2007-08-10 15:11:03

Emergenza acqua potabile in Asia per le alluvioni


In Vietnam, sono almeno 65 i morti e 270mila le persone prive di acqua e cibo a causa delle piogge torrenziali degli ultimi giorni. Vittime anche in Pakistan: a Karachi, almeno 11 persone sono morte colpite dalle piogge torrenziali. Continua, intanto, nell’Asia meridionale, l’emergenza alluvioni, dopo circa 3 mesi di piogge monsoniche. India, Bangladesh e Nepal le regioni più colpite, oltre 2mila le vittime e almeno 30 milioni gli sfollati. Ma quali sono, attualmente, le emergenze più importanti? Isabella Piro lo ha chiesto ad Alice Grecchi, responsabile comunicazione dell’ONG Action Aid, che opera anche in Asia:RealAudioMP3


R. – Chiaramente le aree più colpite riguardano i villaggi e i distretti di persone che vivono a stretto contatto con i corsi d’acqua. Per fare un esempio, in Bangladesh sono stati colpiti 64 distretti e in 41 di questi le persone hanno dovuto abbandonare le case. L’emergenza più grave, al momento, è quella dell’acqua potabile. Sicuramente la grossa conseguenza che hanno le alluvioni sulla popolazione è un incremento di malattie legate alla contaminazione dell’acqua, quindi, le malattie ad essa connessa, come il colera, la dissenteria, l’epatite...

 
D. – Si prevedono altre piogge, nei prossimi giorni?

 
R. – La stagione dei monsoni non è finita, anzi. Quindi, c’è da aspettarsi nuove piogge nei prossimi giorni e nelle prossime settimane. Queste piogge riguarderanno non solo il Bangladesh, ma tutta l’area colpita: dall’India, al Pakistan, al Nepal. In Nepal, per esempio, la problematica attuale è anche rappresentata dalle frane, che sono state provocate dalle piogge torrenziali.

 
D. – Le fasce più deboli della popolazione, ad esempio i bambini, come stanno vivendo l’emergenza?

 
R. – I bambini, insieme alle donne e agli anziani, sono le persone più vulnerabili. Da sempre, in qualsiasi emergenza, sono più soggetti a malattie. Le strutture scolastiche chiudono. Dall’emergenza ne consegue tutta una serie di effetti e situazioni che, comunque, tendono a minare lo sviluppo dei minori.

 
D. – Come si può intervenire per prevenire simili catastrofi?

 
R. – Il lavoro di prevenzione è fondamentale, ma deve essere fatto nell’ottica di mettere al centro di tutto il processo le persone e i poveri che sono colpiti da queste emergenze. Quindi, non una prevenzione asettica e fatta senza il coinvolgimento delle comunità. Consideriamo anche che le popolazioni del posto hanno un grosso sapere acquisito, che va dalle tradizioni che si hanno da decenni. Quindi, è anche su quelle che bisogna lavorare e sfruttare le capacità che la popolazione ha e fare formazione sui giovani, perché essi imparino a sapere prevenire dove possibile. Saper gestire le fasi di emergenza permette anche di ridurre gli effetti. La modalità, per esempio, di lavoro di Action Aid prevede personale locale. Quindi, al momento attuale, noi abbiamo i colleghi rappresentanti di vari Paesi, fra cui soprattutto quelli delle aree colpite che stanno lavorando a stretto contatto con le comunità, in termini di fornitura di materie prime: cibo, tende, un alloggio. Il rischio di un aiuto sterile produce poi popolazioni che non sono più autonome.

 
D. – La comunità internazionale come può portare il proprio aiuto alle zone disastrate?

 
R. – Quello che serve è una risposta immediata ed unanime di fronte a questa emergenza. Non ci sono emergenze di ‘serie a’ e di ‘serie b’, ma ci sono emergenze che vanno affrontate. Proprio perché quello che va poi ad essere tutelato è appunto il diritto di queste persone ad un recupero e ad un ritorno alla situazione pre-emergenza.







All the contents on this site are copyrighted ©.