Nella Giornata mondiale dei prigionieri di coscienza eritrei, gli esuli chiedono al
governo di Asmara il rispetto dei diritti umani
Migliaia di esuli eritrei hanno manifestato ieri in tutto il mondo di fronte alle
proprie ambasciate per chiedere al regime di Asmara il rispetto dei diritti umani
nel Paese africano. E’ la seconda volta che i membri dell’opposizione in esilio celebrano
la Giornata mondiale dei prigionieri di coscienza eritrei. Il servizio di Stefano
Leszczynski:
Detenzioni
arbitrarie senza accusa, né processo per migliaia di cittadini eritrei colpevoli di
avere manifestato il loro dissenso politico nei confronti del regime guidato dal presidente
Isayas Afeworki. Questa la situazione che viene denunciata dagli esuli eritrei in
contemporanea nel mondo, ricordando che nessun progresso è stato fatto nella democratizzazione
del Paese da quando, nel 2000, è stato concluso ad Algeri il Trattato di Pace con
l’Etiopia. L’inasprimento della situazione politica ha subito un ulteriore giro di
vite nel 2001, mentre l’attenzione internazionale era concentrata sulla cosiddetta
guerra al terrorismo. Ad oggi, nessun cittadino eritreo è autorizzato a lasciare il
Paese in maniera legale e coloro che vogliono fuggire, sono costretti tra mille pericoli
a raggiungere illegalmente i Paesi sicuri. Numerosi i giornalisti imprigionati, ma
anche gravi limitazioni alla libertà religiosa come ci conferma Mussie Zarai,
tra i promotori della manifestazione di Roma:
R.
– Sono da sottolineare l’interferenza e l’ingerenza da parte del governo eritreo,
ad esempio nel caso della Chiesa ortodossa e le dimissioni forzate del Patriarca ortodosso,
così come le incarcerazioni di appartenenti ad associazioni e comunità cristiane.
Ma ci sono pressioni anche nei confronti della Chiesa cattolica: di recente, c’è stato
infatti il tentativo di confiscare i beni della Chiesa e quindi le scuole, le cliniche
e gli ospedali gestiti dalla Chiesa cattolica. Da anni i soldati stessi chiedono la
possibilità di poter praticare la propria religione anche nelle caserme. Non esistono
cappellani militari. Tutto questo è per noi motivo di preoccupazione ed una limitazione
della stessa libertà religiosa.