Domani entra in vigore il Motu Proprio del Papa sull'uso del Messale Romano del 1962.
Il cardinale Castrillón Hoyos: sia un motivo di gioia per tutti
Entra domani in vigore il Motu Proprio di Benedetto XVI, Summorum Pontificum,
sull’uso della Liturgia Romana anteriore alla Riforma del 1970. Il documento liberalizza
l’utilizzo del Messale Romano del 1962, che, ricordiamo, non è mai stato abrogato.
In particolare, il Motu Proprio stabilisce che spetta al parroco accogliere
le richieste di fedeli aderenti alla precedente tradizione liturgica. Intanto, in
un editoriale, la rivista dei gesuiti, Civiltà Cattolica, sottolinea che sono
infondati i timori di quanti ritengono il Motu Proprio un passo indietro rispetto
alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II. Sul vero significato di questo documento
pontificio, Giovanni Peduto ha raccolto la riflessione del cardinale Darío
Castrillón Hoyos, presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei
e per molti anni prefetto della Congregazione per il Clero:
R. –
Io direi che già Giovanni Paolo II voleva dare ai fedeli che amavano l’antico rito
- alcuni dei quali erano passati al movimento dell’arcivescovo Lefebvre, ma che poi
lo avevano lasciato per mantenere la piena unità con il Vicario di Cristo - l’opportunità
di celebrare il rito che era più vicino alla loro sensibilità. Il Santo Padre Benedetto
XVI ha partecipato sin dall’inizio a tutta la questione Lefebvre ed ha quindi conosciuto
benissimo il problema che creava a quei fedeli la riforma liturgica. Il Papa ha un
amore speciale per la liturgia. Un amore che si traduce anche in capacità di studio,
di approfondimento della Liturgia stessa. Ecco perché Benedetto XVI considera un tesoro
inestimabile la Liturgia anteriore alla Riforma del Concilio. Il Papa non vuole tornare
indietro. E’ importante sapere e sottolineare che il Concilio non ha proibito la Liturgia
di San Pio V e bisogna inoltre dire che i Padri del Concilio hanno celebrato la Messa
di San Pio V. Non è come alcuni sostengono, perché non conoscono la realtà, un tornare
indietro. Al contrario: il Concilio ha voluto dare ampia libertà ai fedeli. Una di
queste libertà è proprio quella di prendere questo tesoro – come dice il Papa – che
è la Liturgia, per mantenerlo vivo.
D. – Cosa cambia,
in realtà, con questo Motu Proprio?
R. – Con questo Motu Proprio, in
realtà, il cambiamento non è tanto grande. La cosa principale è che in questo momento
i sacerdoti possono decidere, senza permesso né da parte della Santa Sede né da parte
del vescovo, se celebrare la Messa nel rito antico. E questo vale per tutti i sacerdoti.
I parroci sono essi stessi che in parrocchia devono aprire la porta a quei sacerdoti
che, avendo le facoltà, vanno a celebrare. Non è, quindi, necessario chiedere nessun
altro permesso.
D. – Eminenza, questo documento
è stato accompagnato da polemiche e timori: ma cosa non è vero di quanto è stato detto
o letto? R. – Non è vero, per esempio, che sia stato tolto ai
vescovi il potere sulla Liturgia, perché già il Codice dice chi deve dare il permesso
per dire Messa e non è il vescovo: il vescovo dà il celebret, la potestà di poter
celebrare, ma quando un sacerdote ha questa potestà, sono il parroco e il cappellano
che devono offrire l’altare per celebrare. Se qualcuno lo impedisce, tocca allora
alla Pontificia Commissione Ecclesia Dei prendere misure, a nome del Santo Padre,
affinché questo diritto – che è un diritto ormai chiaro dei fedeli - venga rispettato.
D. – Alla vigilia dell’entrata in vigore del Motu
Proprio, quali sono i suoi auspici? R. – I miei auspici sono
questi: l’Eucaristia è la cosa più grande che noi abbiamo, è la manifestazione più
grande dell’amore, dell’amore redentore di Dio che ci vuole accompagnare con questa
presenza eucaristica. Questo non deve essere mai un motivo di discordia: lì ci deve
essere solo l’amore. Io auspico che questo possa essere un motivo di gioia per tutti
coloro che amano la tradizione, un motivo di gioia per tutte quelle parrocchie che
non avranno più divisioni, ma avranno – al contrario – una molteplicità di santità
con un rito che è stato certamente il fattore e lo strumento di santificazione per
più di mille anni. Ringraziamo, quindi, il Santo Padre che ha recuperato per la Chiesa
questo tesoro. Non viene imposto niente agli altri. Il Papa non impone l’obbligo;
il Papa impone però di offrire questa possibilità laddove i fedeli lo richiedono.
Se ci fosse un conflitto, perché umanamente due gruppi possono entrare in contrasto,
l’autorità del vescovo – come dice il Motu Proprio – deve intervenire per evitarlo,
ma senza cancellare il diritto che il Papa ha dato a tutta la Chiesa.