Mons. Betori sul rapporto tra Chiesa italiana e fisco: falso affermare che la Chiesa
goda di privilegi
Assimilare il lavoro di una mensa per i poveri a quello di un ristorante e pretendere
che la prima versi oneri fiscali come il secondo è qualcosa che lascia esterrefatti.
E' uno degli esempi con il quale il segretario generale della Conferenza episcopale
italiana (CEI), mons. Giuseppe Betori, è ritornato sulla questione delle esenzioni
fiscali riconosciute alla Chiesa cattolica e ad altri enti no-profit dallo Stato italiano,
sollevate nei giorni scorsi in ambito europeo. Sollecitato sul tema dai giornalisti
presenti alla conferenza stampa di apertura dell'Agorà di Loreto, mons. Betori ha
rintuzzato con forza le polemiche, denunciando una campagna di strumentalizzazione
a danno della Chiesa italiana. Ecco le parole del segretario della CEI:
"Ci sentiamo
in qualche modo aggrediti su un servizio che rendiamo alla società italiana, che nasce
da un atteggiamento di solidarietà. Quindi, non riusciamo a comprendere come ciò non
venga percepito da parte dell’opinione pubblica. O meglio, l’opinione pubblica ci
conosce bene; c’è qualcuno che, invece, vuole buttare fango sulla presenza della Chiesa
all’interno della società, facendo credere che la Chiesa gode di privilegi specifici.
Questo è assolutamente falso. Per quanto riguarda l’ICI (l'Imposta comunale sugli
immobili, ndr), noi dipendiamo da una legge dello Stato, che è una legge istituita
dal governo Amato. E’ all’interno di questa legge che sono previste forme di esenzione
che riguardano edifici di proprietà dello Stato, delle regioni, delle province, degli
enti locali, e riguardano anche edifici di proprietà di enti no-profit e, quindi,
anche delle Chiese - non solo della Chiesa cattolica - in quanto assimilate ad enti
no-profit per alcune specifiche tipologie di utilizzazione: non l’utilizzazione commerciale,
ma l’utilizzazione di tipo assistenziale, educativo, sportivo, culturale, di culto.
Far pensare all’Unione Europea, che è molto distante da noi, che la mensa per i poveri
possa entrare in concorrenza sleale con i ristoranti della città è veramente una cosa
inaccettabile. E chi ha fatto queste denunce le sa queste cose e quindi c’è una strumentalizzazione
in queste denunce che ci lascia davvero esterrefatti. Questo vale per una scuola materna,
retta magari da un istituto religioso, che fa un servizio alla società, un servizio
riconosciuto dallo stesso Stato, che l’aiuta per questo servizio, e che resta sempre
un ente senza fini di lucro.