Nel primo anniversario dell’inizio della guerra in Libano tra israeliani e miliziani
Hezbollah, ancora tensioni nel Paese dei Cedri
La decisione di Israele di lanciare un anno fa gli attacchi contro il Libano fu giusta:
lo ha detto oggi il premier israeliano, Ehud Olmert, ricordando il primo anniversario
del conflitto, che ha provocato 1112 vittime libanesi e 43 israeliane. La scintilla
che innescò le violenze fu la cattura, da parte dei miliziani di Hezbollah, di due
soldati dello Stato ebraico, tuttora prigionieri del movimento guerrigliero. Intanto,
quattro soldati libanesi sono rimasti uccisi stamani in violenti scontri in corso
nel campo profughi palestinese di Nahr al-Bared, nel nord del Libano, dal quale l’esercito
di Beirut ha evacuato ieri 160 persone, probabilmente in vista di un massiccio attacco
ai guerriglieri di Fatah al-Islam. Combattimenti con il gruppo, accusato di prossimità
con Al Qaeda, sono cominciati nel campo profughi il 20 maggio scorso e sono proseguiti
da allora senza interruzione. Ma in che modo il conflitto tra Israele ed Hezbollah
ha mutato il panorama libanese e mediorientale? Giancarlo la Vella lo ha chiesto
a Roger Bouchaïne, dell’Osservatorio geopolitico mediorientale:
R. –
Attualmente Hezbollah controlla la situazione politica interna libanese. Dopo la guerra
dello scorso luglio si è arrivati alla peggiore situazione, che mai si era creata
in tutti gli anni di guerra. Hezbollah non si aspettava infatti di trovare all’interno
del Paese un contrasto, pensava al contrario di riuscire a sottomettere tutta la politica
libanese. La situazione ora è molto più complicata di quanto noi possiamo in realtà
immaginare.
D. – Il Libano rimane un Paese in una
condizione di estrema emergenza. Questi ultimi scontri nel campo profughi Nar
El Baret possono essere considerati anche l’effetto di una destabilizzazione
nata proprio un anno fa?
R. – Sì, anche se chiaramente
il primo aspetto non è stato quello di Nar El Baret, ma certamente
quello relativo a tutti gli attentati. La situazione è ora ancora più urgente e pericolosa,
perché altri colpi sono pronti: appena l’UNIFIL abbassa un po’ la guardia o si trova
in una situazione di minor sicurezza verrà sicuramente colpita. Ma non soltanto l’UNIFIL
rischia di essere colpita. Possono essere colpiti anche l’esercito e i ministeri.
Colpiranno appena possibile e questo per poter riuscire ad arrivare ad avere un contatto
direttamente con Israele. Si vuole creare un varco. Lo scenario è veramente aperto
e complesso e si sta ancor più allargando e in un modo così rapido che proprio non
ci si aspettava.
D. – Perché il campo profughi di
Nar El Baret è considerato un pericolo per la stabilità in Libano?
R.
– Tutti i campi palestinesi - e non a caso la Risoluzione 1559 chiedeva il disarmo
totale di tutte le milizie e in particolar modo di tutti i palestinesi che si trovano
nei campi – hanno rappresentato luoghi di addestramento e di fornitura di armi, di
droga e di tanto altro. Chiaramente Nar El Baretè un campo che
ospita centinaia e centinaia di personaggi che sfruttano proprio il disagio sociale
all’interno del campo stesso per reclutare uomini, ragazzi ed anche donne per combattere
la Jihad. Al Qaeda trova sempre un territorio fertile nel disagio sociale. Tutto questo
per arrivare ad avere dei combattenti che possono sacrificare la loro vita in nome
della loro ideologia.