Il cristiano non è possessivo, né del mondo né della storia: così, il teologo padre
Rupnik commenta l’Angelus di Benedetto XVI, ieri a Castel Gandolfo
Vivere con lo sguardo verso l’alto, spendere la propria esistenza in modo saggio e
previdente, considerando attentamente il nostro destino: è l’esortazione rivolta dal
Papa ai fedeli, ieri all’Angelus a Castel Gandolfo. Benedetto XVI ha così ricordato
che sulla terra “siamo solo di passaggio” e dobbiamo dunque prepararci ad incontrare
Gesù, con una costante tensione verso il cielo. Sulle parole del Papa, Alessandro
Gisotti ha intervistato il teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:
R. –
Mi sembra che il punto di partenza sia la verità del cristiano, cioè la sua identità.
Noi riceviamo la vita nel Battesimo. Noi non abbiamo nessun’altra vita se non quella
ricevuta dal Battesimo. E nel Battesimo, noi riceviamo la vita che è di Dio. Dunque,
la vocazione del cristiano è la comunione con Dio e questa vita ricevuta da Dio, che
è appunto la comunione. Anche questa vita, infatti, noi non la riceviamo individualmente,
ma la riceviamo nel grembo della Chiesa. Penso che semplicemente considerare seriamente
l’identità del cristiano, la sua verità, significa sapere che noi abbiamo la patria
nella comunione misteriosa di un amore che non si esaurisce mai, che non si scruta
mai fino in fondo e che noi o viviamo da quella fonte, o non viviamo.
D.
– La gioia vera non deriva dai beni materiali che sono beni illusori: ecco, l’avvertimento
del Pontefice è particolarmente urgente oggi, in una società – lo sappiamo – così
permeata da tendenze materialiste e che a volte tende ad elevare a stile di vita il
consumismo ...
R. – Noi non arriveremo mai a vivere
la pienezza di questa comunione che Dio ci riserva e custodisce per l’escatologia,
per i tempi compiuti e la fine del mondo ... noi non ci arriveremo mai se non la viviamo
già oggi, nella nostra dimensione storica. Io penso che le cose possedute, questo
prendere le cose e tenerle per se stessi, questo significa proprio far morire le cose.
Le cose diventano immediatamente morte, mute, non parlano più, non comunicano più
niente. Basta pensare di nuovo al Battesimo e a tutti i Sacramenti. Come dicono tanti
Padri della Chiesa, soprattutto i Padri siriaci, orientali, è nei Sacramenti che la
materia diventa veramente così come è nella volontà del Creatore.
D.
– Il Papa ha rammentato all’Angelus che i primi cristiani vivevano e si consideravano
forestieri quaggiù, sulla Terra, e viene alla mente la Lettera a Diogneto in cui dei
cristiani si dice che “abitano il mondo ma non sono del mondo”. Eppure, questo non
è un invito a voltare le spalle alle sofferenze del mondo ... Anche ieri il Santo
Padre, dopo l’Angelus, ha lanciato un accorato appello per le popolazioni del Sudest
asiatico colpite dalle terribili inondazioni di questi giorni ...
R.
– E proprio questo è veramente l’atteggiamento del cristiano. Questo disinteresse,
in un certo senso, che il cristiano ha per il mondo, ha a che fare con la questione
del possesso del mondo. Il cristiano non è possessivo, né del mondo né della storia
perché la storia non va secondo ciò che pensa il cristiano, perché Cristo stesso si
è manifestato all’interno del travaglio della storia. Il cristiano non possiede, non
è possessivo neanche nelle relazioni. La vocazione del cristiano è – come dice San
Paolo – “vivere le cose come se non”, il che non vuol dire lasciar perdere le cose
ma vuol dire comunque sapere che l’ultima parola è del Signore. Non bisogna avere
un atteggiamento aggressivo anche verso la storia, come se noi sapessimo come sarebbe
bello se la storia andasse in un senso che noi vogliamo e così ci sforziamo che deve
andare così: questo non è cristiano! Perché Cristo stesso non ha fatto così! Tuttavia,
all’interno di qualsiasi scenario storico, il cristiano trova la situazione ideale
per rivelare ciò che lui è: comunione con Dio e con gli uomini.