2007-08-02 15:07:41

Le vacanze spirituali, un’opportunità per riscoprire l'unità fra corpo e anima: così il priore della Comunità di Bose Enzo Bianchi


Eremi, conventi, monasteri, abbazie, sono luoghi che, in questi mesi, in tanti scelgono per trovare silenzio, meditare e dedicare spazio alla propria interiorità. Le chiamano vacanze spirituali, ma come vivere meglio queste giornate lontani dalla routine quotidiana e dalle mete turistiche? E come intendere una vacanza spirituale? Tiziana Campisi lo ha chiesto ad Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose:RealAudioMP3


R. – Diciamo che è una vacanza, un fermarsi, un prendere le distanze dal quotidiano e soprattutto dal proprio lavoro. E’ un riposarsi, ma lasciando sempre spazio alla dimensione che non è solo corporale, ma anche spirituale e che coinvolge tutta la persona del cristiano. Si tratta, quindi, di dedicarsi ed esercitarsi all’interiorità, esercitarsi di più alla ricerca di Dio, cercare soprattutto di fare dei viaggi spirituali mentre si fanno dei viaggi geografici o turistici, in modo che anche la nostra dimensione, in cui lo Spirito Santo è certamente il grande protagonista sia coinvolta in quelle che sono le vacanze.

 
D. – Ma quali sono i frutti cui mira una persona che cerca una vacanza spirituale?

 
R. – Io credo che un primo frutto che si deve cercare è quello di una più grande umanizzazione. Davvero, quindi, riprodurre sempre di più, dentro di sé, quel capolavoro di vita umana che è la coscienza e che per noi credenti è soprattutto l’uomo Gesù che ci ispira e ci illumina. Gesù è davvero l’uomo al quale noi dobbiamo essere conformi e quindi, anche all’interno delle nostre vacanze, il conformare la nostra vita alla sua, il dedicarci agli altri, alla comunicazione, ma esercitarci anche alla comunione, esercitarci alla carità, esercitarci ad uno spirito di stupore e di ringraziamento, guardando la natura, guardando le opere d’arte, secondo me, fa parte della sequela cristiana. Tutto questo fa sì che la nostra vacanza non sia in contraddizione con la nostra più profonda vocazione, ma che sia il coronamento e ne sia la pienezza.

 
D. – Qualche volta si rischia di essere eccessivamente alla ricerca di una vacanza sprituale e di perderne lo spirito. Come ritrovarlo e come viverlo correttamente?

 
R. – Con una grande unità della persona e non dimenticando mai che, proprio questa unità tra corpo e spirito, è il Signore che ce l’ha data, è il Creatore che l’ha voluta. Di conseguenza, noi non dobbiamo mai opporre ciò che è esteriore a noi, a ciò che è interno; ciò che è spirituale, a ciò che fa parte della creazione, della natura. Noi dobbiamo perseguire questa unità della persona e quindi la nostra interiorità non può altro che essere un riverbero secondo lo spirito, secondo il cristianesimo, secondo i sentimenti che sono stati in Cristo Gesù, di tutte quelle realtà umane che sono in fase di trasfigurazione, perché lo Spirito Santo lavora in tutto l’universo.







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