2007-08-12 12:56:15

Nell’odierna Giornata internazionale della Gioventù, promossa dall’ONU, la riflessione del portavoce della CEI, don Domenico Pompili, sulla Chiesa e i giovani


L’energia e l’idealismo dei giovani possono aiutarci a promuovere lo sviluppo dei Paesi più poveri: è quanto sottolinea il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, nel messaggio per l’odierna Giornata Internazionale della Gioventù, promossa dalle Nazioni Unite. Nella ricorrenza, Ban Ki-moon chiede anche che i governi tengano in considerazione le esigenze dei giovani, i loro bisogni. Piuttosto che considerare la gioventù come parte del problema, avverte il segretario generale dell’ONU, bisogna incoraggiare il loro potenziale. Per una riflessione sull’importanza che la Chiesa riserva da sempre alla gioventù, Luis Badilla ha intervistato Domenico Pompili, direttore dell’ufficio per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana:RealAudioMP3


R. – Credo che “investire” sui giovani significhi “investire sul domani” essendo i giovani coloro che tradurranno in concreto le aspirazioni, i progetti, gli ideali di oggi dando così una continuità all’esperienza umana. Perciò, per la Chiesa, che vive della tradizione, ovvero della capacità di trasmettere i contenuti essenziali della fede intorno all’esperienza dell’uomo, è necessario che ci siano altre generazioni che si facciano interpreti di queste medesime tradizioni. Effettivamente i connotati dei giovani cambiano a seconda delle epoche storiche. Quindi, l’analisi di una giovinezza prolungata, che sembra non arrivare mai a delle scelte definitive corrisponde un po’ a questo nostro mondo occidentale nel quale, per una serie di circostanze, e non è esclusa quella di tipo economico-sociale, c’è un permanente rinvio delle scelte definitive. E tuttavia, la Chiesa da questo punto di vista, mi pare, voglia accompagnare questa difficoltà generazionale ad assumere il rischio della scelta attraverso, anzitutto, di una prossimità, e cioè stare accanto ad un giovane mettendosi in ascolto prima ancora di assumere l’atteggiamento di colui che vuole giudicare. E poi avendo anche l’audacia, mi riferisco alla Chiesa, di proporre ai giovani delle mete impegnative, non attardandosi in quello che già si è, bensì cercando di fare intendere loro che è possibile qualche meta ulteriore rispetto a se stessi. In fondo, il Vangelo, direi più estesamente l’esperienza della fede, è un’esperienza connotata dall’esodo; dalla capacità di saper uscire dalla situazione data e andare verso qualcosa di nuovo e di inedito. I giovani, da questo punto di vista, sono quelli maggiormente capaci di recepire quest’istanza.

 
D. - Dal punto di vista della missione della Chiesa è fondamentale l’evangelizzazione dei giovani. Secondo lei, costituiscono anche una forza trainante di questo compito evangelizzatore?
 
R. - Certamente i giovani possono e sono, effettivamente, capaci di trasmettere il Vangelo con la loro esperienza. E sicuramente i giovani sono i migliori missionari presso gli altri giovani nel senso che nessuno più di loro può avere credibilità presso i propri coetanei. Da questo punto di vista la Chiesa investe sui giovani perché ritiene che senza avere dei cristiani giovani sia difficile fare intendere che il Vangelo è giovane. La capacità di saper rendere contemporaneo il Vangelo è legata alla capacità di persone, in carne e ossa, che lo interpretino nella loro vita quotidiana. I giovani da questo punto di vista, quindi, hanno una valore aggiunto rispetto ai loro coetanei se si fanno anche loro portatori del Vangelo.







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