Il commento di mons. Valentinetti di "Pax Christi" all'appello del Papa contro le
guerre: ricercare la forza della non violenza e della giustizia sociale per superare
la logica dei conflitti
“Mai più la guerra!” Il Papa ha rinnovato ieri con vigore all’Angelus, da Lorenzago
di Cadore, l’appello della Chiesa “a perseguire con tenacia la via del diritto, a
rifiutare con determinazione la corsa agli armamenti, a respingere più in generale
la tentazione di affrontare nuove situazioni con vecchi sistemi”. Le parole di Benedetto
XVI sono riecheggiate in tutto il mondo tra chi pure tra mille difficoltà non rinuncia
ogni giorno a spendere tempo ed energie per costruire la pace. Roberta Gisotti
ha intervistato l’arcivescovo di Pescara Tommaso Valentinetti, presidente in
Italia di Pax Christi, il Movimento internazionale per la pace, sorto alla fine della
II Guerra mondiale, che oggi conta 60 mila affiliati in 30 Paesi, dei cinque Continenti:
D. -
Eccellenza, il Papa ha parlato “spazi di ‘inferno’” in questo mondo, citando poi le
vie già indicate da Benedetto XV negli anni del primo conflitto mondiale per costruire
la pace, come “la forza morale del diritto, il disarmo bilanciato e controllato, l’arbitrato
nelle controversie”. Sono passati quasi cento anni da allora, ma a che punto siamo
nella consapevolezza e soprattutto nella pratica di questi principi 'chiave' per evitare
il ricorso alle armi?
R. - Siamo molto lontani, purtroppo.
Soprattutto per quanto riguarda le questioni del disarmo. Mentre fino a qualche anno
fa le grandi superpotenze guidate dalle Nazioni Unite avevano di fatto messo nelle
loro agende il cammino del disarmo, anche quello riguardante le armi convenzionali,
purtroppo stiamo assistendo in questo ultimo periodo al riarmo di alcuni blocchi o
ex blocchi di potenze militari che in qualche modo stanno tornando a riempire gli
arsenali in maniera molto pericolosa. Questo certamente non favorisce la distensione
internazionale, non favorisce il dialogo e soprattutto non favorisce che l’inferno
della guerra possa essere scongiurato: quando ci sono delle armi in giro, prima o
poi bisognerà usarle.
D. - Il Papa ha ammonito anche
di "non affrontare nuove situazioni con vecchi sistemi". A che cosa voleva riferirsi
secondo lei?
R. - Sicuramente, i vecchi sistemi sono
quelli dello scontro di forza o il mostrare i muscoli. Il mostrare i muscoli alle
volte può avere un effetto dirompente, un effetto deterrente, ma la vera forza è quella
del dialogo, è quella della non violenza, è la forza soprattutto della ricerca di
una giustizia sociale. Non dobbiamo dimenticare che molte guerre che si stanno combattendo
in questo momento nel mondo sono il risultato di profonde ingiustizie sociali. Penso
al dramma della fame, delle risorse energetiche, dell’acqua che prima o poi sarà uno
dei grandi temi che dovremo affrontare seriamente - il famoso 'oro blu' - che metterà
grandemente in discussione la convivenza pacifica fra i popoli. Già ora, alcuni conflitti
si stanno combattendo proprio per l’acqua.
D. - Forse,
anche a questo Benedetto XVI voleva riferirsi parlando di "diritto delle genti", quale
fondamento del progetto cristiano di pace…
R. - Sicuramente
Benedetto XVI ha davanti a sé non solo le dichiarazioni di un secolo fa di Benedetto
XV. Ha davanti a sé il grande itinerario della Dottrina sociale della Chiesa e soprattutto
tutto quello che i Papi hanno scritto in questo secolo, riguardante appunto il problema
della guerra a partire dalla Pacem in Terris di Giovanni XXIII fino alle ultime
encicliche di Giovanni Paolo II. Qui, il problema comincia a porsi in maniera molto
molto diversa: il problema del diritto e del rispetto di ogni Nazione ad avere il
suo territorio e soprattutto il diritto ed il rispetto di ogni Nazione di avere la
capacità al suo sviluppo, il diritto e il rispetto delle Nazioni di vivere in pace
nel proprio territorio e soprattutto il diritto e il rispetto delle minoranze. Ci
sono delle minoranze che storicamente nel mondo non sono riconosciute e credo che
dobbiamo ripartire proprio da questi diritti per poter riprendere un itinerario per
ricostruire cammini di pace per l’umanità.