Portare la speranza cristiana ai ragazzi di strada del Brasile: ai nostri microfoni,
la testimonianza di padre Renato Chiera, fondatore della “Casa do Menor”
“Non arrenderti al male, ma vinci con il bene il male”. L’esortazione di San Paolo
sembra sintetizzare la vita di padre Renato Chiera, che da 25 anni si dedica con passione
ai “Meninos de Rua” di Rio de Janeiro, cercando di sottrarli alla violenza. Migliaia
di questi ragazzi di strada si sono riappropriati della loro vita grazie alla “Casa
do Menor”, fondata dal missionario italiano. In questi giorni, padre Renato sta girando
la Germania e l’Italia con una ventina di giovani della sua comunità che hanno realizzato
uno spettacolo teatrale. Ieri, con i suoi “Meninos de Rua”, ha ricevuto il saluto
affettuoso del Papa, al termine dell’udienza generale. In questa intervista di Alessandro
Gisotti, padre Renato Chiera racconta la sua straordinaria esperienza:
R. –
Ho cambiato la mia vita quando ho sentito questi ragazzi. Io ero stanco di seppellirli
e mi dicevo: non posso essere un prete becchino! Io sono venuto in Brasile per dare
la vita come Gesù, ma come fare? E ho capito: il loro grido era di non voler morire,
perché uno l’hanno ucciso sulla porta di casa mia, 36 li hanno uccisi nella mia parrocchia
in un mese, 40 li hanno minacciati di morte! Uno di loro ha detto: “Io sono il primo
della lista e devo morire, ma non voglio!”. Ho sentito che nel grido di quel ragazzo
– “non voglio morire!” – era Gesù che voleva vivere. E' quel ragazzo che mi ha ricordato
le parole del Vangelo – “quel che hai fatto al più piccolo lo hai fatto a me” ...
Io avevo predicato molte volte queste parole, ma quel giorno, davanti a quel ragazzo
ho visto Gesù che mi diceva: “Renato, tu devi dare la tua vita perché io abbia vita”,
e noi siamo nati per essere presenza di amore accanto a chi non ha amore.
D.
– Nel suo libro – “Meninos de rua” – lei sottolinea che non basta gridare contro le
tenebre, ma bisogna accendere una luce. Eppure, all’inizio, ha trovato molta indifferenza
se non addirittura ostilità da parte della gente, che vedeva il suo tentativo di recuperare
questi ragazzi alla vita come impossibile, anzi, addirittura inutile ...
R.
– Certamente. Anche io all’inizio pensavo che non servisse a niente, volevo anche
cambiare le cose in modo violento... Poi ho capito che non era così, dovevo cambiare
io, dovevo accendere una luce, non dovevo dire: “Ma, nessuno vuole fare niente!”,
e quindi condannare gli altri. Se Dio ha chiamato me, io devo cominciare e non giudicare
chi non fa, perché la vocazione è mia. E Lui mi ha fatto sentire questo. La prima
“Casa do Menor” è stata sulla porta della mia casa, poi è stato un camioncino, poi
è stato il mio garage ... E oggi è nata una grande casa, una delle più grandi del
Brasile; noi abbiamo circa 3 mila ragazzi, in questi 21 anni abbiamo recuperato e
direi salvato circa 15 mila ragazzi e ragazze. Io ho iniziato e oggi anche gli squadroni
della morte mi dicono: “Noi non ammazziamo più i bambini, li mandiamo da voi, perché
abbiamo visto che voi li recuperate”.
D. – Quindi,
anche una conversione di chi sembrava così lontano da Dio e dalle sofferenze di questi
bambini ..
R. – Noi, in Brasile, siamo talmente disperati
che crediamo non sia possibile recuperare i ragazzi. Siamo talmente disperati che
accettiamo che i nostri ragazzi siano uccisi. E si definisce questo “normale”: a Rio,
in cinque mesi circa 3 mila ragazzi ...
D. – ...
cioè, 3 mila bambini vengono uccisi?
R. – ... ragazzi,
adolescenti, narcotraffico ... un disastro! Si uccidono anche tra di loro, e la polizia,
e la milizia ... Allora, io dico: dobbiamo dimostrare che è possibile, e noi abbiamo
trovato il cammino, l’amore, l’incontro con Dio-Amore. Loro hanno bisogno di tante
cose, ma il dramma maggiore dei nostri ragazzi non è essere poveri: è non essere amati
da nessuno.
D. – Come testimonia, come ha spiegato
a questi bambini traditi da tutti, che sono figli di Dio, che Cristo li ama?
R.
– Ho incominciato questo lavoro perché io volevo fare catechismo a questi ragazzi.
Ma come annunciare che Dio li ama? Io ho capito che dovevo essere io l’amore di Dio
per loro: Dio-Amore. Io dovevo essere la presenza silenziosa che li amava. Finché
loro capissero! E di fatto, un chierichetto, un ragazzo di strada che ho preso, un
giorno, nell’abbraccio di pace gli dico – dopo molti mesi che l’ho amato molto, l’ho
accolto quando nessuno lo voleva – gli dico: “Lo sai che Dio ti ama?”. E lui mi guarda
e mi dice: “Mi ama come te?”, ed io gli rispondo: “Molto di più”, e lui mi abbraccia
e mi sorride. Ecco, l’annuncio che noi facciamo è che loro sono amati da Dio attraverso
il nostro amore. Non capiscono altro linguaggio. Questa è la nostra evangelizzazione.
D.
– Padre Renato, quando si dice “Rio de Janeiro” qui in Italia, il pensiero va subito
alla spiaggia di Copacabana, al mare ... Cosa si sente di dire al riguardo?
R.
– Io vorrei dire ai turisti che vengono giù, che facciano questo sforzo di andare
oltre Copacabana! E’ bello andare a Copacabana, è bello vedere le spiagge, però, venite
da noi! Noi abbiamo molti giovani che vengono: cambia la vita! Quindi, voglio dire
ai turisti: venite anche a vedere le bellezze del Brasile di Rio, di Fortaleza, ma
cercate anche di incontrarvi con il vero Brasile, questo Brasile della sofferenza
e dell’abbandono e del dolore, ma che è anche un Brasile che dà gioia! Noi abbiamo
dei ragazzi di strada che vogliono consacrarsi: l’ho detto al Papa! E lui mi ha detto:
Ma davvero? Ma che bello! Ho visto che è stato sorpreso: ragazzi che vengono dal fango!
Ma dal fango vengono i fiori. Eravamo in Germania, in questi giorni. Delle ragazzine
dicevano ai nostri ragazzi: “Io odio Dio, non mi piace Dio!”. Loro si sono spaventati.
Sono venuti da me e hanno detto: “Padre, questi ragazzi non credono in Dio!”. Allora,
noi dobbiamo dare all’Europa anche questa realtà, che Dio-Amore trasforma. Ieri sera,
qui, a Roma, una donna mi ha detto: “Attraverso i volti dei vostri ragazzi ho incontrato
Dio”.
Quanti vogliano conoscere meglio l’opera di padre
Renato Chiera e della “Casa do Menor”, possono farlo visitando il sito Internet www.casadomenor.org