2007-07-23 14:40:37

Il commento di mons. Valentinetti di "Pax Christi" all'appello del Papa contro le guerre: ricercare la forza della non violenza e della giustizia sociale per superare la logica dei conflitti


“Mai più la guerra!” Il Papa ha rinnovato ieri con vigore all’Angelus, da Lorenzago di Cadore, l’appello della Chiesa “a perseguire con tenacia la via del diritto, a rifiutare con determinazione la corsa agli armamenti, a respingere più in generale la tentazione di affrontare nuove situazioni con vecchi sistemi”. Le parole di Benedetto XVI sono riecheggiate in tutto il mondo tra chi pure tra mille difficoltà non rinuncia ogni giorno a spendere tempo ed energie per costruire la pace. Roberta Gisotti ha intervistato l’arcivescovo di Pescara Tommaso Valentinetti, presidente in Italia di Pax Christi, il Movimento internazionale per la pace, sorto alla fine della II Guerra mondiale, che oggi conta 60 mila affiliati in 30 Paesi, dei cinque Continenti:RealAudioMP3


D. - Eccellenza, il Papa ha parlato “spazi di ‘inferno’” in questo mondo, citando poi le vie già indicate da Benedetto XV negli anni del primo conflitto mondiale per costruire la pace, come “la forza morale del diritto, il disarmo bilanciato e controllato, l’arbitrato nelle controversie”. Sono passati quasi cento anni da allora, ma a che punto siamo nella consapevolezza e soprattutto nella pratica di questi principi 'chiave' per evitare il ricorso alle armi?

 
R. - Siamo molto lontani, purtroppo. Soprattutto per quanto riguarda le questioni del disarmo. Mentre fino a qualche anno fa le grandi superpotenze guidate dalle Nazioni Unite avevano di fatto messo nelle loro agende il cammino del disarmo, anche quello riguardante le armi convenzionali, purtroppo stiamo assistendo in questo ultimo periodo al riarmo di alcuni blocchi o ex blocchi di potenze militari che in qualche modo stanno tornando a riempire gli arsenali in maniera molto pericolosa. Questo certamente non favorisce la distensione internazionale, non favorisce il dialogo e soprattutto non favorisce che l’inferno della guerra possa essere scongiurato: quando ci sono delle armi in giro, prima o poi bisognerà usarle.

 
D. - Il Papa ha ammonito anche di "non affrontare nuove situazioni con vecchi sistemi". A che cosa voleva riferirsi secondo lei?

 
R. - Sicuramente, i vecchi sistemi sono quelli dello scontro di forza o il mostrare i muscoli. Il mostrare i muscoli alle volte può avere un effetto dirompente, un effetto deterrente, ma la vera forza è quella del dialogo, è quella della non violenza, è la forza soprattutto della ricerca di una giustizia sociale. Non dobbiamo dimenticare che molte guerre che si stanno combattendo in questo momento nel mondo sono il risultato di profonde ingiustizie sociali. Penso al dramma della fame, delle risorse energetiche, dell’acqua che prima o poi sarà uno dei grandi temi che dovremo affrontare seriamente - il famoso 'oro blu' - che metterà grandemente in discussione la convivenza pacifica fra i popoli. Già ora, alcuni conflitti si stanno combattendo proprio per l’acqua.

 
D. - Forse, anche a questo Benedetto XVI voleva riferirsi parlando di "diritto delle genti", quale fondamento del progetto cristiano di pace…

 
R. - Sicuramente Benedetto XVI ha davanti a sé non solo le dichiarazioni di un secolo fa di Benedetto XV. Ha davanti a sé il grande itinerario della Dottrina sociale della Chiesa e soprattutto tutto quello che i Papi hanno scritto in questo secolo, riguardante appunto il problema della guerra a partire dalla Pacem in Terris di Giovanni XXIII fino alle ultime encicliche di Giovanni Paolo II. Qui, il problema comincia a porsi in maniera molto molto diversa: il problema del diritto e del rispetto di ogni Nazione ad avere il suo territorio e soprattutto il diritto ed il rispetto di ogni Nazione di avere la capacità al suo sviluppo, il diritto e il rispetto delle Nazioni di vivere in pace nel proprio territorio e soprattutto il diritto e il rispetto delle minoranze. Ci sono delle minoranze che storicamente nel mondo non sono riconosciute e credo che dobbiamo ripartire proprio da questi diritti per poter riprendere un itinerario per ricostruire cammini di pace per l’umanità.







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