“Esprimiamo il nostro sostegno al Trattato di non proliferazione nucleare e a tutti
i programmi nucleari con fini pacifici”. Lo ha detto oggi a Teheran il presidente
russo, Vladimir Putin, durante la conferenza stampa conclusiva del summit tra i cinque
Paesi che si affacciano sul Mar Caspio. Il capo del Cremlino è giunto in mattinata
nella capitale iraniana, nella prima visita di un leader del Cremlino in Iran da quella
di Josef Stalin nel 1943. Putin ha incontrato il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad.
Salvatore Sabatino ha chiesto a Mario Nordio, docente di Storia e Istituzioni dell’Asia
presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, qual è il valore di questa visita. Ascoltiamo:
R. - Il
primo significato è quello di una visita di Stato che apre ufficialmente un rapporto
privilegiato con l’Iran, che pure è membro uditore dell’Organizzazione che riunisce
i Paesi centroasiatici, la Russia e la Cina. Il secondo motivo è contingente e tuttavia
estremamente pesante: l’ufficializzazione delle relazioni russo-iraniane come fattore
di stabilità nell’area, come nelle intenzioni di Putin.
D. - I rapporti tra
Russia e Iran sembrano dunque destinati ad intensificarsi anche per la costruzione
di un impianto nucleare nel porto meridionale iraniano di Busher. Questo non rischia
di incrinare ulteriormente i rapporti con l’Occidente, e in particolare con gli Stati
Uniti?
R. . Si tratta di una guerra di posizione - possiamo chiamarla così?
- cioè di un confronto al quale dovremo abituarci, non immediatamente strategico,
ma certamente relativo alle relazioni privilegiate e soprattutto alle relazioni economiche
tra Stati Uniti e Russia. E’ un mondo aperto a queste iniziative, quello che abbiamo
davanti. Del resto, vediamo muoversi la Cina in Africa, vediamo muoversi l’India in
Africa, vale a dire i competitori sono diventati parecchi. Di questo va preso atto,
e si tratta di un quadro che dovrà abituarci a prendere in considerazione gli interessi
dell’uno e gli interessi dell’altro.