2007-09-12 11:23:00

Intervista con il cardinale Darìo Castrillòn Hoyos sull'entrata in vigore del Motu Proprio di Benedetto XVI 'Summorum Pontificum'


Il 14 settembre prossimo entra in vigore il Motu Proprio di Benedetto XVI Summorum Pontificum, sull’uso della Liturgia Romana anteriore alla Riforma del 1970. Qual è il significato di questo evento? Giovanni Peduto lo ha chiesto al cardinale Dario Castrillon Hoyos, presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei e per molti anni prefetto della Congregazione per il Clero:

R. – Io direi che già Giovanni Paolo II voleva dare ai fedeli che amavano l’antico rito - alcuni dei quali erano passati al movimento dell’arcivescovo Le Feuvre, ma quando poi lui ha fatto le ordinazioni lo hanno lasciato per mantenere la piena unità con il Vicario di Cristo - l’opportunità di avere il rito che era più vicino alla loro sensibilità. Il Santo Padre Benedetto XVI ha partecipato sin dall’inizio a tutta la questione Le Feuvre ed ha quindi conosciuto benissimo il problema che creava a quei fedeli la riforma liturgica. Il Santo Padre ha un amore speciale per la liturgia. Un amore, questo, che si traduce anche in capacità di studio, di approfondimento della Liturgia stessa. Ecco perché Papa Benedetto XVI considera un tesoro inestimabile la Liturgia anteriore alla Riforma del Concilio. Il Papa non vuole tornare indietro. E’ importante sapere e sottolineare che il Concilio non ha proibito la Liturgia di San Pio V e bisogna inoltre dire che i Padri del Concilio hanno celebrato la Messa di San Pio V. Non è come alcuni sostengono, perché non conoscono la realtà, un tornare indietro. Al contrario: il Concilio ha voluto essere ampio nelle libertà buone dei fedeli. Una di queste libertà è proprio quella di prendere questo tesoro – come dice il Papa – che è la Liturgia, per mantenerlo vivo.

D. – Eminenza, lei ha spiegato molto bene cosa ha spinto il Santo Padre a prendere questa decisione. Ma cosa cambia, in realtà, con questo Motu Proprio?

R. – Con questo Motu Proprio, in realtà, il cambiamento non è tanto grande. La cosa principale è che in questo momento è chiaro che tutti i sacerdoti possono decidere, senza permesso né da parte della Santa Sede né da parte del vescovo, se celebrare la Messa nel rito antico. E questo vale per tutti i sacerdoti. I parroci sono essi stessi che in parrocchia, come sempre, devono aprire la porta a quei sacerdoti che, avendo le facoltà, vanno a celebrare. Non è, quindi, necessario chiedere nessun altro permesso.

D. – Eminenza, questo documento è stato accompagnato da polemiche e timori: ma cosa non è vero di quello che è stato detto o letto?

R. – Non è vero che sia stato tolto ai vescovi il potere sulla Liturgia, perché già il Codice dice chi deve dare il permesso per dire Messa e non è il vescovo: il vescovo dà il celebret, la potestà di poter celebrare, ma quando un sacerdote ha questa potestà, sono il parroco e il cappellano che devono offrire l’altare per celebrare. Se qualcuno lo impedisce, tocca allora alla Commissione Pontificia Ecclesia Dei prendere misure, a nome del Santo Padre, affinché questo diritto – che è un diritto ormai chiaro dei fedeli venga rispettato.

D. – Eminenza, alla vigilia dell’entrata in vigore del Motu Proprio, quali sono i suoi auspici?

R. – I miei auspici sono questi: l’Eucaristia è la cosa più grande che noi abbiamo, è la manifestazione più grande dell’amore, dell’amore redentore di Dio che ci vuole accompagnare con questa presenza eucaristica. Questo non deve essere mai un motivo di discordia o un motivo di battaglia ed è lì dove ci deve essere tutto l’amore. Io auspico che questo possa essere un motivo di gioia per tutti coloro che amano la tradizione, un motivo di gioia per tutte quelle parrocchie che non avranno più divisioni, ma avranno – al contrario – una molteplicità di santità con un rito che è stato certamente il fattore e lo strumento di santificazione per più di mille anni. Ringraziamo, quindi, il Santo Padre che ha recuperato per la Chiesa questo tesoro. Non viene imposto niente agli altri. Il Papa non impone l’obbligo; il Papa impone l’obbligo, però, di offrirlo laddove i fedeli lo richiedono. Se ci fosse un conflitto, perché umanamente due gruppi possono entrare in contrasto, l’autorità del vescovo – come dice il Motu Proprio – deve intervenire per evitarlo, ma senza cancellare il diritto che il Papa ha dato a tutta la Chiesa.


NB: L’intervista è disponibile anche in spagnolo.








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