L’ONU esorta a non boicottare i negoziati di pace per il Darfur in Libia
I colloqui per la soluzione della guerra in Darfur, convocati da Onu e Unione Africana
per sabato prossimo a Sirte, in Libia, potrebbero essere messi a rischio. Ben 6 fazioni,
sulle 15 che compongono il fronte dei ribelli, boicotteranno, infatti, l’incontro,
a cui partecipano anche i rappresentanti del governo di Khartoum. Il Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite ha chiesto ieri a tutte le parti coinvolte nel conflitto
di fermare le ostilità in occasione dei colloqui e di partecipare al dialogo di pace,
per non perdere un’importante opportunità di risolvere la lunga e drammatica crisi
del Darfur. Nella regione del Sudan occidentale la guerra civile ha provocato sinora,
secondo dati ufficiali, oltre 200 mila morti e 2 milioni e mezzo di profughi. Sulla
possibilità che i negoziati in Libia allentino le tensioni esistenti, Giancarlo
La Vella ha raccolto la testimonianza di padre Franco Moretti del periodico
dei missionari comboniani “Nigrizia”:
R. –
Io sono molto dubbioso circa l’esito positivo dei colloqui che si dovranno tenere
in Libia. Il Fronte di opposizione si è spaccato in tantissimi piccoli gruppi e, quindi,
quell’accordo di pace firmato un anno fa ad Abuja tra il governo di Khartoum e due
fazioni dei ribelli del Darfur ha perso il suo significato, proprio perché quelle
fazioni si sono moltiplicate e molti di questi gruppi non sono affatto d’accordo con
questa intesa. Inoltre, di certo Khartoum non vuole un risultato positivo dei colloqui.
E’ vero che il governo sudanese ha accettato l’invio della forza mista di pace di
26 mila uomini guidata da Unione Africana e Onu, ma queste truppe cominceranno ad
essere dispiegate solo dall’inizio dell’anno. Probabilmente ci vorranno due o tre
mesi per trasferire le prime migliaia di militari, impegnati a mantenere la non belligerenza
in Darfur, figuriamoci quanto ci vorrà per collocare tutto il contingente! Occorreranno
mesi e mesi e forse la forza non verrà mai completata. C’è la sensazione che Khartoum
abbia intenzione di tenere accesa l’attenzione internazionale sul Darfur, perché intanto
sta portando avanti una politica perversa nel sud, altra zona di grave crisi, e sta
mandando a monte l’accordo di pace firmato nel gennaio del 2005 con le fazioni del
sud Sudan. In ogni caso, non vuole che i governi occidentali si occupino del Sud Sudan
e, quindi, sta cercando di mantenere tutta l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale
sul Darfur. Ecco perché non credo che ci saranno risultati positivi dai colloqui di
pace di Sirte.
D. – Al di là dell’aspetto politico,
senz’altro importanti, i colloqui in Libia sarebbero decisivi anche per cominciare
a pensare al varo di misure umanitarie, urgentissime per la martoriata popolazione
del Darfur?
R. – Certo, due anni fa c’erano oltre
10 mila operatori volontari; oggi, invece, gli interventi umanitari sono quasi totalmente
bloccati e non si riesce più a lavorare sul terreno. La situazione nel 2005 era sotto
controllo, mentre oggi non lo è più. C’è un’insicurezza totale, c’è mancanza di cibo.
Non vedo, però, chi potrebbe riuscire a convincere il governo di Khartoum. E poi vorrei
far notare anche come ultimamente sia cambiato l’atteggiamento sulla questione sia
di Washington che di Londra. Parlando del Darfur, hanno incominciato ad usare espressioni
come: “i ribelli del Darfur”. Fino a poco tempo fa, invece, parlavano di “combattenti
per la libertà”: è come se dimenticassero che l'attuale governo di Khartoum è salito
al potere con un colpo di Stato. Nessuno ha mai eletto il presidente El Bashir. E’
evidente che da parte occidentale non si possa fare a meno di avere buoni rapporti
con Khartoum, per via del petrolio. E’ ovvio che ci vuole un intervento esterno, perché
la situazione è veramente drammatica. I mezzi di comunicazione internazionale continuano
a parlare di 250 mila morti, ma questo era vero due anni fa. Oggi altre fonti riferiscono
di 450 mila morti. Siamo già a metà del bilancio fatto registrare dal genocidio rwandese.
Ma se il mondo vuole intervenire per risolvere la crisi in Darfur, deve fare qualunque
cosa, affinché il governo di Khartoum cominci ad accettare realmente un incontro perché
finisca la drammatica situazione della regione.