2007-08-06 14:12:56

Uomo di fede e di dialogo, grande figura della Chiesa di Francia: così il Papa ricorda il cardinale Lustiger, spentosi nella sua Parigi all’età di 80 anni. Il ricordo dei cardinali Silvestrini e Tauran


Un Pastore appassionato della ricerca di Dio e impegnato nell’annuncio del Vangelo al mondo, una grande figura della Chiesa di Francia: così, Benedetto XVI tratteggia la figura del cardinale Jean Marie Lustiger, spentosi ieri all’età di 80 anni nella sua Parigi, dopo una lunga malattia. Un notizia accolta dal Papa, con “viva emozione”. In un telegramma indirizzato all’arcivescovo di Parigi, André Vingt-Trois, Benedetto XVI esprime il suo profondo cordoglio per la morte del porporato e sottolinea il contributo generoso di questo “uomo di fede e di dialogo” per la promozione di “relazioni più fraterne tra cristiani ed ebrei”. Intellettuale brillante, rammenta il Pontefice, il cardinale Lustiger “seppe mettere i suoi doni al servizio della fede per rendere presente il Vangelo in tutti gli ambiti della vita della società” e non manca di mettere l’accento sulla cura che dedicò in particolare ai giovani. Ancora, sottolinea che nelle comunità nelle quali operò, “contribuì a sviluppare l’impegno missionario dei fedeli” lavorando “per rinnovare la formazione dei sacerdoti e dei laici”. A ottobre 2006, era stato lo stesso cardinale Lustiger ad annunciare di essere sotto terapia per “una grave malattia”. Il 10 febbraio scorso aveva incontrato per l’ultima volta Benedetto XVI, durante un’udienza in Vaticano ad una delegazione dell’Accademia di Scienze Politiche e Morali di Parigi. I funerali del porporato si svolgeranno venerdì mattina nella Cattedrale di Notre Dame. Il servizio di Alessandro Gisotti:RealAudioMP3

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Un grande pastore, testimone coraggioso della fede, promotore del dialogo interreligioso. In un certo senso, nella vita del cardinale Lustiger si riflettono e sintetizzano tutti i drammi e le speranze del XX secolo. Nato a Parigi nel 1926 da genitori polacchi di religione ebraica, durante l’occupazione nazista perse la madre nel famigerato campo di sterminio di Auschwitz. Il piccolo Jean-Marie trovò rifugio presso una famiglia di Orléans e qui si convertì al cattolicesimo. Battezzato all’età di 14 anni, entrò nel seminario minore di Parigi e dopo essersi laureato in teologia e successivamente in lettere presso la Sorbona venne ordinato sacerdote nel 1954. Ventincinque anni dopo, fu nominato vescovo di Orleans, città tanto cara a Lustiger. Vi rimase per poco più di un anno: nel 1981, infatti, Giovanni Paolo II lo promosse arcivescovo di Parigi e due anni dopo lo creò cardinale. Un uomo di fede, un uomo del dialogo, dunque, come sottolinea il cardinale Achille Silvestrini, intervistato da Antonella Palermo:

 
R. – Quest’uomo è veramente un grande testimone della fede del secolo scorso, non solo perché veniva dalla tradizione ebraica, che l’aveva portato poi a Cristo, ma soprattutto perché in Francia era una persona di grande rilievo. Lo ascoltavano, lo rispettavano, lo ammiravano.

 
D. – Sul fronte del dialogo tra ebrei e cristiani, lui si è impegnato moltissimo...

 
R. – Sì, ovviamente, si è impegnato, anche se non trovava sempre corrispondenza, perché da parte ebraica si faceva fatica ad accettare il fatto che lui fosse stato ebreo e parlasse poi da cardinale cattolico. Credo che molti ebrei, però, ora lo ricorderanno con ammirazione e con stima.

 
D. – Quindi, la sua eredità come potremmo considerarla?

 
R. – Intanto, la sua eredità è come arcivescovo di Parigi, come pastore, come testimone della fede e poi del dialogo, perché non ha rinnegato mai i valori dell’ebraismo, ma anzi li ha esaltati come prologo di quella che è la vita cristiana.
 
Anche il presidente francese, Nicolas Sarkozy, in vacanza negli Stati Uniti, ha espresso la sua “tristezza” per la scomparsa, ha detto, di “una grande figura della vita spirituale, morale, intellettuale e naturalmente religiosa” della Francia. Ad un porporato francese, il cardinale Jean Louis Tauran, Antonella Palermo ha chiesto un ritratto del cardinal Lustiger:

 
R. – Il ricordo del cardinale Lustiger è soprattutto come grande confessore della fede. E’ stato lui ad aver avuto il coraggio di mostrare la fecondità del cristianesimo nella società francese e quanto poteva apportare al bene comune della società.

 
D. – C’è poi, la sua collaborazione con Papa Giovanni Paolo II…

 
R. – Giovanni Paolo II lo stimava moltissimo. Lo ha consultato tante volte, in particolare durante le riunioni di Assisi. Quando veniva a Roma lo vedeva spesso. E Papa Giovanni Paolo mi parlava frequentemente delle loro conversazioni. Aveva un grande rispetto per lui. Ammirava il suo coraggio.

 
D. – Se dovesse sintetizzare l’eredità di questo cardinale?

 
R. – Direi, quella di non aver paura di essere, di mostrarsi cristiani nella società di oggi.
 
Tra i tanti incarichi rivestiti nei suoi anni al servizio della Chiesa, rimane particolarmente toccante quello di Inviato del Papa ad Auschwitz, in occasione del 60.mo anniversario della liberazione del lager nazista, il 27 gennaio 2005. Ecco le parole del cardinale Lustiger sulla tragedia dell’Olocausto:

 
“La Shoah ci mostra fino a che punto sappia spingersi la follia umana, ci mostra di cosa gli uomini siano capaci, ma anche la responsabilità mondiale dell’umanità tutta. E’ dunque necessario che le generazioni future siano educate a tale responsabilità, perché la coscienza sia sempre vigile. L’ideologia nazista aveva una pretesa divina: aveva coniato il motto 'Gott mit uns – Dio con noi'. In realtà diceva: 'Dio siamo noi'. Ecco perché hanno cercato di uccidere gli ebrei. Volevano uccidere il messaggero per sopprimere il messaggio. E hanno cercato di ucciderli tutti! Credo – ed è una mia convinzione profonda – che il popolo ebreo continui ad essere portatore di quella legge morale fondamentale che ha ricevuto dalla Rivelazione dei Dieci Comandamenti che sono, nella traduzione laica, quelli che oggi chiamiamo 'i diritti dell’uomo', a condizione di osservarne il rigore. Il popolo ebreo è anche portatore di una trascendenza che l’ateismo occidentale è libero di rifiutare, di negare ma di cui la persona umana reca in sé la traccia”.
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