Festival del Cinema di Venezia: premiato il film "Lust, Caution" di Ang Lee
A due anni di distanza Ang Lee vince un secondo Leone d’Oro con "Lust, Caution", ossia
"Lussuria, Attenzione" posando nuovamente questa inattesa vittoria sotto il vessillo
dell’arte cinematografica cinese alla quale si riconosce ormai un respiro internazionale.
Delusione per gli altri Premi assegnati dalla Giuria presieduta dal regista Zhang
Yimou in una Mostra cinematografica che ha però presentato film di ottimo livello
e capaci di interrogare con forza narrativa e coraggio d’autore la nostra non facile
realtà. Il servizio di Luca Pellegrini.
Non
lasciamoci sorprendere e intimorire dal titolo: il film di Ang Lee è una vibrante
spy-story ambientata nella Cina occupata negli anni ’40 dai giapponesi e in cui si
racconta come una viscerale passione per la designata, deprecata vittima – un cinico
collaborazionista – possa insinuarsi nel cuore e nell’anima di una donna e condurre,
così, ad un suo estremo sacrificio. Film epico ed intimo che, sebbene alcune scabrosità,
viene premiato dalla Giuria veneziana trovando così una soluzione visibilmente di
compromesso. Giuria che non dimentica, almeno, l’impegno civile e l’attualità con
la forte e spaventosa denuncia della guerra in Iraq - realtà che devasta fisicamente
e moralmente persone e società - ricostruita come un documentario, sulla base di fatti
reali, da Brian De Palma in Redacted: vince il Leone d’Argento per la regia, che servirà,
si spera, ad aiutare l’uscita americana del film. Convenzionali i premi per i migliori
attore e attrice, rispettivamente a Brad Pitt, contestato, e a Cate Blanchett, assenti
entrambi dalla cerimonia che, noiosa, sbiadita e banale, ha avuto l’unico momento
di vera emozione con le belle parole di omaggio all’arte del cinema da parte di Bernardo
Bertolucci, presente per ritirare il Leone d’Oro del 75° della Mostra e il pianto
della giovanissima Hafsia Herzi che ha meritatamente ritirato la Coppa Mastroianni
come attrice emergente. Recita nel toccante e bellissimo La Graine e le mulet di Abdellatif
Kechiche, un film da tutti amato per il calore umano e la profondità dei sentimenti
con i quali è raccontata la storia e le disavventure di una famiglia di magrebini
in Francia e che ha ricevuto, purtroppo, soltanto un riconoscimento speciale della
Giuria, oltretutto ex-aequo, insieme a I’m not there di Todd Haynes, cerebrale e faticosa
biografia del cantautore Bob Dylan. Leone d’oro speciale per l’insieme dell’opera,
un premio ancora una volta appositamente creato, al regista russo Nikita Mikhalkov,
il più applaudito della serata, che nel suo 12 ci conduce nel dramma di un’altra guerra,
quella in Cecenia: grazie ad una non originale, ma abilissima sceneggiatura, fa una
sincera e coinvolgente apologia della verità, della responsabilità individuale e della
libertà.