L’arcivescovo Rylko, rientrato dal Kazakhstan: ho visto il coraggio della fede della
piccola comunità cattolica di questo Paese a maggioranza islamica
L’arcivescovo Stanislao Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici,
è appena rientrato a Roma dal Kazakistan, dove ha partecipato al IX Incontro annuale
dei giovani cattolici di cinque Paesi dell’Asia Centrale: Kazakistan, Uzbekistan,
Turkmenistan, Tagikistan e Kirghizistan. Tema dell’iniziativa, tenutasi nel Santuario
mariano di Oziornoje, è stato: “Maria ci insegna ad amare”. Quattro giorni di preghiera
e riflessione, cui hanno partecipato circa 500 giovani accompagnati da vescovi, sacerdoti
e religiosi. Ma soprattutto, sono stati giorni di scambio di testimonianze di fede
vissuta in condizioni non facili, come spiega, al microfono di Giovanni Peduto,
lo stesso arcivescovo Rylko:
R. -
Mi ha colpito la gioia e il coraggio della fede di questi giovani che, nonostante
siano una esigua minoranza rispetto al “mare musulmano” che li circonda, dimostrano
una forte e convinta identità cristiana, senz’altro un frutto prezioso dell’intenso
impegno della Chiesa di quei Paesi a favore della pastorale dei giovani. Sempre di
più i giovani scoprono Cristo come unica risposta ai loro quesiti circa il senso della
vita, e la Chiesa come una vera famiglia. Ogni edizione di questo incontro costituisce
un importante segno di speranza per tutta la Chiesa che vive in quelle terre.
D.
- Quale impressione le ha fatto il contatto con la comunità ecclesiale cattolica che
vive in Kazakistan?
R. – Durante il mio breve soggiorno
in Kazakistan ho cercato anche di conoscere – nella misura del possibile – la vita
della Chiesa in questo enorme Paese. E’ una delle ex-repubbliche dell’Unione Sovietica
che vive con tutte le conseguenze – nel campo religioso – di un lungo periodo di persecuzioni
nei confronti dei credenti. E’ una Chiesa che offre una particolare testimonianza
di fede, e per questa fede, in un passato non tanto lontano, si è giunti a pagare
un prezzo molto alto, fatto di prigione e a volte di vero e proprio martirio. Però,
nonostante le crudeli persecuzioni, la fede non è scomparsa. E questo, grazie al coraggio
di tanti laici, uomini e donne; grazie a quelle “babushke” – “nonnine” – che trasmettevano
la fede ai propri nipoti e pronipoti; grazie al coraggio e allo zelo apostolico di
sacerdoti che senza guardare il pericolo, hanno visitato clandestinamente i cattolici,
battezzato catecumeni, celebrato la Messa nelle case, benedetto matrimoni.
D.
– Come si presenta oggi la comunità cattolica in Kazakistan?
R.
- Oggi la Chiesa in Kazakistan rinasce e si sviluppa. L’attuale sistema di governo
assicura a tutte le confessioni religiose presenti nel Paese la necessaria libertà.
Nella capitale Astana c’è la Nunziatura della Santa Sede, ed esiste un Concordato
tra la Santa Sede e il Governo del Kazakistan. La Chiesa ha ormai una struttura consolidata
nelle sue diocesi e parrocchie. Ho potuto così ammirare il grande lavoro pastorale
svolto dai sacerdoti, dai religiosi e dalle religiose provenienti da vari Paesi. Mi
ha colpito fortemente il loro zelo, la loro gioia di poter servire quella gente. Anche
diversi movimenti ecclesiali e nuove comunità svolgono un notevole lavoro apostolico.
Quella del Kazakistan è una Chiesa missionaria che con fiducia guarda il futuro.