In Myanmar prosegue la protesta pacifica dei monaci buddisti contro il regime militare
In Myanmar, prosegue la protesta dei monaci buddisti contro il regime militare: oltre
500 monaci hanno marciato silenziosamente e raggiunto la celebre pagoda di Shwedagon,
chiusa dalle autorità dopo le proteste pacifiche dei giorni scorsi contro l’aumento
dei prezzi del cibo e del combustibile. Aumenti che, secondo gli osservatori stranieri,
sono dovuti alle insostenibili spese, previste dal governo, per la costruzione della
nuova capitale. Sulla protesta dei monaci buddisti nell’ex Birmania, ascoltiamo al
microfono di AmedeoLomonaco,padre Lucas, sacerdote salesiano
del Myanmar:
R. - La
gente segue quello che dicono i monaci. Ci sono comunque divisioni tra questi monaci:
soltanto metà di loro ha partecipato a quella protesta. Se si fossero uniti tutti,
tutti i monaci del Myanmar, questa protesta avrebbe determinato anche un cambiamento.
D.
– Quindi, non sono ancora tempi maturi per un reale cambiamento?
R.
– Diciamo di sì perché non ci sono ancora dei leader che possano guidare i monaci,
la gente.
D. – Si tratta di proteste spontanee nate
proprio per i vari problemi del Paese?
R. – Problemi
sociali, economici, e soprattutto politici. Questo governo è al potere dal 1962 e
ha preso il controllo del Paese usando la forza; il suo sistema politico è comunista,
è una dittatura militare.
D. – Come è cambiato da
allora il Myanmar e in quale futuro possiamo sperare?
R.
– Il nostro governo militare è molto astuto, violento; è difficile cambiare all’interno
del Paese. Certamente, molto dipende da noi, però il governo non ha paura di usare
le armi per sottomettere la gente al proprio potere.
D.
– E come si comporta il governo nei confronti dei religiosi, in particolare dei cristiani?
R.
– Noi cristiani siamo oppressi, perseguitati, non per il culto: hanno paura che noi
prendiamo ruoli importanti. Per questo, molte volte vengono limitati i nostri culti
liturgici. Appena un anno fa, sono ritornato per ricevere la mia ordinazione sacerdotale,
e mi hanno detto: “Tu entro un mese devi uscire dal Paese. Se rimani, rimani per sempre”.
D. – Questo, padre, per quale motivo?
R.
– Per paura, perché questo governo militare ha preso il potere illegittimamente, ingiustamente;
quindi qualsiasi cosa che possa rappresentare un pericolo per loro, viene vietato,
proibito. Persino le lettere, le mail, che noi mandiamo dall’estero, vengono controllate.
Allora anche io, in quanto religioso, cattolico, cristiano, sono un pericolo per loro.