2007-10-18 12:18:33

Portare la speranza cristiana ai ragazzi di strada del Brasile: ai nostri microfoni, la testimonianza di padre Renato Chiera, fondatore della “Casa do Menor”


“Non arrenderti al male, ma vinci con il bene il male”. L’esortazione di San Paolo sembra sintetizzare la vita di padre Renato Chiera, che da 25 anni si dedica con passione ai “Meninos de Rua” di Rio de Janeiro, cercando di sottrarli alla violenza. Migliaia di questi ragazzi di strada si sono riappropriati della loro vita grazie alla “Casa do Menor”, fondata dal missionario italiano. In questi giorni, padre Renato sta girando la Germania e l’Italia con una ventina di giovani della sua comunità che hanno realizzato uno spettacolo teatrale. Ieri, con i suoi “Meninos de Rua”, ha ricevuto il saluto affettuoso del Papa, al termine dell’udienza generale. In questa intervista di Alessandro Gisotti, padre Renato Chiera racconta la sua straordinaria esperienza:RealAudioMP3


R. – Ho cambiato la mia vita quando ho sentito questi ragazzi. Io ero stanco di seppellirli e mi dicevo: non posso essere un prete becchino! Io sono venuto in Brasile per dare la vita come Gesù, ma come fare? E ho capito: il loro grido era di non voler morire, perché uno l’hanno ucciso sulla porta di casa mia, 36 li hanno uccisi nella mia parrocchia in un mese, 40 li hanno minacciati di morte! Uno di loro ha detto: “Io sono il primo della lista e devo morire, ma non voglio!”. Ho sentito che nel grido di quel ragazzo – “non voglio morire!” – era Gesù che voleva vivere. E' quel ragazzo che mi ha ricordato le parole del Vangelo – “quel che hai fatto al più piccolo lo hai fatto a me” ... Io avevo predicato molte volte queste parole, ma quel giorno, davanti a quel ragazzo ho visto Gesù che mi diceva: “Renato, tu devi dare la tua vita perché io abbia vita”, e noi siamo nati per essere presenza di amore accanto a chi non ha amore.

 
D. – Nel suo libro – “Meninos de rua” – lei sottolinea che non basta gridare contro le tenebre, ma bisogna accendere una luce. Eppure, all’inizio, ha trovato molta indifferenza se non addirittura ostilità da parte della gente, che vedeva il suo tentativo di recuperare questi ragazzi alla vita come impossibile, anzi, addirittura inutile ...

 
R. – Certamente. Anche io all’inizio pensavo che non servisse a niente, volevo anche cambiare le cose in modo violento... Poi ho capito che non era così, dovevo cambiare io, dovevo accendere una luce, non dovevo dire: “Ma, nessuno vuole fare niente!”, e quindi condannare gli altri. Se Dio ha chiamato me, io devo cominciare e non giudicare chi non fa, perché la vocazione è mia. E Lui mi ha fatto sentire questo. La prima “Casa do Menor” è stata sulla porta della mia casa, poi è stato un camioncino, poi è stato il mio garage ... E oggi è nata una grande casa, una delle più grandi del Brasile; noi abbiamo circa 3 mila ragazzi, in questi 21 anni abbiamo recuperato e direi salvato circa 15 mila ragazzi e ragazze. Io ho iniziato e oggi anche gli squadroni della morte mi dicono: “Noi non ammazziamo più i bambini, li mandiamo da voi, perché abbiamo visto che voi li recuperate”.

 
D. – Quindi, anche una conversione di chi sembrava così lontano da Dio e dalle sofferenze di questi bambini ..

 
R. – Noi, in Brasile, siamo talmente disperati che crediamo non sia possibile recuperare i ragazzi. Siamo talmente disperati che accettiamo che i nostri ragazzi siano uccisi. E si definisce questo “normale”: a Rio, in cinque mesi circa 3 mila ragazzi ...

 
D. – ... cioè, 3 mila bambini vengono uccisi?

 
R. – ... ragazzi, adolescenti, narcotraffico ... un disastro! Si uccidono anche tra di loro, e la polizia, e la milizia ... Allora, io dico: dobbiamo dimostrare che è possibile, e noi abbiamo trovato il cammino, l’amore, l’incontro con Dio-Amore. Loro hanno bisogno di tante cose, ma il dramma maggiore dei nostri ragazzi non è essere poveri: è non essere amati da nessuno.

 
D. – Come testimonia, come ha spiegato a questi bambini traditi da tutti, che sono figli di Dio, che Cristo li ama?

 
R. – Ho incominciato questo lavoro perché io volevo fare catechismo a questi ragazzi. Ma come annunciare che Dio li ama? Io ho capito che dovevo essere io l’amore di Dio per loro: Dio-Amore. Io dovevo essere la presenza silenziosa che li amava. Finché loro capissero! E di fatto, un chierichetto, un ragazzo di strada che ho preso, un giorno, nell’abbraccio di pace gli dico – dopo molti mesi che l’ho amato molto, l’ho accolto quando nessuno lo voleva – gli dico: “Lo sai che Dio ti ama?”. E lui mi guarda e mi dice: “Mi ama come te?”, ed io gli rispondo: “Molto di più”, e lui mi abbraccia e mi sorride. Ecco, l’annuncio che noi facciamo è che loro sono amati da Dio attraverso il nostro amore. Non capiscono altro linguaggio. Questa è la nostra evangelizzazione.

 
D. – Padre Renato, quando si dice “Rio de Janeiro” qui in Italia, il pensiero va subito alla spiaggia di Copacabana, al mare ... Cosa si sente di dire al riguardo?

 
R. – Io vorrei dire ai turisti che vengono giù, che facciano questo sforzo di andare oltre Copacabana! E’ bello andare a Copacabana, è bello vedere le spiagge, però, venite da noi! Noi abbiamo molti giovani che vengono: cambia la vita! Quindi, voglio dire ai turisti: venite anche a vedere le bellezze del Brasile di Rio, di Fortaleza, ma cercate anche di incontrarvi con il vero Brasile, questo Brasile della sofferenza e dell’abbandono e del dolore, ma che è anche un Brasile che dà gioia! Noi abbiamo dei ragazzi di strada che vogliono consacrarsi: l’ho detto al Papa! E lui mi ha detto: Ma davvero? Ma che bello! Ho visto che è stato sorpreso: ragazzi che vengono dal fango! Ma dal fango vengono i fiori. Eravamo in Germania, in questi giorni. Delle ragazzine dicevano ai nostri ragazzi: “Io odio Dio, non mi piace Dio!”. Loro si sono spaventati. Sono venuti da me e hanno detto: “Padre, questi ragazzi non credono in Dio!”. Allora, noi dobbiamo dare all’Europa anche questa realtà, che Dio-Amore trasforma. Ieri sera, qui, a Roma, una donna mi ha detto: “Attraverso i volti dei vostri ragazzi ho incontrato Dio”.

 
Quanti vogliano conoscere meglio l’opera di padre Renato Chiera e della “Casa do Menor”, possono farlo visitando il sito Internet www.casadomenor.org







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