2007-08-10 11:58:59

A Notre-Dame le esequie del cardinale Lustiger. Il Papa: grande figura della Chiesa, promotore del dialogo fraterno tra cristiani ed ebrei


In un clima di grande commozione, si sono svolte stamani a Parigi, nella Cattedrale di Notre-Dame, le esequie del cardinale Jean-Marie Lustiger, arcivescovo emerito della città, spentosi domenica scorsa all’età di 80 anni dopo una lunga malattia. Letto un messaggio di Benedetto XVI. Il servizio di Sergio Centofanti.RealAudioMP3


La cerimonia funebre si è svolta in due fasi. Una prima, sul sagrato di Notre-Dame: si sono ricordate le origini del cardinale Lustiger, che era di famiglia ebrea, con la lettura del salmo 113 e la tradizionale preghiera ebraica per i morti. Il cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha poi presieduto la celebrazione a nome del Santo Padre all’interno della cattedrale. Presenti numerosi cardinali e vescovi. Al rito hanno partecipato anche il presidente francese Nicolas Sarkozy, che ha interrotto le sue vacanze negli Stati Uniti, e il primo ministro François Fillon. Il cardinale Poupard ha letto un messaggio di Benedetto XVI in cui il Papa definisce il cardinale Lustiger “una grande figura della Chiesa, rispettata da tutti”. Il Pontefice ha ricordato che il porporato “ha sopportato pazientemente” la sua dolorosa malattia “con un grande coraggio, nella fede”. “Pastore appassionato della ricerca di Dio e dell’annuncio del Vangelo” e “uomo di grande spiritualità” - ha aggiunto il Papa - il cardinale Lustiger ha cercato “di consolidare la fede e di sviluppare l’impegno missionario dei fedeli, favorendo anche una solida formazione dei sacerdoti e dei laici”. “La sua preoccupazione di rendere presente il Vangelo nella vita della società – si legge ancora nel messaggio del Papa – lo ha condotto a incontrare gli uomini del nostro tempo, portando la luce dell’insegnamento della Chiesa sulle grandi questioni" che interpellano la coscienza. “Fedele alle sue origini – conclude Benedetto XVI – ha contribuito in maniera particolarmente significativa al dialogo fraterno tra cristiani ed ebrei”. L'arcivescovo di Parigi, André Vingt-Trois, che ha tenuto l'omelia, ha ricordato la "personalità eccezionale" del suo predecessore, definendolo "maestro spirituale". Il premier francese Fillon, da parte sua, ha detto in un'intervista che il cardinale Lustiger “ha fatto molto per il dialogo tra le religioni, ma anche per il dialogo tra Chiesa e Stato”. Ascoltiamo la testimonianza del cardinale Paul Poupard, raggiunto telefonicamente a Parigi da Giovanni Peduto:

 
R. – Il cardinale Lustiger era una persona tutta d’un pezzo, una persona decisa, una persona che aveva una presenza forte anche nel fisico, nel corpo, nel volto molto aperto, nei suoi occhi penetranti. Si respirava, incontrandolo, anche prima che aprisse bocca, una presenza forte, attraverso la quale si poteva scoprire che viveva come San Paolo. “Per me vivere è Cristo”: potrei riassumere tutto così. Afferrato da Cristo come San Paolo, in tutta la sua vita di sacerdote, poi di vescovo e arcivescovo di Parigi, c’è stato sempre Cristo.

 
D. - Qual è stato il suo ruolo nel dialogo col mondo ebraico, lui che era di famiglia ebrea?

 
R. – E’ stato un lavoro unico, perché essendo di famiglia ebrea, da solo ha scoperto il Vangelo. Durante la guerra era ad Orléans, presso una famiglia cattolica ed un Venerdì Santo ascoltò il mistero nella cattedrale. Si fece battezzare a 14 anni. Sua madre fu deportata e morì in un campo di concentramento e fu un dramma terribile. Poi, con la liberazione, suo padre, rimasto ebreo, avrebbe voluto farlo abiurare, ma il giovane Jean Marie resistette. Per sintetizzare quello che è stato il suo atteggiamento, egli ricevette come nome di battesimo Jean Marie, ma conservò il suo nome ebreo Aron, conservando la sua doppia ed unica personalità, Jean Marie Aron Lustiger. All’inizio, naturalmente, ricordo, quando divenne arcivescovo di Parigi - ero rettore dell’Institut Catholique - ci furono delle forti incomprensioni da una parte del mondo ebreo e lui ne soffrì molto. Dopo, però, le cose si sono approfondite e lui è stato molto rispettato per il lavoro unico che ha fatto, volto ad avvicinare, con Giovanni Paolo II, “i fratelli maggiori”. E lo mostrano tutte queste testimonianze stupende dei rabbini, al momento della sua morte.

 
D. - Era molto impegnato al fianco dei giovani…

 
R. – Per forza, perchè lui era rimasto giovane. Appena finito il suo seminario all’Institut Catholique di Parigi fu nominato cappellano degli studenti della Sorbona, la prestigiosa università di Parigi, e visse lì degli anni stupendi a fianco dei giovani, con i quali partecipava alla Parola di Dio e al culto di Gesù in Terra Santa. I pellegrinaggi sono rimasti famosi fra tutti i partecipanti, che ne parlano ancora oggi con grande emozione. Grande vicinanza ai giovani, dunque. Tutti noi abbiamo ancora il ricordo del successo stupendo della Giornata mondiale della gioventù a Parigi, dove milioni di giovani si sono riuniti, dal centro di Parigi, nel Campo di Marte, fino alla grande celebrazione della domenica. Ricordo un Jean Marie radioso con tutti questi giovani e con il Santo Padre.

 
D. - Uomo di dialogo e di verità: qual è stata la sua azione nella società francese?

 
R. – Nella società francese è stato un uomo con una parola forte, sempre libera da tutte le contingenze politiche, che fossero di destra o di sinistra o altro. Ha preso sempre posizione nei grandi dibattiti della società e questo gli è valso qualche inimicizia. Ma lui non ha mai esitato a dire la sua parola forte in nome di Cristo, in nome del Vangelo e così è divenuto una figura mediatica, carismatica, sempre ricercata da tutti e ascoltata con rispetto.

 
D. - Lei che ricordo personale ha del cardinale Lustiger?

 
R. – Il mio ricordo personale va al primo incontro che abbiamo avuto, io giovane seminarista di Angers e lui giovane seminarista di Parigi. Era il primo incontro universitario dei seminaristi dell’Università e da allora è passato mezzo secolo. Un uomo che, nei nostri ultimi incontri, mi diceva: “Paul”, come al nostro primo incontro di mezzo secolo fa, con un grande, grande sorriso e gli occhi festosi. Poi subito la conversazione verteva sull’incontro tra fede e cultura.







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