Oltre 200 mila persone ieri alla Marcia della Pace Perugia Assisi
“Tutti i diritti per tutti”. Questo lo slogan scelto dagli organizzatori della 17.ma
Marcia della Pace Perugia - Assisi, alla quale hanno preso parte, ieri, oltre 200
mila persone. Ai partecipanti è giunto anche il messaggio di Benedetto XVI che ha
“rinnovato l'appello alla comunità internazionale per una pacifica soluzione dei conflitti
nelle varie regioni del mondo”. Il Papa ha auspicato, inoltre, “che l'esempio evangelico
di San Francesco susciti nei credenti rinnovata coscienza della preziosa realtà della
pace quale dono di Dio ed esigente dovere di ciascuno”. Al termine della marcia, Gabriella
Ceraso ha chiesto un commento ad Andrea Olivero presidente nazionale delle
ACLI. Ascoltiamo:
R. –
La marcia per la pace è una marcia per l’impegno, una marcia di spiritualità, anche
laica. Ci sprona tutti a dare qualcosa di noi stessi, alla luce di quello che abbiamo
visto in Birmania nelle scorse settimane.
D. - Come
è stato recepito da voi l’appello del Papa alla pace quale dono di Dio e esigente
dovere di ciascuno, secondo l’esempio di San Francesco?
R.
– E’ stato certamente un grande dono. L’esempio di Francesco è un esempio calzante
di un uomo che ha fatto della pace la sua vita, non soltanto uno slogan. Ci siamo
sentiti davvero legati al Papa, che ha voluto ricordarci che dobbiamo impegnarci,
dobbiamo realizzare questo umanesimo planetario.
D.
– I molti giovani presenti quanto hanno fatto loro il messaggio dei diritti umani
e quanto sono pronti ad impegnarsi?
R. – Credo che
ci sia una voglia di darsi da fare. Molte volte non ci sono esempi per loro chiari
e sono disorientati su quali possano essere le strade. In queste ore, abbiamo visto
tanti giovani impegnarsi, camminando ma anche portando loro esperienze. A questi giovani
dobbiamo dare più proposte.
E alla Marcia della
Pace era presente anche una delegazione di giovani del Kenya guidata da padre Kizito
Sesana, missionario comboniano. Stefano Leszczynski lo ha intervistato.
R. –
Ho visto con piacere, rispetto al passato, che c’erano meno uomini politici. Credo
che la marcia dovrebbe sottolineare – e ieri lo ha fatto – che la pace è un diritto
di tutti. La pace assolutamente non ha colore; la pace è l’aspirazione fondamentale
della maggioranza delle persone nel mondo. Noi abbiamo fatto una marcia della pace,
tre settimane fa a Nairobi, e abbiamo avuto la partecipazione dei tre principali partiti
politici del Kenya. Hanno evitato di fare politica durante la marcia della pace.
D.
– Una marcia per la pace che ha avuto delle tematiche molto forti. Tuttavia, l’Africa
raramente trova spazio. Forse questa è una cosa che si potrebbe correggere...
R.
– Ieri l’Africa è stata presente alla fine, soprattutto, quando 'i miei ragazzi' hanno
improvvisato una danza, che ha coinvolto tutti quelli che erano rimasti sulla rocca
negli ultimi momenti della manifestazione. Bisognerebbe che l’Africa fosse più presente,
non solo parlando delle crisi, dei momenti difficili, ma anche della positività, delle
cose che crescono. Io vedo in Kenya, per esempio, che c’è una straordinaria crescita
della società civile in questi ultimi anni, che andrebbe sostenuta.
D.
– L’Africa fa poca notizia: perché?
R. – C’è tutta
una serie di ragioni, ma il motivo fondamentale è la distanza culturale, che abbiamo
con l’Africa. Viviamo, effettivamente, in due mondi molto diversi. L’Africa è altra,
quasi per definizione. Allora ci si spaventa e ci si ferma. Bisogna studiare, spiegare
e informarsi. Sia i mass media che i fruitori dei mezzi di informazione non hanno
voglia abitualmente di fare questa fatica.