Dopo l’appello alla “solidarietà” di Benedetto XVI, anche i vari episcopati latinoamericani
hanno invitato, in diversi comunicati, le rispettive Caritas nazionali e tutti gli
uomini di buona volontà a offrire aiuti concreti per le vittime del violento terremoto
che mercoledì ha colpito il Perù centromeridionale e, in particolare, la località
di Pisco. Al momento, sono circa 500 i morti accertati, con oltre mille feriti e 33.200
senzatetto. Scene di panico, ma nessuna vittima, per una nuovo sisma di 4,1 gradi
della scala Richter abbattutosi ieri sera nel nord del Perù. E mentre, gradualmente,
cominciano a giungere i primi aiuti, da tre giorni, oltre 20 mila terremotati sono
senza acqua, né cibo, e dormono per le strade, preoccupandosi solo di proteggere dagli
sciacalli quel che resta delle loro case. E sono molti, tra cui il presidente peruviano,
Alan Garcia, a credere che alla fine le perdite saranno molto più gravi. Basti pensare
che nella chiesa di San Clemente a Pisco, al momento del sisma e del crollo del soffitto,
si trovavano 300 fedeli, e che i cadaveri recuperati finora sono solo 50. Tra i dispersi,
anche due suore delle Figlie della Carità di origine peruviana, mentre padre José
Torres, che stava celebrando la Messa, è stato estratto vivo ieri sera. La sicura
presenza di corpi sotto le macerie fa temere fra l’altro una crisi igenico-sanitaria
e, per questo, la rimozione dei detriti a Pisco e a Ica è stata intensificata con
l’aiuto di mezzi pesanti. Un elicottero di soccorso, intanto, è precipitato mentre
portava aiuti ai terremotati delle zone costiere meridionali. Il bilancio è di almeno
sei feriti. E mentre la Croce Rossa Internazionale lancia da Ginevra un appello alla
raccolta di un milione di euro, si moltiplicano gli aiuti dei Paesi donatori, delle
varie Caritas nazionali e delle organizzazioni umanitarie. La Commissione Europea
ha intanto raddoppiato a due milioni di euro i fondi destinati alla popolazione colpita.
(A cura di Roberta Moretti)