Benedetto XVI all'udienza generale: i vescovi difendano il patrimonio della fede e
della tradizione da interpretazioni errate, come fece San Cirillo d'Alessandria
E’ con la fedeltà alla tradizione che si preserva intatto il deposito della fede.
E’ l’insegnamento che si ricava dalla vita e dall’opera pastorale di San Cirillo d’Alessandria,
uno dei grandi Padri della Chiesa del quarto e quinto secolo. Proprio grazie alla
chiarezza del suo magistero, Cirillo d’Alessandria sconfisse la grave eresia dei suoi
tempi, quella di Nestorio, che di fatto affermava la divisione tra la natura umana
e quella divina di Cristo. Benedetto XVI - che oggi ha fatto definitivo rientro in
Vaticano - ha incentrato sulla figura di San Cirillo la catechesi all’udienza generale
di stamattina, tenuta in Piazza San Pietro davanti a diverse decine di migliaia di
persone. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Un
“garante” della continuità apostolica e dottrinale, che Leone XIII proclamò Dottore
della Chiesa nel 1882 poiché fu uno dei grandi difensori della fede, capace di unire
lucidità di pensiero, coerenza alla tradizione e vigore da polemista contro avversari
che nei primi secoli del cristianesimo proposero ai fedeli gravi derive interpretative.
La grandezza del vescovo Cirillo di Alessandria sta in questi meriti, che Benedetto
XVI ha illustrato con ampiezza alle migliaia di persone che hanno accolto il Papa
in Piazza San Pietro, al suo rientro in Vaticano da Castel Gandolfo. Sotto il sole
di una luminosa mattinata per nulla autunnale nel clima, il Pontefice ha subito ricordato
gli antichi attestati di stima che ben presto celebrarono la grandezza di Cirillo
di Alessandria all’interno della Chiesa:
“Nell’Oriente
greco Cirillo fu più tardi definito 'custode dell’esattezza' – da intendersi come
custode della vera fede – e addirittura 'sigillo dei Padri'. Queste antiche espressioni
esprimono bene un dato di fatto che è caratteristico di Cirillo, e cioè il costante
riferimento del Vescovo di Alessandria agli autori ecclesiastici precedenti (tra questi,
soprattutto Atanasio) con lo scopo di mostrare la continuità della propria teologia
con la tradizione”.
Il vescovo alessandrino è
passato alla storia per il suo acceso confronto con un altro vescovo, Nestorio di
Costantinopoli, che prese a celebrare l’umanità di Cristo separandola di fatto dalla
natura divina di Cristo e con ciò negando anche alla Vergine il titolo, allora già
diffuso, di “Madre di Dio”. San Cirillo, ha spiegato Benedetto XVI, reagì con prontezza,
inviando alcune lettere. La seconda è passata alla storia per più di un motivo. Anzitutto,
per la brillante definizione teologica che confuta la posizione di Nestorio sulla
divisione fra le due nature di Cristo. Definizione che fu poi assunta dal Concilio
di Calcedonia, nel 451, e che il Papa ha citato:
“Affermiamo
così che sono diverse le nature che si sono unite in vera unità, ma da ambedue è risultato
un solo Cristo e Figlio, non perché a causa dell’unità sia stata eliminata la differenza
delle nature, ma piuttosto perché divinità e umanità, riunite in unione indicibile
e inenarrabile, hanno prodotto per noi il solo Signore e Cristo e Figlio”.
Inoltre,
sempre in questa seconda lettera a Nestorio, San Cirillo scolpisce quasi la responsabilità
che possiede un vescovo nel difendere, tramandare e interpretare gli insegnamenti
della fede:
“Nella seconda che Cirillo gli indirizzò,
nel febbraio del 430, leggiamo una chiara affermazione del dovere dei Pastori di preservare
la fede del Popolo di Dio. Questo era il suo criterio, valido peraltro anche oggi:
la fede del Popolo di Dio è espressione della tradizione, è garanzia della sana dottrina". Da
questa profondità e insieme freschezza di vita cristiana che testimoniò in vita San
Cirillo d’Alessandria, il Papa ha tratto al termine della catechesi questo assunto:
“La
fede cristiana è innanzitutto incontro con Gesù, ‘una Persona che dà alla vita un
nuovo orizzonte’. Di Gesù Cristo, Verbo di Dio incarnato, san Cirillo di Alessandria
è stato un instancabile e fermo testimone, sottolineandone soprattutto l’unità (…)
Questa affermazione, al di là del suo significato dottrinale, mostra che la fede in
Gesù Logos nato dal Padre è anche ben radicata nella storia perché, come afferma san
Cirillo, questo stesso Gesù è venuto nel tempo con la nascita da Maria, la Theotòkos,
e sarà, secondo la sua promessa, sempre con noi”. Benedetto
XVI ha poi tenuto le consuete sintesi della catechesi in nove lingue, salutando i
molti gruppi presenti - fra i quali le suore capitolari di Santa Caterina vergine
e martire e i seminaristi del Pontificio Collegio romano “Maria Mater Ecclesiae” -
per concludere quindi con un pensiero su San Francesco, del quale ricorre domani la
memoria liturgica. Ecco quanto espresso dal Pontefice in lingua polacca:
“JUTRO
W LITURGII PRZYPADA WSPOMNIENIE ŚWIĘTEGO… Domani nella liturgia ricorre
la memoria di san Francesco d’Assisi, il quale, imitando Cristo, ha rinunziato ai
beni terreni. Egli ci ha così insegnato che dobbiamo essere semplici, umili e puri,
perché lasciando questo mondo riceviamo la ricompensa per amore. Impariamo da san
Francesco il comportamento del radicalismo evangelico”.