2007-09-07 14:36:55

In Algeria, attacco kamikaze provoca oltre 20 morti. Illeso il presidente Bouteflika, obiettivo dell'agguato - Il Marocco alle urne per le elezioni politiche: favoriti i moderati islamici


E' drammatico il bilancio dell’attentato kamikaze avvenuto, ieri a Batna, in Algeria. Fonti ufficiali parlano di 22 vittime e oltre 100 feriti. L’agguato aveva come obiettivo il corteo del presidente Bouteflika, che però è sfuggito all’attacco. Lo stesso Bouteflika ha accusato gli ambienti dell'integralismo islamico, che cercano di ostacolare la sua politica di riconciliazione nazionale. Sulle conseguenze che questo attentato potrà avere sulla vita politica dell’Algeria, Salvatore Sabatino ha intervistato il collega Luciano Ardesi, esperto di Algeria: RealAudioMP3

R. – Conseguenze immediate forse non ne avrà, però questo attentato conferma che in Algeria si è stabilmente insediato un nucleo terrorista affiliato ad Al Qaeda, che ha come caratteristica principale quella di utilizzare gli attentati suicidi, mai utilizzati in Algeria, se non a partire dall’inizio di quest’anno, quando il gruppo si è costituito ufficialmente. Per il Paese diventa, a questo punto, una sfida più difficile forse di quella vinta negli anni scorsi, perchè le modalità di questo terrorismo sono molto più feroci e micidiali rispetto a quelle poi risultate sconfitte dalla politica dei governi algerini.

 
D. – L’Algeria, dunque, vive un’altra fase drammatica, dopo 15 anni di violenze interne. Come vede il futuro di questo Paese? Riuscirà ad uscire dal tunnel della violenza?

 
R. – L’effetto più paradossale di questi anni di terrorismo è stato quello di cementare una certa unità del Paese, unità che era stata minacciata da tante tensioni di carattere sia politico, sociale, economico e soprattutto religioso. Sicuramente, ciò che è mancato fino a questo momento al Paese è di non aver saputo rinnovare i modi della politica, il che vuol dire aprire finalmente ad una democrazia pluralista, in cui tutte le forze politiche possano realmente incidere nelle sorti del Paese. E’ questa forse la vera sfida per l’Algeria, che peraltro sta attraversando una fase molto favorevole, con il prezzo del petrolio alle stelle. Quindi l’economia algerina, da questo punto di vista, non è mai andata così bene.

- In vista del sesto anniversario degli attentati di New York e Washington, avvenuti l’11 settembre 2001, esperti informatici si attendono un nuovo video di Osama Bin Laden. Su un sito Internet di integralisti islamici è infatti apparso, ieri, l’avviso della diffusione del filmato entro le prossime 72 ore. L’annuncio è stato accompagnato dalla pubblicazione di una fotografia in cui il leader di Al Qaeda appare invecchiato, nonostante una folta barba nera. Lo “sceicco del terrore” resta, ancora oggi, per gli Stati Uniti l’uomo da catturare. A rivelarlo è il consigliere per la Sicurezza interna del presidente Bush, Frances Townsend, in un’intervista alla CNN, nella quale ha parlato della “priorità assoluta” di assicurare Bin Laden, ma anche altri esponenti dell’organizzazione terroristica, alla giustizia.

- In Iraq, sono rimasti uccisi, nelle ultime ore, almeno sette militari statunitensi in seguito ad attacchi sferrati da ribelli. Lo ha riferito, in un comunicato, il comando militare statunitense precisando che tre soldati sono morti a causa di un’esplosione avvenuta nella provincia di Niniveh. Altri quattro militari sono rimasti uccisi durante scontri avvenuti nella turbolenta zona di Al Anbar, provincia visitata lunedì scorso dal presidente statunitense, George W. Bush. Negli Stati Uniti, intanto, il comandante delle operazioni americane in Iraq, il generale David Petraeus ha detto a Bush di voler mantenere alti i livelli delle truppe nel Paese arabo fino al prossimo anno. Il generale ha anche annunciato di poter accettare il ritiro di circa 4 mila soldati a partire da gennaio.

- Nel sud dell’Afghanistan, almeno 20 presunti talebani e due soldati della NATO sono morti a causa di furiosi scontri e attacchi. Sempre nel sud del Paese asiatico, nella provincia di Patkia, sono stati sequestrati 12 sminatori afghani.

- “No so di cosa state parlando”. E’ quanto ha dichiarato il primo ministro israeliano, Ehud Olmert, rispondendo ad un giornalista del quotidiano Haaretz sulla presunta violazione dello spazio aereo siriano, da parte di caccia israeliani, denunciata ieri dal governo di Damasco. In Medio Oriente prosegue, intanto, la missione diplomatica dell’ex premier britannico, Tony Blair, che ieri ha incontrato a Ramallah, in Cisgiordania, il presidente palestinese, Abu Mazen. Ma nei Territori Palestinesi sale la tensione: a Gaza i miliziani di al-Fatah si apprestano a celebrare in spazi aperti le preghiere del venerdì, in segno di protesta contro la gestione del potere nella Striscia di Gaza da parte del movimento islamico Hamas.

- Importante apertura da parte degli Stati Uniti nei confronti della Corea del Nord. A margine del vertice dell’APEC, il Forum per la Cooperazione Asia-Pacifico, in corso a Sydney, il presidente Bush non ha escluso l’ipotesi di un trattato formale con la Corea del Nord. Il nostro servizio:

Rinunciare al programma di armamenti nucleari. E’ questa la condizione posta dal presidente americano Bush a Pyongyang. L’intenzione è stata espressa durante un colloquio tra il capo della Casa Bianca ed il presidente sudcoreano, Roh Moo-hyun. Nella sua giornata densa di appuntamenti, Bush ha tenuto anche un faccia a faccia di un’ora con il presidente russo, Vladimir Putin. Nell’incontro, i due leader hanno parlato del sistema di difesa anti-missilistica nell’Europa orientale. Il cosiddetto “scudo” non è gradito a Mosca perché è considerato un’aperta minaccia alla propria sicurezza. Il capo della Casa Bianca ha inoltre proposto ai leader dei Paesi dell’ASEAN, l'Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico, di realizzare il prossimo vertice in Texas. Con ogni probabilità vi prenderà parte anche una delegazione del Myanmar, ex-Birmania, Paese fortemente criticato dall’amministrazione Bush per i numerosi fermi dopo le recenti proteste di piazza. Il presidente americano ha anche chiesto al governo di Yangoon di liberare il leader dell’opposizione, il premio Nobel Aung San Suu Kyi, da tempo agli arresti domiciliari.

- Speranze di pace in Darfur, martoriata regione sudanese, teatro dal 2003 di una sanguinosa guerra civile. Prenderanno il via a fine ottobre, in Libia, i nuovi colloqui tra il governo di Khartoum ed i ribelli. Si tratta del primo successo del segretario generale dell’ONU, Ban Ki- moon, in missione in Africa. Il servizio di Giulio Albanese:RealAudioMP3


La notizia è, dunque, ufficiale: il 27 ottobre prossimo in Libia delegati del governo sudanese e leader dei gruppi ribelli presenti nel Darfur prenderanno parte al tavolo delle trattative per negoziare la pace nella tormentata regione occidentale del Paese africano. Lo hanno annunciato ieri le autorità di Khartoum in un comunicato ufficiale, cui ha fatto seguito una nota delle Nazioni Unite in cui si esprime la speranza che tutte le parti in causa cooperino pienamente per la fine immediata delle ostilità, che dal 2003 hanno provocato la morte di almeno 200 mila civili. Da rilevare che il governo di Khartoum ha assicurato la massima collaborazione per la riuscita delle trattative, pianificate anche grazie alla mediazione del segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, in questi giorni in visita in Africa. Le insidie, però, sono dietro l’angolo: i negoziati debbono ancora iniziare, ma Khalili Ibrahim, numero uno del GEM, il Movimento Giustizia ed Uguaglianza ha già lanciato accuse agli interlocutori. Ibrahim ha, infatti, definito arrogante la nomina di Nafie Ali Nafie, uomo di fiducia del presidente al-Beshir, come capo negoziatore del governo sudanese. (Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese)

- E prosegue, intanto, la missione in Africa del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, giunto oggi in Ciad per una serie di colloqui con il presidente del Paese africano, Idriss Deby. Al centro dell’incontro, ancora il processo di pace in Darfur ma anche la questione dei rifugiati che provengono dalla regione sudanese. Secondo una stima, a partire dal 2003, anno di inizio del conflitto civile in Darfur, sono circa 200 mila i profughi giunti in Ciad.

- Fragile tregua in Nord Kivu, nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo. Ieri, la missione dell’ONU nel Paese africano aveva siglato, nella città di Sake, un cessate il fuoco tra l’esercito regolare e le milizie leali all’ex generale Nkunda che però, stamani, ha denunciato un attacco. Sempre ieri, le Nazioni Unite avevano lanciato un appello alle parti per favorire il passaggio degli aiuti umanitari nelle zone di guerra. Secondo l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati, sono almeno 170 mila le persone sfollate dall’inizio dell’anno, quando gli scontri sono diventati più violenti.

- E’ previsto nel pomeriggio il voto di scioglimento della camera bassa del Parlamento polacco. Al termine della seduta verranno indette elezioni anticipate che, con ogni probabilità, si terranno il 21 ottobre. Con il voto di oggi si mette fine alla crisi del governo Kaczynski, innescata dopo l’uscita di due partiti dalla coalizione di maggioranza. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli e Amedeo Lomonaco)

 

 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 250

 
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