonti riferiscono di 450 mila morti. Siamo già a metà del bilancio fatto registrare dal genocidio rwandese. Ma se il mondo vuole intervenire per risolvere la crisi in Darfur, deve fare qualunque cosa, affinché il governo di Khartoum cominci ad accettare realmente un incontro perché finisca la drammatica situazione della regione.







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