I rischi di una globalizzazione senza volto umano al centro della riflessione di mons.
Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, presentata alla Gregoriana dal
sottosegretario, mons. Parolin
Globalizzazione e secolarizzazione, libertà religiosa nelle società multiculturali
e rischi di sincretismo: sono i temi al centro della riflessione dell'arcivescovo,
Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, letta nell’ambito del
Convegno promosso dall'Accademia Cattolica bavarese e dall'Ambasciata della Repubblica
Federale di Germania presso la Santa Sede sul tema: “Globalizzazione e Religione:
sfide per la politica e la Chiesa.” A presentarla è stato mons. Pietro Parolin, sottosegretario
del dicastero vaticano, per via dell’impegno di mons. Mamberti di questi giorni all’ONU.
Il servizio di Fausta Speranza: Alla
globalizzazione si deve dare un volto e deve essere il volto umano: è questo il principio
di fondo della riflessione, che mette in luce diversi rischi. Globalizzazione potrebbe
portare a sincretismo: se la tecnica è messa al centro di tutto, se governa l’integrazione
delle economie o le rivoluzioni nelle comunicazioni, se diventa concezione della politica,
allora si può arrivare al sincretismo, perché l’abitudine a livellare tutto in modo
tecnico porta a farlo anche con le religioni. Si può finire per relativizzare tutto,
anche la verità. Precisamente, mons. Mamberti sottolinea che “se si finisce per ritenere
che ogni religione sostanzialmente equivale alle altre, capace cioè per se stessa
di condurre gli uomini alla salvezza, di conseguenza ogni religione - ed il cristianesimo
in particolare - che si presenti con la pretesa di verità - afferma mons. Mamberti
- viene considerata come un movimento quasi fanatico e potenzialmente fondamentalista”.
In realtà, spiega ancora il segretario per i Rapporti con gli Stati, “l’incontro tra
le religioni non può avvenire nella rinuncia alla verità, ma è possibile solo mediante
il suo approfondimento”. “Il relativismo non unisce. E nemmeno il puro pragmatismo”.
E’ quanto aggiunge mons. Mamberti sottolineando che “la rinuncia alla verità ed alla
convinzione non innalza l’uomo e nemmeno lo avvicina agli altri, ma lo consegna al
calcolo dell’utile o dell’egoismo, privandolo della sua grandezza”.
Mons.
Mamberti ricorda che “la globalizzazione ha messo in scacco le società chiuse a base
ideologica, etnica, nazionalistica e culturale, e ha favorito una positiva apertura
verso una cittadinanza universale”. Il problema, dunque, non è la globalizzazione
in sé ma solo il rischio di perdere la centralità dell’uomo e della trascendenza,
che significherebbe perdere anche il rispetto della libertà religiosa. Su questo punto
mons. Mamberti chiarisce esplicitamente: “La globalizzazione moltiplica i contatti
e le convivenze multi-etniche, ma c’è il rischio che scaturiscano tensioni dall’incomprensione
o dal mancato rispetto dei valori culturali della nazione che accoglie, come pure
dalla violazione della dignità delle persone che arrivano e non condividono la stessa
cultura o la stessa fede”. Per questo, il Segretario per i Rapporti con gli Stati
fa una raccomandazione: “E’ assai opportuno spiega - distinguere con chiarezza i necessari
provvedimenti di accoglienza degli immigrati e di pieno rispetto per l’esercizio della
loro libertà religiosa, dalle ingiustificate concessioni che mettono a rischio l’identità
culturale e religiosa delle società che li accolgono”. “La società globalizzata tende
a livellare e ad omologare, - ribadisce - ma ciò non impedisce che lo Stato tuteli,
con speciale considerazione nelle sue leggi e regolamenti, i valori religiosi che
sono professati dalla maggioranza dei cittadini e che appartengono al patrimonio storico,
artistico e culturale della propria nazione”. Inoltre, mons. Mamberti auspica che
i sistemi giuridici siano articolati a partire dal concetto di eguale dignità di tutti
gli uomini - anche a prescindere dal loro credo religioso - e che quindi garantiscano
eguaglianza fra gli uomini e le donne. “Questo snodo è fondamentale - tiene a ribadire
- non soltanto sul piano giuridico, ma altresì per elaborare modelli di società capaci
di fronteggiare in modo positivo la globalizzazione, di trarre beneficio dalle sue
risorse e di convivere pacificamente, sia sul piano nazionale che a livello internazionale”.