Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
In questa XXV Domenica del Tempo Ordinario la Liturgia ci presenta il brano del Vangelo
secondo Luca in cui Gesù racconta la parabola dell’amministratore disonesto cui viene
chiesto di rendere conto della sua gestione. Gesù quindi afferma:
“Nessun
servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà
all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona”.
Sul
significato di questa parabola, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo
Serretti, docente di cristologia alla Pontificia Università Lateranense:
La
condizione dell’uomo non è quella del padrone, del proprietario esclusivo, ma piuttosto
quella dell’amministratore. Noi siamo chiamati ad amministrare un patrimonio che non
è nostro e della nostra amministrazione dobbiamo rendere conto strada facendo e dovremmo
rendere conto complessivamente alla fine. Due insegnamenti principali ci vengono dalla
pagina di Luca: il primo riguarda il rapporto tra l’iniqua ricchezza e quella vera:
tutto quel che ci appare come ricchezza come fine in sé va invece finalizzato alla
unica vera ricchezza; il secondo, ancor più radicale, è che noi non siamo chiamati
a servire la ricchezza, ma il Signore. L’alternativa per noi non è tra il servire
e il non servire, ma tra servire il Signore che è sopra di noi e il servire qualcosa
che vale meno di noi stessi, tra il servizio e l’asservimento. Chi non serve il Signore,
infatti, immancabilmente viene schiavizzato. Il nostro mondo non è certo carente di
pessimi spettacoli di pessima schiavitù, mentre servire Dio è regnare e noi ne facciamo
continua e felice esperienza.