Nell’odierna Giornata internazionale della Gioventù, promossa dall’ONU, la riflessione
del portavoce della CEI, don Domenico Pompili, sulla Chiesa e i giovani
L’energia e l’idealismo dei giovani possono aiutarci a promuovere lo sviluppo dei
Paesi più poveri: è quanto sottolinea il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon,
nel messaggio per l’odierna Giornata Internazionale della Gioventù, promossa dalle
Nazioni Unite. Nella ricorrenza, Ban Ki-moon chiede anche che i governi tengano in
considerazione le esigenze dei giovani, i loro bisogni. Piuttosto che considerare
la gioventù come parte del problema, avverte il segretario generale dell’ONU, bisogna
incoraggiare il loro potenziale. Per una riflessione sull’importanza che la Chiesa
riserva da sempre alla gioventù, Luis Badilla ha intervistato Domenico Pompili,
direttore dell’ufficio per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana:
R.
– Credoche “investire” sui giovani significhi “investire sul
domani” essendo i giovani coloro che tradurranno in concreto le aspirazioni, i progetti,
gli ideali di oggi dando così una continuità all’esperienza umana. Perciò, per la
Chiesa, che vive della tradizione, ovvero della capacità di trasmettere i contenuti
essenziali della fede intorno all’esperienza dell’uomo, è necessario che ci siano
altre generazioni che si facciano interpreti di queste medesime tradizioni. Effettivamente
i connotati dei giovani cambiano a seconda delle epoche storiche. Quindi, l’analisi
di una giovinezza prolungata, che sembra non arrivare mai a delle scelte definitive
corrisponde un po’ a questo nostro mondo occidentale nel quale, per una serie di circostanze,
e non è esclusa quella di tipo economico-sociale, c’è un permanente rinvio delle scelte
definitive. E tuttavia, la Chiesa da questo punto di vista, mi pare, voglia accompagnare
questa difficoltà generazionale ad assumere il rischio della scelta attraverso, anzitutto,
di una prossimità, e cioè stare accanto ad un giovane mettendosi in ascolto prima
ancora di assumere l’atteggiamento di colui che vuole giudicare. E poi avendo anche
l’audacia, mi riferisco alla Chiesa, di proporre ai giovani delle mete impegnative,
non attardandosi in quello che già si è, bensì cercando di fare intendere loro che
è possibile qualche meta ulteriore rispetto a se stessi. In fondo, il Vangelo, direi
più estesamente l’esperienza della fede, è un’esperienza connotata dall’esodo; dalla
capacità di saper uscire dalla situazione data e andare verso qualcosa di nuovo e
di inedito. I giovani, da questo punto di vista, sono quelli maggiormente capaci di
recepire quest’istanza.
D. - Dal punto di vista
della missione della Chiesa è fondamentale l’evangelizzazione dei giovani. Secondo
lei, costituiscono anche una forza trainante di questo compito evangelizzatore? R.
-Certamente i giovani possono e sono, effettivamente, capaci
di trasmettere il Vangelo con la loro esperienza. E sicuramente i giovani sono i migliori
missionari presso gli altri giovani nel senso che nessuno più di loro può avere credibilità
presso i propri coetanei. Da questo punto di vista la Chiesa investe sui giovani perché
ritiene che senza avere dei cristiani giovani sia difficile fare intendere che il
Vangelo è giovane. La capacità di saper rendere contemporaneo il Vangelo è legata
alla capacità di persone, in carne e ossa, che lo interpretino nella loro vita quotidiana.
I giovani da questo punto di vista, quindi, hanno una valore aggiunto rispetto ai
loro coetanei se si fanno anche loro portatori del Vangelo.