ITALIA Chiuso a Roma il congresso per la pastorale carceraria
ROMA, 10set07 - In molti Paesi i diritti umani “non vengono garantiti, la libertà
religiosa non viene assicurata e non viene permesso alla Chiesa di provvedere alle
necessità spirituali e materiali dei prigionieri”. È quanto scrivono cappellani, religiosi,
religiose e laici impegnati nella pastorale penitenziaria in 56 Paesi del mondo nella
dichiarazione conclusiva del XII Congresso della Commissione internazionale per la
pastorale cattolica nelle prigioni (Iccppc), che si è chiuso oggi a Roma. In troppe
prigioni di tutto il pianeta – è scritto nella dichiarazione – “continuano ad essere
frequenti affollamento, disattenzione, e i bisogni primari dei prigionieri non vengono
soddisfatti. In molte legislazioni tuttavia esiste la pena di morte, l’ergastolo e
forme di esecuzione penitenziaria incompatibili con il diritto e la perfettibilità
umana”. Queste manifestazioni “inumane di crudeltà istituzionale devono essere corrette
abolendo la pena di morte e la tortura e applicando rigorosamente le norme minime
delle Nazioni Unite nell’ambito della prevenzione del crimine e in quello del sistema
di giustizia criminale”. Secondo i membri della Commissione, “l’attuale sistema di
giustizia criminale in molti Paesi non risponde ai bisogni dei bambini e dei gruppi
più vulnerabili: gli infermi mentali, i tossicodipendenti, gli stranieri e gli anziani”:
da qui la richiesta che vengano “sviluppati programmi, leggi e sistemi per provvedere
alle necessità di questi gruppi”. I partecipanti al convegno di Roma chiedono e si
impegnano a lavorare per “una giustizia che ripari e protegga”, che “provveda alla
compensazione delle vittime e di coloro che sono dimenticati dall’attuale sistema
giudiziario”, che “coinvolga la comunità nel processo di riabilitazione, attraverso
la reintegrazione della vittima e dell’offensore nella comunità”. La Commissione riconosce
e ringrazia i ministri della pastorale penitenziaria in molti Paesi che, “nonostante
le limitazioni e gli innumerevoli problemi, sono capaci di lavorare per una giustizia
autentica, per la libertà, la pietà, la riconciliazione e la speranza, rendendo l’amore
di Dio visibile. Tutti loro offrono supporto spirituale – si legge nella dichiarazione
finale - nutrono la fede dei prigionieri nel Vangelo e nei sacramenti della Chiesa,
rispondendo ai loro bisogni materiali e provvedendo all’assistenza legale per la salvaguardia
dei loro diritti fondamentali mentre trasformano il tempo in prigione come tempo di
Dio”. Dopo aver citato gli interventi di Giovanni Paolo II e le parole di Benedetto
XVI, la Commissione per la pastorale nelle carceri sottolinea che il “ministero
nelle prigioni è una parte essenziale del ministero della pastorale della Chiesa fino
dai suoi esordi”: “Noi siamo consapevoli del fatto che visitare e liberare i prigionieri
è una espressione dell’amore di Dio e una chiara manifestazione della sua stessa essenza”. (Sir
– MANCINI)