2007-08-16 15:20:03

Unanime condanna contro gli attacchi che hanno colpito la comunità irachena degli Yazidi, causando centinaia di morti


In Iraq, almeno 9 persone hanno perso la vita, stamani, per l’esplosione di un’autobomba a Baghdad. E’ salito poi ad almeno 250 morti il bilancio, ancora provvisorio, degli attentati compiuti sabato sera nel nord del Paese contro la comunità religiosa degli Yazidi. Ma il bilancio, già pesantissimo, sembra destinato ad aggravarsi: sono ancora molti i dispersi e alcune fonti parlano di oltre 500 vittime. Il servizio di Amedeo Lomonaco:RealAudioMP3


I soccorritori cercano ancora corpi tra le macerie di diversi edifici completamente distrutti. Le modalità degli attacchi non sembrano lasciare molti dubbi: secondo l’esercito americano dietro l’attacco multiplo, il più grave dall’inizio della guerra nel 2003, c’è molto probabilmente la mano di Al Qaeda. Agli attentati kamikaze, che hanno colpito gli Yazidi, di origine prevalentemente curda e considerati infedeli dai gruppi militanti sunniti, è seguita l’immediata, dura condanna da parte della comunità internazionale. Il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, si è detto “traumatizzato e rattristato” e ha ribadito l’urgente necessità di una effettiva cooperazione tra tutte le forze politiche irachene per proteggere i civili e per promuovere un’autentica riconciliazione nazionale. I leader iracheni, compreso il primo ministro sciita Nouri al Maliki ed il presidente curdo Jalal Talabani, hanno subito condannato gli atroci attentati e hanno disposto l’apertura di un’indagine. Il capo di Stato ed il primo ministro hanno anche annunciato la nascita di un accordo “per rilanciare il processo politico” cui aderiscono i maggiori partiti curdi e sciiti. Nel nord dell’Iraq, le autorità hanno poi forzato le misure di sicurezza e, nell’area al confine con la Siria, è stato imposto il coprifuoco totale. Ma le violenze continuano: almeno quattro persone, tra cui un bambino, sono rimaste uccise ieri sera a causa di un attacco sferrato nel distretto curdo della città di Mosul.

In Iraq, l’appartenenza ad una minoranza, si conferma purtroppo una delle leve usate dai terroristi per alimentare l’odio e rendere insicuro il Paese. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, il Visitatore apostolico per i fedeli caldei in Europa, mons. Philip Najim:RealAudioMP3


R. – Questi attentati dimostrano l’odio per tutta la popolazione irachena da parte di quelli che vogliono creare divisione in Iraq e che vogliono demolire il Paese. Attaccare queste piccole comunità che vivono in Iraq da migliaia di anni e che sono native del Paese, dimostra che non vogliono che la pace e la prosperità progrediscano nel Paese; è un atto veramente terroristico – da noi tutti condannato – contro l’uomo, contro la popolazione irachena.

 
D. – Cosa serve per rendere le minoranze parte integrante dello Stato iracheno?

R. – Fanno parte del popolo iracheno, questa è la composizione del popolo iracheno, di questo ‘giardino iracheno’ che è composto da tante etnie e diverse comunità. L’Iraq non è di nessuno, è di tutti gli iracheni. Come ci sono gli sciiti, i sunniti, i cristiani, i turcomanni e i curdi ci sono anche altre etnie. Ogni membro di questo popolo iracheno ha il diritto di essere rispettato, il diritto di vivere nel Paese; devono essere garantiti i diritti di tutti dalla Costituzione irachena. Ma io non vedo, praticamente, nessuna democrazia oggi in Iraq. Il governo iracheno non si rende conto della sua responsabilità verso tutta la popolazione.

 
D. Il governo curdo ha garantito finora misure di sicurezza per tutelare la comunità degli Yazidi, presenti soprattutto nel Kurdistan iracheno?

 
R. – Praticamente, il governo curdo garantisce quello che può garantire secondo le sue possibilità; però c’è uno Stato iracheno, c’è un governo, che è stato formato secondo la Costituzione. Deve essere responsabile verso questa popolazione. Non può esserci un governo iracheno, composto da tante etnie, che non guarda gli interessi del popolo iracheno; oggi come oggi, il minimo che si possa garantire per la sicurezza della popolazione, non viene fatto.

- In Afghanistan, anche oggi le forze della coalizione guidata dagli Stati Uniti sono impegnate nella vasta offensiva contro le milizie talebane, asserragliate nelle grotte di Tora Bora. Intanto, i talebani hanno annunciato che a breve potrebbero riprendere le trattative per la liberazione dei 19 ostaggi sudcoreani, mentre il ministro della Difesa britannico ha accusato l’Iran di armare gli integralisti islamici. Il nostro servizio:RealAudioMP3


In Afghanistan prosegue la vasta offensiva della coalizione internazionale contro i miliziani talebani vicini ad al Qaeda, nascosti nelle montagne di Tora Bora, nei pressi del confine con il Pakistan. Si tratta di un’operazione congiunta, condotta da forze statunitensi e afgane, con mezzi aerei e terrestri. Finora non è trapelato alcun bilancio sul numero delle vittime, tuttavia il portavoce della coalizione guidata dagli Stati Uniti ha riferito che al momento non se ne contano molte e che i tiri di precisione hanno “consentito di evitare feriti o morti tra i civili”. Sembra poi che si stia aprendo qualche spiraglio sul fronte delle trattative per 19 ostaggi sudcoreani ancora nelle mani dei miliziani: il portavoce dei talebani ha infatti annunciato che a breve dovrebbero riprendere, nella sede della Croce Rossa a Ghazni, nel sud del Paese, le trattative tra la delegazione di Seul e i talebani, che continuano a porre come condizione per il rilascio degli ostaggi la liberazione di alcuni miliziani detenuti nelle prigioni di Kabul. La notizia non è stata, però, confermata dalle autorità sudcoreane. Si registrano, infine, le dichiarazioni del ministro della Difesa britannico Des Browne, che in un'intervista al quotidiano The Guardian ha accusato l'Iran di addestrare e armare le milizie talebane.

- “I Guardiani della Rivoluzione non solo non saranno isolati, ma continueranno a crescere in forza piuttosto attivamente". E’ la dura risposta dei pasdaran, i Guardiani della Rivoluzione iraniani, all’indomani della notizia che Washington starebbe per inserire il corpo militare iraniano nell'elenco delle organizzazioni terroristiche. Il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Sean McCormack, ha spiegato che questo atto permetterebbe di congelare i fondi dei pasdaran. Secondo Sean McCormack ormai è noto il “loro appoggio a una serie di gruppi che combattono contro le truppe in Iraq”.

- Almeno 214 morti e 80 dispersi: è il bilancio delle inondazioni che hanno colpito la Corea del Nord, stilato dalla Federazione della Croce Rossa e Mezza Luna Rossa (FICR). Le organizzazioni umanitarie presenti nella regione ora lanciano l'allarme sull’emergenza alimentare, dopo che le piogge monsoniche hanno messo letteralmente in ginocchio la produzione agricola del Paese riducendola di circa il 10 per cento.

- Si profila un'altra seduta di Borsa difficile a New York, sulla base dell’andamento dei contratti standard a termine in Europa. Ad andar male, oggi, sono in particolare i prodotti finanziari. Nelle ultime ore, anche le borse asiatiche hanno chiuso in forte ribasso e gli effetti si sono fatti sentire sulle borse europee, che hanno aperto con forti perdite. La crisi finanziaria si è aperta ormai da diverse settimane in seguito alla crisi dei mutui americani e a nulla sono valse le forti iniezioni di liquidità da parte delle diverse Banche centrali. Sulle ragioni della crisi, il commento di Ugo Bertone, direttore di "Finanza e Mercati". L’intervista è di Stefano Leszczynski.RealAudioMP3


R. – All’origine di un castello di carte c’è una montagna di prestiti dubbi, che di qui a qualche mese, molto probabilmente, daranno luogo a delle insolvenze. Questo si trasmette come un circolo vizioso un po’ a tutte le "cattedrali" della grande finanza: da Morgan Stanley, a Goldman Sacks e via dicendo.

 
D. – Non si può ricondurre la responsabilità di questo eccesso di credito al fatto che i tassi di interesse così bassi inevitabilmente avrebbero portato ad una richiesta di prestiti da parte dei privati?

R. – Infatti, un livello basso del credito, come viene invocato spesso dai politici, ha come conseguenza l’innalzamento pauroso dell’azzardo finanziario e la caduta di quella naturale difesa, di quella naturale cautela di fronte al rischio, che può portare a dei grossi drammi.

 
D. – Quelli sulle borse europee sono soltanto effetti derivati dal colpo subito dalla borsa americana o c’è qualcosa che non va anche in Europa?

 
R. – L’Europa è sicuramente più sana. Però, in questo momento, siamo prodotti americani di fronte ad un’economia davvero globale. Le grandi banche europee sono fortemente esposte sui prodotti americani. Io direi che in Europa non esiste una crisi dei mutui, nel senso che i mutui europei sono estremamente più solidi, più affidabili ed anche un poco più antiquati. I prodotti del risparmio, però, o l’impegno delle grandi banche d’affari sono sicuramente molto, molto coinvolti dal mercato americano.

- “Lo scudo antimissile che gli Stati Uniti intendono istallare nell’Europa dell’Est rappresenta una minaccia per gran parte dei Paesi asiatici”. Lo ha detto il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, in occasione del vertice dell’Organizzazione della cooperazione di Shanghai, che si sta tenendo a Bishkek, capitale del Kirghizistan. L'Organizzazione della cooperazione di Shanghai è stata costituita nel 2001 e ne fanno parte Russia, Cina, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan e Kazakistan.

- Non si arresta l'ingente flusso di sbarchi che sta interessando le coste della Sicilia e della Sardegna. Un gommone di 10 metri con circa 50 immigrati a bordo è stato intercettato a circa 37 miglia a sud di Lampedusa. Stamani, poi, un gruppo di 22 clandestini è riuscito a raggiungere direttamente la costa dell’isola. Nella notte sono inoltre state soccorse e condotte nel porto di Cagliari due imbarcazioni che trasportavano rispettivamente 10 e 12 immigrati algerini. Sono intanto riprese nel canale di Sicilia le ricerche dei 14 dispersi dell'ultimo naufragio scoperto due giorni fa. Fino a questo momento sono stati recuperati i cadaveri di sette persone. Infine, sul fronte politico è intervenuto il ministro degli Interni italiano, Giuliano Amato, che alla luce delle cronache degli ultimi giorni ha auspicato che “il governo libico si convinca a sottoscrivere, al più presto, accordi per consentire pattugliamenti vicino alle sue coste”. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

  
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 228

 

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