Riparte da Budapest la nuova evangelizzazione dell'Europa: interviste con i cardinali
Erdö e Ruini
Budapest capitale della Nuova Evangelizzazione, da ieri fino al 22 settembre per il
Congresso internazionale sul tema “Vi darò un futuro e una speranza”. Il convegno
è stato promosso dalle diocesi delle cinque capitali europee tra il 2003 e il 2007.
La prima missione si è svolta a Vienna nel 2003, la seconda a Parigi nel 2004, successivamente
a Lisbona nel 2005 e poi a Bruxelles nel 2006. Quest’anno, l’incontro ungherese conclude
il progetto di evangelizzazione cittadina. Sugli obiettivi del congresso, ascoltiamo
al microfono di Marta Vertse, incaricata del nostro Programma ungherese, l’arcivescovo
di Esztergom-Budapest e primate d’Ungheria, il cardinale Péter Erdö :
R. - Lo scopo
è naturalmente sempre lo stesso: la nuova evangelizzazione dell’Europa. Le grandi
città, però, costituiscono un ambiente molto speciale per la nostra missione. In questo
contesto, si tratta di una missione nel senso stretto della parola, perchè tanti che
abitano nelle nostre città non hanno sentito ancora una voce giusta, autorevole e
chiara su Gesù Cristo e sul messaggio del Vangelo. Per questo dobbiamo aprire le nostre
chiese, dobbiamo mostrare la ricchezza e la gioia della nostra fede e soprattutto,
in una società come la nostra, dobbiamo confermare che abbiamo una speranza che comprende
tutta la vita umana, tutta la storia e anche l’eternità. E questa speranza naturalmente
ci garantisce il futuro, l’avvenire. Non dobbiamo vivere soltanto per sentirci bene
nel momento attuale, ma dobbiamo avere una visione d’insieme. E possiamo averla in
base alla nostra fede in Gesù Cristo, in base alla nostra fede nella creazione.
D.
– Durante la missione cittadina si farà un pellegrinaggio anche con le reliquie di
Santa Teresa di Lisieux. Che significato può avere un pellegrinaggio simile per i
fedeli di oggi?
R. – La reliquia di Santa Teresa di Lisieux significa per
noi la presenza della patrona delle missioni. Quindi, nella sua persona veneriamo
una protettrice potente della nostra missione. Sappiamo che Santa Teresa di Lisieux
non è andata né in Africa né in un altro continente lontano, ma ha passato la sua
vita giovanile in un solo monastero. Quindi, si può partecipare alla missione anche
pregando, anche sacrificandosi. La missione non significa soltanto azione, ma significa
anche rinforzamento della nostra comunione con Cristo, che rende possibile anche l’efficacia
spirituale di tutto ciò che facciamo, a livello di fatti visibili.
D. –
Eminenza, avrà anche un carattere ecumenico la missione cittadina di Budapest?
R.
– Questa missione non è una missione comune, non è una missione ecumenica, ma è una
missione cattolica. Questo proviene dalla natura delle cose. Purtroppo, la piena comunione
di tutti i cristiani non è ancora arrivata. Stiamo pregando e stiamo lavorando per
questa piena comunione, per questo non possiamo essere completamente uniti nella missione,
ma possiamo essere solidali. A Budapest ci saranno testimonianze di protestanti, luterani
e calvinisti, e ci saranno anche ortodossi, che parleranno e che condivideranno la
loro esperienza fatta nella fede.
Per questa occasione, Benedetto XVI ha nominato
il cardinale Camillo Ruini, vicario per la Diocesi di Roma, suo inviato speciale alle
celebrazioni di chiusura delle “Missioni Cittadine Europee”. Marta Vertse lo ha intervistato:
R. – Il
messaggio fondamentale è quello della nuova evangelizzazione. Questa nuova evangelizzazione
riguarda le persone, le coscienze, riguarda la stessa vita interna della Chiesa che
dev’essere sempre rinnovata e fecondata dalla luce del Vangelo; ma riguarda naturalmente
anche la società e la cultura nelle circostanze storiche che ogni nazione vive. In
Ungheria, appunto, il ritrovamento della propria profonda identità cristiana dopo
le sofferenze legate al lungo periodo del dominio comunista.
D. – Dopo Vienna,
Parigi, Lisbona e Bruxelles, Budapest è l’ultima tappa delle “missioni cittadine”
europee. Quali possono essere i risultati di questa iniziativa che ha come scopo la
ri-evangelizzazione del Vecchio Continente?
R. – Negli anni 1996-99, una prima
“missione cittadina” è stata svolta a Roma per volontà di Giovanni Paolo II. Abbiamo
visto in quell’occasione come, andando in mezzo alla gente, non aspettando che la
gente venga alla Chiesa, è possibile riproporre davvero Gesù Cristo a tutti. E questa
è missione nel senso proprio del termine! I risultati ottenuti a Roma ci dicono che
tutto questo è molto utile ed efficace. La sfida è fare sì che non si tratti soltanto
di un evento di qualche giorno o, come fu a Roma, di qualche anno, ma di un atteggiamento
permanente che rimane nella vita e nella pastorale della Chiesa. E questo è anche
l’augurio che vorrei fare dopo la “missione cittadina” a Budapest: che da lì scaturisca
un impulso che rimanga e che si estenda anche da Budapest al resto dell’Ungheria e
dia nuovo slancio apostolico alla Chiesa ungherese.
D. – Eminenza, lei presiederà
la solenne celebrazione eucaristica nella Basilica di Esztergom che custodisce le
spoglie mortali del cardinale Joszef Mindszenty. Quale messaggio può avere per i giovani
di oggi la testimonianza di tanti martiri cristiani del secolo scorso?
R. –
Penso che abbia una grandissima importanza perché gli uomini di oggi, e direi gli
uomini di sempre, sono più sensibili ai testimoni che ai maestri. E i primi testimoni
sono i martiri. La fede non può essere trasmessa soltanto con le parole, ma la fede
dev’essere testimoniata perché è una verità legata alla vita, una verità che coinvolge
la persona e la nostra concreta esistenza. Per questo, la Chiesa ungherese deve guardare
alle sofferenze che ha attraversato non soltanto come ad un peso, ma soprattutto come
ad uno stimolo e ad un tesoro che potrà arricchire il suo futuro.