Le sanzioni di Israele contro Gaza preoccupano la comunità internazionale
Israele proclama l’intera Striscia di Gaza “entità nemica” e annuncia un piano di
sanzioni economiche per il milione e mezzo di persone che vi abitano. Tel Aviv parla
di reazione al lancio di razzi Qassam da parte di miliziani palestinesi. Le forniture
di carburante ed energia verranno ridotte, le frontiere chiuse a persone e merci.
Il segretario di Stato americano Condoleezza Rice, giunta oggi in Israele per preparare
la conferenza internazionale di pace che gli Stati Uniti hanno convocato per novembre
a Washington, ha detto che le sanzioni non agevolano il dialogo e ha precisato che
“per il governo degli Stati Uniti l’entità nemica è Hamas”. Da parte sua, Hamas fa
sapere che il provvedimento di Israele “equivale a una dichiarazione di guerra”.
Il presidente palestinese Abbas, parla di “punizione arbitraria”. Interviene anche
il Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon per dirsi “molto preoccupato” per la decisione
del governo israeliano. Padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, sottolinea
che questo tipo di decisioni “non porta soluzioni ma solo nuovi problemi a una popolazione
palestinese stremata”. Intanto un ragazzo palestinese è stato ucciso nel corso di
un'incursione dell'esercito israeliano nei pressi del campo profughi di El Burej,
nel centro della striscia di Gaza. E proprio a Gaza in questo momento c’è una delegazione
del Parlamento europeo, che ha già fatto tappa a Gerusalemme e in Cisgiordania. Una
missione sullo stato attuale dei progetti europei e l’efficacia degli aiuti. Fausta
Speranza ha raggiunto a Gaza la vicepresidente del Parlamento europeo, Luisa
Morgantini, e le ha chiesto innanzitutto una reazione all’annuncio di Israele:
R. –
Noi da sempre sosteniamo che è indispensabile e necessario che vengano applicate le
risoluzioni delle Nazioni Unite, che vuol dire la fine dell’occupazione militare israeliana
della Cisgiordania e Gaza. Come parlamentari europei ci auguriamo davvero che i palestinesi
possano trovare una soluzione al loro interno e trovare un’unità politica e territoriale.
Qui diciamo che questa dichiarazione, fatta da Israele, è davvero una minaccia e soprattutto,
è assolutamente una formula nuova anche nella legalità internazionale. Le dichiarazioni
– per esempio – di voler bloccare l’elettricità e il combustibile rappresentano una
punizione collettiva ad un milione e mezzo di persone che già vive strangolata, perché
in realtà Gaza è una gabbia in cui nessuno o pochissimi possono entrare ed uscire.
Ci sono centinaia di persone malate che devono andare a curarsi in Egitto e non possono
uscire; ci sono 600 studenti che hanno avuto scholarship internazionali e perdono
scholarship e borse di studio ... Io credo che la comunità internazionale dovrebbe
veramente intervenire! Certo, bisogna assolutamente bloccare i lanci di razzi che
cadono su Sderot, ma sinceramente Israele sta continuando non soltanto a Gaza ma anche
nella Westbank, a fare incursioni militari... A Gaza sono prigionieri, ma anche nella
Westbank, dove ci sono più di 600 check-point con soldati e i palestinesi sono chiusi
dentro le loro città. O dal muro o dai check-point.
D.
– Onorevole Morgantini, quanto è lontana nella percezione della gente, lì, la prospettiva
della Conferenza che gli Stati Uniti stanno preparando per il Medio Oriente a novembre?
R.
– E’ molto lontana! Nessuno crede, in realtà, a questa ipotesi. Se non vedono dei
cambiamenti adesso, se non vedono sinceramente cambiare le loro condizioni di vita,
vedono la conferenza di novembre come un’altra illusione e infatti ci sono centinaia
di giovani israeliani, e non soltanto giovani, che insieme ai palestinesi – per esempio
– manifestano da più di tre anni pacificamente, in modo non violento, a Belain, dove
vi è un muro che toglie al villaggio di Belain il 65 per cento della terra ...
D.
– Che cosa ci dice degli altri posti visitati dalla vostra delegazione in questi giorni?
R.
– In questo momento sono a Gaza e devo dire qualcosa dell’ospedale Shiffat: è desolante
vedere questa città che sembra una città deserta. Ieri siamo stati a Hebron e abbiamo
visto il risultato di avere all’interno di quella città un insediamento di ortodossi
israeliani che praticamente occupano il centro della città: hanno reso il centro di
Hebron – un centro storico straordinario – praticamente deserto. Più di mille negozi
palestinesi hanno dovuto chiudere per la presenza dei coloni, hanno dovuto abbandonare
il centro. Abbiamo visto poi a Ramallah e a Betlemme le tragiche conseguenze del muro
che viene costruito da Israele e che, anche se può aver sicuramente bloccato qualche
attentato, è un muro in realtà di pura annessione coloniale. E’ un muro che divide
palestinesi da palestinesi: abbiamo visto il muro attraversare cortili di case ...