2007-07-30 18:17:05

Iraq: emergenza umanitaria nel Paese. Otto milioni di iracheni in difficoltà, denutrito un bambino su tre


Ancora violenza in Iraq. Un’autobomba ha provocato la morte di 6 persone, 12 i feriti. L’esplosione è avvenuta nei pressi di una fermata dell’autobus nel centro di Bagdad. In un’operazione di rastrellamento nella provincia di Anbar, tre soldati americani sono rimasti uccisi. Con le ultime perdite salgono a 26 i militari americani uccisi in Iraq nel mese di luglio.

Nel Paese del Golfo cresce l’emergenza umanitaria: secondo un rapporto presentato oggi dalla ong inglese ‘Oxfam’, 8 milioni di iracheni hanno bisogno urgente di aiuti. I dati allarmanti parlano di povertà assoluta per il 43% della popolazione e di denutrizione per un bambino su tre. Mentre l’Unicef lancia un appello per la scolarizzazione, sempre più in calo. Il servizio di Isabella Piro: RealAudioMP3

 Ed in Iraq è il giorno dopo la festa per la vittoria della nazionale di calcio che - per la prima volta - si è aggiudicata la Coppa d'Asia. Nella finale a Giakarta, in Indonesia, gli iracheni hanno battuto per 1 a 0 l'Arabia Saudita. A segnare il gol della vittoria, il capitano Younes Mahmud, che ha guidato senza esitazioni una squadra di giocatori sciiti, sunniti e curdi. Proprio sulla vittoria di questa formazione unita solo dalla bandiera irachena, Giada Aquilino ha raccolto il commento di mons. Philip Najim, procuratore apostolico della comunità caldea in Europa: RealAudioMP3

R. - E’ l’autentica faccia dell’Iraq e della sua identità. Quella di ieri è stata davvero la squadra nazionale che rappresentava tutti gli iracheni: l’Iraq è sempre stato così, non c’è mai stata distinzione tra sciiti, sunniti, curdi o altre etnie locali. Un popolo unito dal gioco del calcio, uno sport che poi fa parte della cultura irachena.


D. – I tifosi hanno detto che i politici iracheni dovrebbero prendere esempio dai calciatori ed unire l’Iraq. E’ possibile?


R. – L’Iraq potrebbe anche essere come la squadra che ieri ha giocato e vinto, che ha lavorato per il popolo, per la bandiera e per la pace. L’auspicio è che i politici, se intenzionati davvero a impegnarsi a favore dell’uomo, riescano ad alleviare le sofferenze del Paese per creare un futuro nuovo e prosperoso.


D. – Perché non è stato possibile fino ad ora?


R. – Perché spesso i politici, nei rispettivi rami, hanno avuto interessi personali e non hanno dato la priorità alla Nazione e al popolo iracheno.


D. – Allo stadio di Giakarta, per la finale, c’era lo striscione: “La guerra non ucciderà mai il calcio”. Quali altre cose non riuscirà a fare la guerra?


R. – La guerra non può uccidere l’amore, la guerra non può uccidere la pace, la guerra non può uccidere l’uomo: magari lo uccide fisicamente ma non spiritualmente. Questo è lo spirito degli iracheni. Ciò che unisce gli iracheni, a prescindere che siano sunniti o sciiti, musulmani o cristiani, è la terra. Perciò la guerra e il terrorismo specialmente non riusciranno mai a fermare il processo iracheno verso la pace.


D. – Ci sono segnali di cambiamento?


R. – Certamente. La vittoria calcistica di ieri è stata una grande lezione e anche una grandissima sfida contro il terrorismo. I giocatori della nazionale hanno dato così una lezione al terrorismo e cioè che la volontà dell’iracheno, per raggiungere la meta della pace e di un avvenire migliore per il Paese, esiste davvero ed esisterà anche in futuro.










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