Partita in Italia la Campagna per dire "no" all'introduzione degli OGM
Etichettature chiare e una moratoria a livello europeo pari a quella in vigore in
Italia contro gli Organismi Geneticamente Modificati, i cosiddetti OGM. Sono alcune
delle sfide della campagna “Liberi dagli OGM” che ha preso il via nei giorni scorsi
in oltre 2300 comuni italiani. L’iniziativa, che si concluderà il 15 novembre, vede
l’adesione di oltre 28 tra associazioni di agricoltori, consumatori, imprese, movimenti e
si prefigge lo scopo di informare i cittadini e ribadire il no all’utilizzo di sementi
OGM in Italia. Anche la Chiesa ha promosso diversi dibattiti in materia ponendo come
principio base quello di precauzione: il Compendio della Dottrina Sociale precisa
in particolare che le biotecnologie devono seguire criteri etici di giustizia e di
solidarietà, soprattutto nei confronti dei Paesi in via di sviluppo, cercando di favorire
e non monopolizzando i mezzi per il sostentamento. Massimiliano Menichetti
ha raccolto il commento di Sergio Marini, presidente della Coldiretti, tra
i promotori dell’iniziativa “Liberi dagli OGM”:
R. –
C’è un tentativo che va ormai avanti da diversi anni, di introdurre nelle coltivazioni
anche italiane piante geneticamente modificate. Noi siamo stati sempre, come Coldiretti,
contrari perché introdurre OGM significa anzitutto perdere la distintività del grande
agroalimentare italiano. Inoltre, dato che la scienza è divisa sulle questioni che
riguardano l’alimentazione umana, noi pensiamo che bisogna essere molto cauti.
D.
– Dal 15 settembre in molte città sono state avviate delle tavole rotonde, incontri,
ma anche una sorta di consultazione popolare. Di cosa si tratta?
R.
– Varie associazioni promotrici hanno avviato un’operazione di sensibilizzazione e
di informazione dei cittadini sull’iniziativa che stiamo portando avanti e sulle motivazioni
che ci inducono a dire un “no” agli OGM. In queste occasioni inizierà anche una raccolta
di firme per dire un “no” forte nella introduzione degli OGM nelle coltivazioni in
Italia.
D. – Un “no” in Italia, ma guardate anche
la situazione europea, dove sotto la soglia dello 0,9 per cento non viene indicato
che un prodotto è geneticamente modificato…
R. –
Questo è vero e non è certo una buona cosa, perché sulla soglia dello 0,9 per cento
– che è una soglia certamente bassa – si nascondono tante produzioni che sono OGM
ma che non sono riportate in etichetta. Questo non è un elemento positivo.
D.
– Quindi la campagna vuole sottolineare anche questo “no”?
R.
– Certamente, anche questo “no” soprattutto per le coltivazioni biologiche, perché
l’Unione Europea ha aperto alla contaminazione dello 0,9 per cento anche sulla coltivazione
biologica. Noi pensiamo che questa sia una contraddizione in termini.
D.
– Attualmente in Italia vige una moratoria che impedisce la coltivazione di OGM. Quindi,
guardando all’Europa, cosa chiedete?
R. – La nostra
richiesta è quella di mantenere la moratoria in Italia e di allargare la moratoria
a livello continentale, quindi a livello europeo.
D.
– “No” agli OGM per un criterio di sicurezza alimentare, per il rispetto della biodiversità,
ma questa non è una posizione che chiude le porte anche a delle possibilità?
R.
– Il nostro “no” non è alla ricerca. La ricerca deve andare avanti, perché nel momento
in cui la ricerca andasse ad individuare delle produzioni di grandissimo valore sotto
profili particolari, non ultima quello della sicurezza alimentare, saremmo disponibili
a valutare la questione.
D. – Il criterio è, dunque,
di cautela ma la vostra perplessità si spinge anche alla coltivazione parziale di
OGM sia in campo europeo che italiano?
R. – Introdurre
parzialmente nel nostro Paese le coltivazioni OGM significherebbe di fatto contaminare
l’intera produzione nazionale, visto che le coltivazioni sono effettuate all’aperto
e che il polline si muove con il vento. Se ci si rendesse conto successivamente che
è stato fatto qualche errore, sarebbe impossibile poi tornare indietro.