L'inviato ONU per il Myanmar: la giunta militare fermi la repressione
E’ in Asia l’inviato dell’ONU per la Birmania, Ibrahim Gambari. Scopo del suo secondo
viaggio è di intensificare la pressione diplomatica su Yangon dove tornerà a breve.
Giunto in Thailandia ha subito lanciato un appello alla Giunta militare affinché cessi
gli arresti. Il nostro servizio:
“Profondo
sconcerto” ha risposto così il nigeriano Gambari alla notizia dei nuovi fermi, eseguiti
dal regime di Yangon, lo scorso fine settimana. Secondo le organizzazioni per i diritti
umani, sarebbero sei gli attivisti messi in prigione. Arresti “che contrastano - ha
detto l’inviato dell’ONU - con lo spirito di reciproco impegno” tra le Nazioni Unite
e la Birmania. L’emissario di Ban Ki-moon ha chiesto alla Giunta di sospendere la
politica di repressione e di favorire il rilascio di tutti i prigionieri politici.
Gambari ha parlato dalla Thailandia, prima tappa di una missione in Asia che ha lo
scopo di creare un fronte comune contro le violenze messe in atto dai militari. Il
diplomatico toccherà anche altri Paesi come la Malaysia, l’Indonesia, l’India, la
Cina ed il Giappone, per poi tornare in Birmania - la seconda volta in poco tempo
- e conferire nuovamente con la Giunta. Intanto, il premier thailandese, Surayud
Chulanont, ha lanciato l’ipotesi di colloqui multilaterali fra le Nazioni Unite, Yangon,
i dieci Paesi del sud-est asiatico membri dell’ASEAN (l'Associazione delle nazioni
del sud-est asiatico), l’India e la Cina, sul modello dei “colloqui a sei” che hanno
sbloccato la crisi nucleare nordcoreana. In Birmania, la stampa di regime accusa la
comunità internazionale di voler installare un governo sotto la sua influenza. I generali
avrebbero intenzione di rilanciare un progetto di sette punti, la “Roadmap per la
democrazia”. Un piano pensato nel 2003 per mettere fine alla dittatura.