Seggi aperti in Marocco per le elezioni politiche che designeranno i 325 membri del
parlamento di Rabat: sono chiamati a votare oltre 15 milioni di cittadini. In serata
la chiusura delle urne e domenica verranno annunciati i risultati ufficiali. Considerate
dagli analisti un passaggio importante nel processo di riforma democratica lanciata
da Mohamed VI, queste consultazioni vedono ampiamente favorito il partito d’ispirazione
islamica moderata. Sentiamo il commento di Alberto Negri, inviato del Sole
24 Ore, raggiunto telefonicamente da Stefano Leszczynski:
R. –
Certamente il favorito è il Partito Giustizia e Sviluppo, che dovrebbe aggiudicarsi
la maggioranza dei voti. Questo, però, non significa che entrerà automaticamente al
governo. Tutto dipenderà – come al solito – dal re, Mohammed VI. In realtà la vera
sfida è tra un Marocco a due velocità, uno fatto da una élite che vive la modernità
e uno – il resto del Marocco – che ha almeno 10-15 milioni di persone che vivono sulla
soglia della sopravvivenza.
D. – Saranno i socialisti
a pagare proprio lo scotto di questo Marocco a due velocità?
R.
– Ricordiamoci che furono richiamati al Governo da re Hassan II e cioè dal padre di
Mohammed VI con l’intenzione, in qualche modo, di riuscire a dare una sorta di cambio
di velocità al Paese. Questo è avvenuto in parte con un certo decollo economico, ma
in realtà il Marocco è rimasto un Paese con molti contrasti ed i socialisti non hanno
saputo catturare le insoddisfazioni di gran parte dei marocchini. Il partito degli
islamici ha, invece, saputo puntare sulla corruzione, sulla lotta all’immoralità,
sui problemi economici. Tutte questioni, queste, che hanno portato in qualche modo
il Partito islamico ad avere più consensi.
D. –
Il Marocco è uno dei Paesi più avanzati del Magreb, forse anche quello con il processo
democratico più intenso negli ultimi anni. Tuttavia una serie di problemi restano
aperti, come quello della libertà di espressione, il rispetto dei diritti umani in
generale. C’è qualche parte politica che ha sollevato questo tipo di problemi?
R.
– Questo è il realtà il problema di fondo di un Paese, dove il reddito lordo pro capite
è di 1.000-1.200 euro l’anno, dove l’analfabetismo colpisce qualcosa come il 50 per
cento della popolazione. Ci troviamo, quindi, di fronte a grandi sacche di povertà
che sono poi quelle dove hanno pescato i radicali islamici ed anche da dove arriva
questa sorta di fabbrica di kamikaze, che sono le bidonville e le grandi periferie
di Casablanca e di Tangeri. Questo è, insomma, il vero grande problema di fondo del
Paese, di un Paese che ha fatto sì dei progressi da un punto di vista democratico,
ma che in realtà non riesce ad avere una vera e propria piena democrazia.