2007-10-23 14:31:16

La Turchia respinge la tregua proposta dal PKK


Rischia di precipitare la situazione al confine tra Turchia e Iraq. Il ministro degli Esteri di Ankara, Ali Babacan, in visita a Baghdad, ha respinto l'offerta di tregua condizionata mossa dal PKK, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, sottolineando che la Turchia non si accorda con un gruppo “terroristico”. Il capo della diplomazia turca, in Iraq per tentare di disinnescare la crisi causata dalle incursioni dei guerriglieri curdi, ha, però, ottenuto un pubblico impegno da parte irachena ad un'azione congiunta per liquidare i campi del PKK in Nord Iraq. Da parte sua, il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan, durante una conferenza stampa a Londra con il premier britannico Gordon Brown, ha precisato che Ankara, nel corso di un'eventuale azione militare nel nord dell'Iraq, non attaccherà che le posizioni del PKK e non ha alcune ambizioni territoriali nel Paese del Golfo. Una questione, quella curda, che si conferma delicatissima per l’intero scacchiere mediorientale, soprattutto per le questioni economiche che hanno frenato la creazione di uno Stato autonomo, a causa della ferrea opposizione degli Stati limitrofi. A confermarlo il giornalista curdo Abib Fateh Alì, intervistato da Salvatore Sabatino:RealAudioMP3


R. – Si tratta di un Paese ricco non soltanto di petrolio, ma anche di risorse naturali, come l’agricoltura e le fonti d’acqua di due fiumi importantissimi, come il Tigri e l’Eufrate, che provengono dai ghiacciai che sono proprio sui monti del Kurdistan. Ma sono anche altre le risorse di questo Paese. Questo è il motivo principale per il quale alcuni Paesi, come l’Iran, la Turchia e lo stesso Iraq, si sono sempre dimostrati ostili alla creazione di uno Stato curdo.

 
D. – Sul fronte iracheno, il Kurdistan è sempre stato visto come una regione modello di convivenza e di pace in quella che è la situazione drammatica che vive il Paese del Golfo. Cosa cambia a questo punto?

 
R. – La leadership curda, e parlo di Barzani e Talabani - uno è il capo del governo autonomo curdo e l’altro è il presidente dell’Iraq- è davvero cosciente dell’impossibilità della istituzione o della costituzione di uno Stato curdo, ma sono altrettanto coscienti del fatto che la popolazione curda nel Kurdistan iracheno è plebiscitariamente per l’indipendenza dall’Iraq. E questo perché c’è una generazione intera della popolazione curda che – dal ’91, ossia dalla “no fly zone” imposta dall’ONU alle truppe di Saddam Hussein riguardo al Kurdistan –di fatto non conosce la lingua araba, perché la televisione che vedono non è più quella centrale di Baghdad e quindi di lingua araba; non hanno mai visitato città arabe come, ad esempio, Baghdad (e questo è stato valido anche per le generazioni precedenti di curdi); hanno semplicemente visto negli arabi o comunque nell’esercito iracheno un nemico che veniva a “gasarli” come negli anni Ottanta. Oggi, poi, il Kurdistan gode di una situazione economica e sociale migliore rispetto al resto del Paese, tanto è vero che moltissimi iracheni da Baghdad sono andati a vivere nelle città curde. Il sentimento della popolazione curda è, quindi, quello della separazione dallo Stato iracheno e la leadership curda è cosciente di questa difficoltà ed ha bisogno di tempo per riuscire a far passare una linea che sia intermedia, quella cioè di una federazione autonoma, dove possa gestire la propria ricchezza economica, nonché lo sviluppo della cultura e della lingua curda.

 
D. – Questa tensione degli ultimi giorni non rischia, però, di compromettere questo progetto di convivenza?

 
R. – Sinceramente non lo so. Personalmente ritengo, e in questo sono abbastanza confortato da fonti curde, che un intervento massiccio dei turchi non avverrà. Compromettere, quindi, la possibilità di questo progetto curdo per una Federazione, metterebbe - secondo me - in discussione i già precari equilibri che ci sono in Iraq ed anche nell’area mediorientale nel suo insieme.







All the contents on this site are copyrighted ©.