Ad una settimana dalla pubblicazione, il cardinale indiano Toppo e il vescovo brasiliano
Santoro raccontano, ai nostri microfoni, come è stato accolto dai fedeli il Motu
Proprio sull’uso del Messale del 1962
I fedeli indiani hanno compreso che il tema della riconciliazione è alla base del
Motu ProprioSummorum Pontificum di Benedetto XVI. E’ quanto sottolinea
il cardinale Telesphore Placidus Toppo, arcivescovo di Ranchi, ad una settimana
dalla pubblicazione del documento sull’uso del Messale del 1962. In questa intervista
di Alessandro Gisotti, il cardinale Toppo, presidente della conferenza episcopale
indiana, mette l’accento sulle opportunità che possono essere colte dalla pubblicazione
del Summorum Pontificum:
R. –
We are all with the Holy Father because it is an initiative to … Siamo tutti
con il Santo Padre, perché questa è un’iniziativa volta a promuovere la riconciliazione
nella Chiesa cattolica. Apprezziamo la grande ricchezza della Chiesa. Quanto stabilito
dal Motu Proprio non è un’imposizione: è quello che la Chiesa ha fatto nel passato
e che molti fedeli apprezzano ancora: ce ne sono molti che sono legati a questa tradizione.
Ecco perché l’intenzione del Santo Padre è quella della riconciliazione, della valorizzazione
di questa tradizione per l’unità nella Chiesa. Trovo che sia un’iniziativa meravigliosa
e non ci trovo alcun tipo di imposizione per alcuno. E’ solo una forma di apprezzamento
per quello che già abbiamo, nel desiderio di portare riconciliazione tra i fedeli
per l’unità all’interno della Chiesa cattolica.
D.
– I fedeli in India comprendono le reali intenzioni del Papa, questo desiderio di
riconciliazione?
R. – It is not a problem, here in
India; it is not a problem at all, as it is in Europe, … Non è un problema,
qui in India, non è assolutamente un problema come in Europa. Forse solo a Bombay,
ma se ne sta occupando il vescovo: la Messa tridentina, lo ribadisco, non presenta
alcun problema. E’ molto apprezzata, e per coloro che lo desiderino, ovunque sia possibile
accontentarli, si celebrerà la Messa secondo l’antico rito. Noi in India abbiamo Messe
celebrate secondo diversi riti della Chiesa cattolica. Come ha detto il Santo Padre,
per quanto riguarda il Messale del 1962, non ci sono due riti, ma è un solo rito con
diversi modi di celebrarlo. Ecco perché noi non vediamo alcuna difficoltà, e neanche
la gente ne ha. Ecco: l’unità nella diversità! Non si tratta quindi di uniformità
nell’unità ma – appunto – di unità nella diversità.
Dall’India al Brasile:
al microfono di Alessandro Gisotti, il vescovo di Petropolis, mons. Filippo
Santoro, sottolinea la richiesta di una rinnovata sacralità diffusa tra i fedeli
della sua diocesi e rafforzata da questo Motu Proprio:
R. –
Il compito principale di noi vescovi, ed è quello che vedo anch’io nella mia diocesi,
è di far capire l’aspetto profondo che Papa Benedetto vuole sottolineare: proprio
questo aspetto della riconciliazione, della comunione piena è il cuore della proposta
di Benedetto XVI. Noi abbiamo un compito da svolgere anche perché sulla stampa l’attenzione
è tutta andata sugli aspetti secondari della questione. Hanno persino confuso le idee
dicendo che adesso tornerà ad essere obbligatorio per tutti il latino! Per come la
notizia è stata veicolata da certa stampa, l’impressione era che aspetti secondari
prendessero il posto del nucleo essenziale. Ma, sia con i sacerdoti sia con il popolo,
il lavoro nostro di vescovi è questo: mettere in luce il cuore della questione. E
mettendolo in luce, si toglie una certa confusione che può esserci. Il nucleo, quando
è spiegato, riscuote l’adesione positiva sia dei sacerdoti che del popolo di Dio.
D.
– Nella Lettera che accompagna il Motu proprio, il Santo Padre sottolinea anche l’esigenza
di una nuova valorizzazione della sacralità, con riferimento anche al Messale del
1970. E’ un’esigenza sentita dai fedeli della sua diocesi?
R.
– Certamente, è un’esigenza molto sentita! Molto sentita soprattutto per l’affermarsi
di tante forme liturgiche. La nostra diocesi di Petropolis conta qualcosa come 12
corali che cantano in latino, cantano in polifonico ... c’è tutta una sensibilità
molto ricettiva in questo senso. Quindi, ciò che valorizza la ripresa del sacro, il
valore del silenzio, il valore della musica sobria, il valore di una liturgia in cui
il senso del mistero si impone sia nei sacerdoti, sia in grande parte del popolo,
è vista come una prospettiva positiva, in cui la celebrazione del culto, unita alla
celebrazione della vita, guadagna in dignità.