Mons. Bregantini conclude il pellegrinaggio penitenziale della Chiesa calabrese a
Duisburg
Il vescovo di Locri-Gerace, mons. Giancarlo Maria Bregantini, ha concluso questa
mattina a Duisburg, in Germania, un “pellegrinaggio penitenziale” per chiedere perdono
a nome della Chiesa calabrese per la strage avvenuta in questa città tedesca il 15
agosto scorso, nella cosiddetta faida di San Luca, e in cui hanno perso la vita sei
italiani, tutti calabresi. Il presule si è recato in visita alle famiglie delle vittime
per testimoniare l’esistenza di un’altra Calabria, che lotta contro la ‘ndrangheta.
Ascoltiamo lo stesso mons. Bregantini, al microfono di Luca Collodi:
R. -
Un’altra Calabria è sempre esistita, nella convivenza normale che ogni luogo, ogni
cuore, ogni città ha tra luci ed ombre, tra bene e male. Si tratta di rinnovarla:
la luce non si spegne mai. Certo la strage di Duisburg è stata un momento tristissimo
di lutto, che è sembrato spegnere quella luce che è sempre rimasta accesa. Ora, grazie
a Dio, quest’altra Calabria, questa luce riemerge e stiamo, anche se faticosamente,
rispolverando tante cose. Anzi, da quelle lacrime sono già nati dei messaggi precisi,
che noi stiamo raccogliendo. Stiamo facendo in modo che da quelle lacrime possa nascere
un itinerario futuro.
D. – Chi rappresenta la nuova
società calabrase?
R. – Un po’ tutti. Non ci sono
primogeniture. L’unico modo per farla emergere e maturare è lavorare insieme. La Chiesa
ha un ruolo di stimolo, importante, in certi casi più importante degli altri. La sua
gioia, però, non è essere l’unica società, come qualcuno in maniera impropria ama
dire, quasi che la Chiesa fosse rimasta l’unica realtà. Sarebbe controproducente dirlo.
Vorrebbe dire che la Calabria non ha capacità di auto-promozione. Invece, bisogna
lavorare insieme: la Chiesa ha un ruolo, la società civile un altro e dalla sinergia
delle forze nasce l’altra Calabria.
D. – Mons. Bregantini,
quali sono i segnali che le fanno sperare in una nuova Calabria?
R.
– Dalle lacrime stesse di quei giorni è nato un messaggio straordinario di perdono.
D.
– La società civile risponde a questo tipo di sensibilizzazione che voi, come istituzioni,
come Chiesa, proponete?
R. – Non è facile, non è
scontato e non è, soprattutto, ovvio. Bisogna che chi accoglie di più, chi sa di più,
chi ha un cuore più svelto – che è primizia, come noi amiamo dire – colga il nuovo,
lo indichi e accompagni, in modo che diventi nuovo per tutti. Il processo non sta
nell’isolare chi sa, ma nel far sì che chi sa coinvolga tutti, spingendo e premendo
per la crescita di tutti. Questo è il metodo da usare. Il nuovo è sempre esistito,
ma talvolta si oscura, come a volte la neve sembra coprire i fiori. Dio, però, è grande
e fa risvegliare anche la primavera.
D. – Si può
sperare in questo processo di un recupero di quanti orbitano intorno alla criminalità?
R.
– La criminalità è molto radicata, purtroppo, ma non è invincibile. Bisogna, soprattutto,
fare in modo che la società civile, prendendo coscienza del proprio valore, dia la
capacità di proporre di più, più che combattere in maniera aspra e diretta. A noi
tocca proporre ideali innovativi affascinanti, accattivanti, tali che siano così limpidi,
coraggiosi e belli, che possano affascinare il cuore dei ragazzi.
D.
– Mons. Bregantini, la paura della gente può far fallire questo progetto?
R.
– Certamente lo ritarda. Questo sì. Ma io noto che laddove diresti “non ce la fanno”
o dove c’è più paura rinasce poi qualcosa di inedito, perchè veramente la nostra fede
qui vede la resurrezione anche nei momenti difficili ed è qui la nostra forza.