Solidarietà, difesa della vita e della famiglia, il dramma del precariato: i temi
al centro del messaggio del Papa alla Settimana Sociale dei cattolici italiani
Un forte appello ai laici cattolici perché si impegnino "con generosità e coraggio"
nella costruzione di una società giusta e solidale: lo ha lanciato Benedetto XVI nel
suo messaggio per la 45.ma Settimana Sociale dei cattolici italiani apertasi ieri
a Pistoia nel centenario dell’iniziativa. Al centro dei lavori il tema del bene comune.
Il Papa indica le emergenze del nostro tempo: la difesa della vita e della famiglia,
la tutela del lavoro con la denuncia del dramma del precariato. Il servizio di Sergio
Centofanti.
Il Papa
sottolinea i rischi di “un uso generico e talvolta improprio del termine bene comune”
che – afferma – “non consiste nella semplice somma dei beni particolari” ma è “di
tutti e di ciascuno è e rimane comune, perché indivisibile e perché soltanto insieme
è possibile raggiungerlo”. Così – rileva il Pontefice – “in passato, e ancor più oggi
in tempo di globalizzazione, il bene comune va … considerato e promosso anche nel
contesto delle relazioni internazionali” nella consapevolezza che “il bene di ciascuna
persona risulta naturalmente interconnesso con il bene dell’intera umanità”.
Si
tratta di assumere il sistema dell’interdipendenza “come categoria morale” e la solidarietà
“come atteggiamento morale e sociale”. La solidarietà – leggiamo nel messaggio -
“non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali
di tante persone, vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante
di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché
tutti siamo veramente responsabili di tutti”.
Benedetto
XVI evidenzia quindi le “emergenze etiche e sociali” che sono “in grado di minare
la … stabilità e di compromettere seriamente il … futuro” della società del nostro
tempo. “Particolarmente attuale – sottolinea - è la questione antropologica, che
abbraccia il rispetto della vita umana e l’attenzione da prestare alle esigenze della
famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna”. Il Papa ribadisce ancora
una volta che “non si tratta di valori e principi solo ‘cattolici’, ma di valori umani
comuni da difendere e tutelare, come la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato”.
Ci sono poi i problemi relativi al lavoro in rapporto alla famiglia e ai giovani:
“Quando la precarietà del lavoro non permette ai giovani di costruire una loro famiglia
– scrive - lo sviluppo autentico e completo della società risulta seriamente compromesso”. Occorre
reagire a queste sfide – esorta Benedetto XVI - “non con un rinunciatario ripiegamento
su se stessi, ma, al contrario, con un rinnovato dinamismo”.
Il
messaggio affronta poi la questione “dei rapporti tra religione e politica. La novità
sostanziale portata da Gesù – si legge nel testo - è che Egli ha aperto il cammino
verso un mondo più umano e più libero, nel pieno rispetto della distinzione e dell’autonomia
che esiste tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio. La Chiesa, dunque, se da una
parte riconosce di non essere un agente politico, dall’altra non può esimersi dall’interessarsi
del bene dell’intera comunità civile, in cui vive ed opera, e ad essa offre il suo
peculiare contributo formando nelle classi politiche e imprenditoriali un genuino
spirito di verità e di onestà, volto alla ricerca del bene comune e non del profitto
personale”. L'azione della Chiesa è volta quindi a risvegliare quelle “forze morali,
senza le quali non vengono costruite strutture giuste, né queste possono essere operative
a lungo”.
Il Papa ribadisce infine “che operare
per un giusto ordine nella società è immediatamente compito proprio dei fedeli laici”
e a questo compito i laici cattolici “debbono dedicarsi con generosità e coraggio,
illuminati dalla fede e dal magistero della Chiesa e animati dalla carità di Cristo”.
E
alla 45 esima Settimana Sociale dei cattolici ieri è intervenuto anche il presidente
della Conferenza episcopale italiana, l’arcivescovo Angelo Bagnasco, che ha rimarcato
la necessità per i cattolici di perseguire il bene, impegnandosi direttamente nella
vita sociale. Da mons. Bagnasco inoltre un netto no all'eutanasia anche in forma indiretta.
Stamani i lavori da Pistoia si sono trasferiti a Pisa. Il servizio del nostro inviato
Alessandro Guarasci.
Mille
delegati in rappresentanza di 65 diocesi. Qui a Pisa i cattolici arrivati per la Settimana
Sociale si confrontano sulle sfide del presente e del futuro. Mons. Bagnasco ha affermato
che “nel diretto impegno politico i laici sono chiamati a spendersi in prima persona
attraverso l'esercizio delle competenze e contestualmente in ascolto del Magistero
della Chiesa”. Ed è chiaro, ribadisce ancora mons. Angelo Bagnasco,
che la vita, la famiglia fondata sul matrimonio e la libertà sono tra i “valori non
negoziabili”. Un caso concreto è la sentenza della Cassazione su Eluana Englaro:
“La
difesa della vita, la promozione della vita contro ogni aggressione sotto forma di
eutanasia palese o camuffata è assolutamente inaccettabile, non solo dal punto di
vista di noi cristiani in quanto credenti, ma innanzitutto di persone e cittadini
che pensano alla persona umana e al Paese e alla società in termini di razionalità
aperta”. La stabilità economica e lavorativa è un aspetto fondamentale
per formare una famiglia, come ha scritto ieri il Papa. Ancora mons. Bagnasco:
“Questo
contesto per una progettazione corretta e possibile della persona, di ogni persona,
certamente include anche la dimensione del lavoro stabile, sicuro, dignitoso, secondo
la dignità della persona e secondo le capacità di ciascuno. Senza questo elemento
è difficile parlare di bene comune che include il bene di tutti ma a partire da quello
di ciascuno”. Le emergenze sociali stanno mutando. Non bastano
solo politiche di ridistribuzione del reddito, ma a queste vanno aggiunte politiche
di sostegno ai ceti più poveri. L’economista Stefano Zamagni: “La
povertà di oggi è diversa dalla povertà di ieri, non è la povertà di chi non ha i
soldi per mangiare, ma di chi non è in grado di costruirsi un progetto di vita adeguato
alla situazione. Ecco perché da questo autorevole invito del Santo Padre può derivare,
a mio avviso, un impulso nuovo a pensare il nuovo Welfare”. Dunque,
il bene comune per costruire una società più equa. In questo senso, “il contributo
dei cattolici – ha detto il vescovo di Pisa Alessandro Plotti - viene da lontano.
Da quel Vangelo dell’Amore che ha fatto di Gesù Cristo l’unico Bene per l’umanità”. E’
stato pressoché unanime il plauso delle forze politiche e sociali alle parole del
Papa sulla questione della precarietà del lavoro. In proposito Luca Collodi
ha raccolto i commenti di Giorgio Cremaschi, segretario nazionale della FIOM, il sindacato
degli operai metalmeccanici della CGIL, e di Antonio Maria Baggio, docente di etica
politica alla Pontificia Università Gregoriana. Ascoltiamo la riflessione di Giorgio
Cremaschi sulle parole del Papa:
R.
- Sì, sono d’accordo e soprattutto sono d’accordo con il fatto che si amplia il problema
della precarietà dal terreno puramente economico, contrattuale, al terreno morale,
civile, perché questa è la questione di fondo. La precarietà è un modello di organizzazione
del lavoro che distrugge il senso di sé delle persone, distrugge la dignità delle
persone. Se le persone vivono in una situazione di incertezza permanente e quindi
il lavoro non è più una base da cui partire per affermare dignità e diritti, il lavoro
diventa un obiettivo, non il punto di partenza ma il punto di arrivo. La precarietà
produce praticamente la distruzione dei diritti del lavoro, perché è chiaro che il
lavoratore ricattato sul terreno della precarietà è un lavoratore che accetta quello
che se fosse più sicuro non accetterebbe. Questo cambia anche il senso dei diritti,
della dignità delle persone. Se le giovani generazioni sono educate a obbedire per
paura di perdere il posto di lavoro, a non rivendicare quello che gli spetta per paura
di perdere il posto di lavoro, questo cambia il senso dei diritti, cambia proprio
il senso della società. Poi c’è un altro effetto: il rischio della soppressione della
riproduzione biologica, perchè quando si perde il senso del futuro si perde anche
il senso della riproduzione di se stessi.
D. - Prof.
Baggio, sul tema del lavoro sono tutti d’accordo. Nessuno ha accusato il
Papa d’ingerenza. Quando però il Pontefice lancia appelli in difesa della vita e della
famiglia si parla d’invasione di campo da parte della Chiesa…
R.
– E sì, è un vizio antico quello di cercare di prendere dai discorsi di una personalità
autorevole come quella del Papa ciò che appartiene alla convinzione dell’uno o dell’altro.
Il Papa, in realtà, presenta una antropologia completa ed una visione dell’uomo che
lo rispetta in tutti i suoi aspetti. E questo soprattutto in virtù di una ragione
– come dire – purificata ed equilibrata, che sa vedere la verità delle cose. Un richiamo
del Papa, che forse non è stato sottolineato a sufficienza dai comunicatori, è che
uno dei ruoli importanti della Chiesa è quello di contribuire alla purificazione della
ragione e al risveglio delle forze morali. Se c’è allora veramente questo sguardo
puro si vede la verità dell’uomo non soltanto quando si afferma il diritto ad avere
un lavoro stabile - è la grande tradizione dell’Occidente, la persona che deve realizzarsi
in base ad una professione, ad una scelta di vita e questo richiede una certa stabilità
– ma anche quando si afferma il diritto alla vita, la personalità dell’embrione. Queste
sono cose che si possono vedere se si hanno gli occhi puri.