Il cardinale Martino: dialogo ecumenico e interreligioso per affrontare la sfida crescente
delle migrazioni nel mondo
“Le migrazioni, un’opportunità per l’ecumenismo”: il titolo della relazione presentata
dal cardinale Renato Martino al Convegno annuale dei direttori nazionali europei per
la pastorale dei migranti, in corso ieri ed oggi a Sibiu, in Romania, dove si è pure
aperta stamane l’Assemblea ecumenica europea. Il servizio di Roberta Gisotti:
Solidarietà,
cooperazione internazionale, comunione ecumenica: questi gli ingredienti per fronteggiare
la crescente migrazione planetaria “una delle più importanti e complesse sfide del
nostro mondo moderno”, ha sottolineato il cardinale Martino, presidente del Pontificio
Consiglio per i migranti e gli itineranti, evidenziando come la Chiesa universale
e locale - a diversi livelli e in differenti regioni - pongano grande attenzione “alle
continue trasformazioni” portate dalla mobilità umana e alle “esigenze dei popoli
nella società contemporanea”. Questo “per rispondere ai nuovi bisogni spirituali e
pastorali dei migranti”, tenendo a mente – ha evidenziato il porporato – gli aspetti
ecumenici, riguardo la presenza di Cristiani di altre confessioni e anche l’aspetto
inter-religioso, visto il crescente numero di migranti di altre religioni, in particolare
Musulmani, in Paesi tradizionalmente cristiani. Per contro – ha riferito il cardinale
Martino - molti Governi “stanno adottando misure restrittive per contrastare l’emigrazione,
specialmente se clandestina”, sebbene studi sul fenomeno in uno scenario globale suggeriscano
l’apertura delle frontiere. Il che non significa, adottare “una visione di totale
e indiscriminata libertà di immigrazione”, quanto piuttosto “regolare l’ampiezza e
la forma dei flussi migratori”, inserendo il bene comune nazionale in un contesto
universale, cosicché “gli emigrati dovrebbero essere degnamente accolti, e le popolazioni
dei Paesi ospiti non dovrebbero essere messe nelle condizioni di rigettare i nuovi
arrivati”; questi dal canto loro dovrebbero da subito “rispettare le leggi e i valori
sui quali è fondata la società ospitante, inclusa la religione”. Per questo la Chiesa
è chiamata a vivere pienamente la propria identità, senza rinunciare a dare testimonianza
della propria fede, anche considerando di proclamarla rispettosamente”. Da qui la
necessità di affermare “l’importante principio di reciprocità”, non semplicemente
“per avanzare richieste” quanto per stabilire “un rapporto basato sul mutuo rispetto
e sulla giustizia nelle materie giuridiche e religiose”, consapevoli – ha concluso
il cardinale Martino – “che l’emigrazione è un processo in costante evoluzione, che
continuerà ad essere presente nello sviluppo delle società e che ci porterà sempre
più in un mondo interculturale, dove le legittime diversità saranno vissute anche
nel contesto di un dialogo ecumenico e interreligioso”.