In Algeria, attacco kamikaze provoca oltre 20 morti. Illeso il presidente Bouteflika,
obiettivo dell'agguato - Il Marocco alle urne per le elezioni politiche: favoriti
i moderati islamici
E' drammatico il bilancio dell’attentato kamikaze avvenuto, ieri a Batna, in Algeria.
Fonti ufficiali parlano di 22 vittime e oltre 100 feriti. L’agguato aveva come obiettivo
il corteo del presidente Bouteflika, che però è sfuggito all’attacco. Lo stesso Bouteflika
ha accusato gli ambienti dell'integralismo islamico, che cercano di ostacolare la
sua politica di riconciliazione nazionale. Sulle conseguenze che questo attentato
potrà avere sulla vita politica dell’Algeria, Salvatore Sabatino ha intervistato
il collega Luciano Ardesi, esperto di Algeria:
R. –
Conseguenze immediate forse non ne avrà, però questo attentato conferma che in Algeria
si è stabilmente insediato un nucleo terrorista affiliato ad Al Qaeda, che ha come
caratteristica principale quella di utilizzare gli attentati suicidi, mai utilizzati
in Algeria, se non a partire dall’inizio di quest’anno, quando il gruppo si è costituito
ufficialmente. Per il Paese diventa, a questo punto, una sfida più difficile forse
di quella vinta negli anni scorsi, perchè le modalità di questo terrorismo sono molto
più feroci e micidiali rispetto a quelle poi risultate sconfitte dalla politica dei
governi algerini.
D. – L’Algeria, dunque, vive un’altra
fase drammatica, dopo 15 anni di violenze interne. Come vede il futuro di questo Paese?
Riuscirà ad uscire dal tunnel della violenza?
R.
– L’effetto più paradossale di questi anni di terrorismo è stato quello di cementare
una certa unità del Paese, unità che era stata minacciata da tante tensioni di carattere
sia politico, sociale, economico e soprattutto religioso. Sicuramente, ciò che è mancato
fino a questo momento al Paese è di non aver saputo rinnovare i modi della politica,
il che vuol dire aprire finalmente ad una democrazia pluralista, in cui tutte le forze
politiche possanorealmente incidere nelle sorti del Paese. E’ questa forse
la vera sfida per l’Algeria, che peraltro sta attraversando una fase molto favorevole,
con il prezzo del petrolio alle stelle. Quindi l’economia algerina, da questo punto
di vista, non è mai andata così bene.
- In vista del sesto anniversario
degli attentati di New York e Washington, avvenuti l’11 settembre 2001, esperti informatici
si attendono un nuovo video di Osama Bin Laden. Su un sito Internet di integralisti
islamici è infatti apparso, ieri, l’avviso della diffusione del filmato entro le prossime
72 ore. L’annuncio è stato accompagnato dalla pubblicazione di una fotografia in cui
il leader di Al Qaeda appare invecchiato, nonostante una folta barba nera. Lo “sceicco
del terrore” resta, ancora oggi, per gli Stati Uniti l’uomo da catturare. A rivelarlo
è il consigliere per la Sicurezza interna del presidente Bush, Frances Townsend, in
un’intervista alla CNN, nella quale ha parlato della “priorità assoluta” di assicurare
Bin Laden, ma anche altri esponenti dell’organizzazione terroristica, alla giustizia.
- In Iraq, sono rimasti uccisi, nelle ultime ore, almeno sette militari statunitensi
in seguito ad attacchi sferrati da ribelli. Lo ha riferito, in un comunicato, il comando
militare statunitense precisando che tre soldati sono morti a causa di un’esplosione
avvenuta nella provincia di Niniveh. Altri quattro militari sono rimasti uccisi durante
scontri avvenuti nella turbolenta zona di Al Anbar, provincia visitata lunedì scorso
dal presidente statunitense, George W. Bush. Negli Stati Uniti, intanto, il comandante
delle operazioni americane in Iraq, il generale David Petraeus ha detto a Bush di
voler mantenere alti i livelli delle truppe nel Paese arabo fino al prossimo anno.
Il generale ha anche annunciato di poter accettare il ritiro di circa 4 mila soldati
a partire da gennaio.
- Nel sud dell’Afghanistan, almeno 20 presunti talebani
e due soldati della NATO sono morti a causa di furiosi scontri e attacchi. Sempre
nel sud del Paese asiatico, nella provincia di Patkia, sono stati sequestrati 12 sminatori
afghani.
- “No so di cosa state parlando”. E’ quanto ha dichiarato il primo
ministro israeliano, Ehud Olmert, rispondendo ad un giornalista del quotidiano Haaretz
sulla presunta violazione dello spazio aereo siriano, da parte di caccia israeliani,
denunciata ieri dal governo di Damasco. In Medio Oriente prosegue, intanto, la missione
diplomatica dell’ex premier britannico, Tony Blair, che ieri ha incontrato a Ramallah,
in Cisgiordania, il presidente palestinese, Abu Mazen. Ma nei Territori Palestinesi
sale la tensione: a Gaza i miliziani di al-Fatah si apprestano a celebrare in spazi
aperti le preghiere del venerdì, in segno di protesta contro la gestione del potere
nella Striscia di Gaza da parte del movimento islamico Hamas.
- Importante
apertura da parte degli Stati Uniti nei confronti della Corea del Nord. A margine
del vertice dell’APEC, il Forum per la Cooperazione Asia-Pacifico, in corso a Sydney,
il presidente Bush non ha escluso l’ipotesi di un trattato formale con la Corea del
Nord. Il nostro servizio:
Rinunciare al programma di armamenti nucleari. E’
questa la condizione posta dal presidente americano Bush a Pyongyang. L’intenzione
è stata espressa durante un colloquio tra il capo della Casa Bianca ed il presidente
sudcoreano, Roh Moo-hyun. Nella sua giornata densa di appuntamenti, Bush ha tenuto
anche un faccia a faccia di un’ora con il presidente russo, Vladimir Putin. Nell’incontro,
i due leader hanno parlato del sistema di difesa anti-missilistica nell’Europa orientale.
Il cosiddetto “scudo” non è gradito a Mosca perché è considerato un’aperta minaccia
alla propria sicurezza. Il capo della Casa Bianca ha inoltre proposto ai leader dei
Paesi dell’ASEAN, l'Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico, di realizzare
il prossimo vertice in Texas. Con ogni probabilità vi prenderà parte anche una delegazione
del Myanmar, ex-Birmania, Paese fortemente criticato dall’amministrazione Bush per
i numerosi fermi dopo le recenti proteste di piazza. Il presidente americano ha anche
chiesto al governo di Yangoon di liberare il leader dell’opposizione, il premio Nobel
Aung San Suu Kyi, da tempo agli arresti domiciliari.
- Speranze di pace in
Darfur, martoriata regione sudanese, teatro dal 2003 di una sanguinosa guerra civile.
Prenderanno il via a fine ottobre, in Libia, i nuovi colloqui tra il governo di Khartoum
ed i ribelli. Si tratta del primo successo del segretario generale dell’ONU, Ban Ki-
moon, in missione in Africa. Il servizio di Giulio Albanese:
La notizia
è, dunque, ufficiale: il 27 ottobre prossimo in Libia delegati del governo sudanese
e leader dei gruppi ribelli presenti nel Darfur prenderanno parte al tavolo delle
trattative per negoziare la pace nella tormentata regione occidentale del Paese africano.
Lo hanno annunciato ieri le autorità di Khartoum in un comunicato ufficiale, cui ha
fatto seguito una nota delle Nazioni Unite in cui si esprime la speranza che tutte
le parti in causa cooperino pienamente per la fine immediata delle ostilità, che dal
2003 hanno provocato la morte di almeno 200 mila civili. Da rilevare che il governo
di Khartoum ha assicurato la massima collaborazione per la riuscita delle trattative,
pianificate anche grazie alla mediazione del segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon,
in questi giorni in visita in Africa. Le insidie, però, sono dietro l’angolo: i negoziati
debbono ancora iniziare, ma Khalili Ibrahim, numero uno del GEM, il Movimento Giustizia
ed Uguaglianza ha già lanciato accuse agli interlocutori. Ibrahim ha, infatti, definito
arrogante la nomina di Nafie Ali Nafie, uomo di fiducia del presidente
al-Beshir, come capo negoziatore del governo sudanese. (Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese)
- E prosegue, intanto, la missione in Africa del segretario generale
delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, giunto oggi in Ciad per una serie di colloqui con
il presidente del Paese africano, Idriss Deby. Al centro dell’incontro, ancora il
processo di pace in Darfur ma anche la questione dei rifugiati che provengono dalla
regione sudanese. Secondo una stima, a partire dal 2003, anno di inizio del conflitto
civile in Darfur, sono circa 200 mila i profughi giunti in Ciad.
- Fragile
tregua in Nord Kivu, nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo.
Ieri, la missione dell’ONU nel Paese africano aveva siglato, nella città di Sake,
un cessate il fuoco tra l’esercito regolare e le milizie leali all’ex generale Nkunda
che però, stamani, ha denunciato un attacco. Sempre ieri, le Nazioni Unite avevano
lanciato un appello alle parti per favorire il passaggio degli aiuti umanitari nelle
zone di guerra. Secondo l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati, sono almeno 170
mila le persone sfollate dall’inizio dell’anno, quando gli scontri sono diventati
più violenti.
- E’ previsto nel pomeriggio il voto di scioglimento della
camera bassa del Parlamento polacco. Al termine della seduta verranno indette elezioni
anticipate che, con ogni probabilità, si terranno il 21 ottobre. Con il voto di oggi
si mette fine alla crisi del governo Kaczynski, innescata dopo l’uscita di due partiti
dalla coalizione di maggioranza. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta
Capelli e Amedeo Lomonaco) Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 250 E'
possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del
Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
sito www.radiovaticana.org/italiano.