Uomo di fede e di dialogo, grande figura della Chiesa di Francia: così il Papa ricorda
il cardinale Lustiger, spentosi nella sua Parigi all’età di 80 anni. Il ricordo dei
cardinali Silvestrini e Tauran
Un Pastore appassionato della ricerca di Dio e impegnato nell’annuncio del Vangelo
al mondo, una grande figura della Chiesa di Francia: così, Benedetto XVI tratteggia
la figura del cardinale Jean Marie Lustiger, spentosi ieri all’età di 80 anni nella
sua Parigi, dopo una lunga malattia. Un notizia accolta dal Papa, con “viva emozione”.
In un telegramma indirizzato all’arcivescovo di Parigi, André Vingt-Trois, Benedetto
XVI esprime il suo profondo cordoglio per la morte del porporato e sottolinea il contributo
generoso di questo “uomo di fede e di dialogo” per la promozione di “relazioni più
fraterne tra cristiani ed ebrei”. Intellettuale brillante, rammenta il Pontefice,
il cardinale Lustiger “seppe mettere i suoi doni al servizio della fede per rendere
presente il Vangelo in tutti gli ambiti della vita della società” e non manca di mettere
l’accento sulla cura che dedicò in particolare ai giovani. Ancora, sottolinea che
nelle comunità nelle quali operò, “contribuì a sviluppare l’impegno missionario dei
fedeli” lavorando “per rinnovare la formazione dei sacerdoti e dei laici”. A ottobre
2006, era stato lo stesso cardinale Lustiger ad annunciare di essere sotto terapia
per “una grave malattia”. Il 10 febbraio scorso aveva incontrato per l’ultima volta
Benedetto XVI, durante un’udienza in Vaticano ad una delegazione dell’Accademia
di Scienze Politiche e Morali di Parigi. I funerali del porporato si svolgeranno
venerdì mattina nella Cattedrale di Notre Dame. Il servizio di Alessandro Gisotti:
(Musica)
Un
grande pastore, testimone coraggioso della fede, promotore del dialogo interreligioso.
In un certo senso, nella vita del cardinale Lustiger si riflettono e sintetizzano
tutti i drammi e le speranze del XX secolo. Nato a Parigi nel 1926 da genitori polacchi
di religione ebraica, durante l’occupazione nazista perse la madre nel famigerato
campo di sterminio di Auschwitz. Il piccolo Jean-Marie trovò rifugio presso una famiglia
di Orléans e qui si convertì al cattolicesimo. Battezzato all’età di 14 anni, entrò
nel seminario minore di Parigi e dopo essersi laureato in teologia e successivamente
in lettere presso la Sorbona venne ordinato sacerdote nel 1954. Ventincinque anni
dopo, fu nominato vescovo di Orleans, città tanto cara a Lustiger. Vi rimase per poco
più di un anno: nel 1981, infatti, Giovanni Paolo II lo promosse arcivescovo di Parigi
e due anni dopo lo creò cardinale. Un uomo di fede, un uomo del dialogo, dunque, come
sottolinea il cardinale Achille Silvestrini, intervistato da
Antonella Palermo:
R. – Quest’uomo
è veramente un grande testimone della fede del secolo scorso, non solo perché veniva
dalla tradizione ebraica, che l’aveva portato poi a Cristo, ma soprattutto perché
in Francia era una persona di grande rilievo. Lo ascoltavano, lo rispettavano, lo
ammiravano.
D. – Sul fronte del dialogo tra ebrei
e cristiani, lui si è impegnato moltissimo...
R.
– Sì, ovviamente, si è impegnato, anche se non trovava sempre corrispondenza, perché
da parte ebraica si faceva fatica ad accettare il fatto che lui fosse stato ebreo
e parlasse poi da cardinale cattolico. Credo che molti ebrei, però, ora lo ricorderanno
con ammirazione e con stima.
D. – Quindi, la sua
eredità come potremmo considerarla?
R. – Intanto,
la sua eredità è come arcivescovo di Parigi, come pastore, come testimone della fede
e poi del dialogo, perché non ha rinnegato mai i valori dell’ebraismo, ma anzi li
ha esaltati come prologo di quella che è la vita cristiana. Anche
il presidente francese, Nicolas Sarkozy, in vacanza negli Stati Uniti, ha espresso
la sua “tristezza” per la scomparsa, ha detto, di “una grande figura della vita spirituale,
morale, intellettuale e naturalmente religiosa” della Francia. Ad un porporato francese,
il cardinaleJean Louis Tauran, Antonella
Palermo ha chiesto un ritratto del cardinal Lustiger:
R.
– Il ricordo del cardinale Lustiger è soprattutto come grande confessore della fede.
E’ stato lui ad aver avuto il coraggio di mostrare la fecondità del cristianesimo
nella società francese e quanto poteva apportare al bene comune della società.
D.
– C’è poi, la sua collaborazione con Papa Giovanni Paolo II…
R.
– Giovanni Paolo II lo stimava moltissimo. Lo ha consultato tante volte, in particolare
durante le riunioni di Assisi. Quando veniva a Roma lo vedeva spesso. E Papa Giovanni
Paolo mi parlava frequentemente delle loro conversazioni. Aveva un grande rispetto
per lui. Ammirava il suo coraggio.
D. – Se dovesse
sintetizzare l’eredità di questo cardinale?
R. –
Direi, quella di non aver paura di essere, di mostrarsi cristiani nella società di
oggi. Tra i tanti incarichi rivestiti nei suoi anni al servizio
della Chiesa, rimane particolarmente toccante quello di Inviato del Papa ad Auschwitz,
in occasione del 60.mo anniversario della liberazione del lager nazista, il 27 gennaio
2005. Ecco le parole del cardinale Lustiger sulla tragedia dell’Olocausto:
“La
Shoah ci mostra fino a che punto sappia spingersi la follia umana, ci mostra di cosa
gli uomini siano capaci, ma anche la responsabilità mondiale dell’umanità tutta. E’
dunque necessario che le generazioni future siano educate a tale responsabilità, perché
la coscienza sia sempre vigile. L’ideologia nazista aveva una pretesa divina: aveva
coniato il motto 'Gott mit uns – Dio con noi'. In realtà diceva: 'Dio siamo noi'.
Ecco perché hanno cercato di uccidere gli ebrei. Volevano uccidere il messaggero per
sopprimere il messaggio. E hanno cercato di ucciderli tutti! Credo – ed è una mia
convinzione profonda – che il popolo ebreo continui ad essere portatore di quella
legge morale fondamentale che ha ricevuto dalla Rivelazione dei Dieci Comandamenti
che sono, nella traduzione laica, quelli che oggi chiamiamo 'i diritti dell’uomo',
a condizione di osservarne il rigore. Il popolo ebreo è anche portatore di una trascendenza
che l’ateismo occidentale è libero di rifiutare, di negare ma di cui la persona umana
reca in sé la traccia”. (Musica)