2007-07-10 14:03:02

A un mese esatto dal suo sequestro nelle Filippine, giornata di preghiera per padre Giancarlo Bossi, indetta dal PIME in tutto il mondo


Secondo il desiderio dei confratelli di padre Giancarlo Bossi, da un mese esatto ostaggio nelle Filippine, oggi si celebra in tutto il mondo una Giornata di preghiera per il religioso. Ieri, al suo arrivo a Lorenzago di Cadore, era stato Benedetto XVI in persona a confessare ai giornalisti la sua costante e quotidiana preghiera per padre Bossi. Riascoltiamo le parole del Papa in questo servizio di Amedeo Lomonaco:RealAudioMP3


“Il mio pensiero va ogni giorno a padre Bossi”, il missionario italiano rapito esattamente un mese fa nelle Filippine. E’ quanto ha detto ieri Benedetto XVI, incontrando i giornalisti, subito dopo essere arrivato a Lorenzago di Cadore per trascorrere un periodo di riposo fino al prossimo 27 luglio. Ascoltiamo le parole del Santo Padre:

 
"Ho parlato ieri con il nuovo sostituto della Segreteria di Stato che era nunzio nelle Filippine fino ad alcuni giorni fa e mi ha dato le ultime informazioni. Speriamo, preghiamo che il Signore ci aiuti".
 
Giancarlo Bossi è stato rapito lo scorso 10 giugno nei pressi della sua parrocchia, nella provincia meridionale di Mindanao. Dopo la recente pubblicazione delle foto del missionario e la diffusione di un messaggio audio di padre Bossi, si è riaccesa la speranza. Ma, nonostante l’impegno dei governi italiano e filippino e le vaste operazioni di ricerca condotte dall’esercito di Manila, non sono ancora chiari né il motivo del rapimento né l’identità dei rapitori.

"Il Signore gli doni abbondante coraggio, la speranza e la pazienza, e ai suoi sequestratori Dio tocchi il cuore". E' questo un passaggio della lettera con la quale il superiore generale del Pontificio Istituto delle Missioni estere (PIME), padre Gian Battista Zanchi, ha invitato tutte le sue comunità e insieme tutte le persone di buona volontà a stringersi in preghiera il 10 luglio per padre Bossi. Oggi, intanto, nella chiesa di Sant'Antonio Claret a Zamboanga, la comunità cattolica locale ha celebrato una Messa per implorare da Dio la rapida liberarzione di padre Bossi. Sulla Giornata di preghiera per il missionario, Cecilia Seppia ha raccolto un commento di Padre Zanchi:RealAudioMP3


R. - Si tratta di un’iniziativa che ho proposto alcuni giorni fa, pur sapendo che fin dal primo giorno non soltanto noi missionari ma tante altre persone di tanti altre fedi si sono rivolte subito al Signore con la preghiera. Si voleva sottolineare in particolare che, al di là di tutte le iniziative pur buone che appoggiamo ovunque, dobbiamo rivolgerci al Signore perché può veramente muovere il cuore e la mente soprattutto di coloro che hanno sequestrato e che tengono in ostaggio il padre Bossi. In tutte le parti del mondo, dove i missionari del PIME sono presenti, si invita tutta la gente a pregare per questo stesso fine.

 
D. - E c’è finora una buona risposta anche da parte delle persone, non soltanto delle istituzioni...

 
R. - Direi che veramente c’è grande risposta. Ogni giorno, riceviamo telefonate anche di gente semplice che non solo ci dà l’appoggio, ma che continua a dire: “Ci uniamo a questa preghiera”. Soprattutto, oggi sappiamo che molte ma molte persone, anche non cristiane si uniscono a questa preghiera, là dove sono i nostri missionari. E questo è veramente di conforto.

 
D. - Cosa è emerso dall’incontro tra i padri del PIME, la Polizia locale, l’esercito, le autorità filippine e il personale dell’ambasciata italiana, svoltosi ieri?

 
R. - Sono convinti di aver localizzato il posto giusto, dove padre Bossi è tenuto prigioniero. Pensano di privilegiare un canale di comunicazione, e non hanno detto quale, ma tra i tanti possibili ne hanno fissato uno. Continuano a dire di non credere a quanto i giornali scrivono, il compromesso di Abu Sayyaf o altri grossi partiti politici pensano sempre a quel gruppo ristretto di fuoriusciti da qualche partito un po’ grosso.

 
D. - E per quanto riguarda invece la decisione di designare un mediatore unico per le trattative, pensa che sia una decisione giusta?

 
R. - Sì, altrimenti - come già per l’esperienza passata con il sequestro di padre Benedetti - troppe persone poi si presentano e dicono di essere il vero intermediario e parlano a nome dei rapitori. Invece, l’importante è incaricare una persona sola e scegliere una sola via.

 
Il PIME aveva espresso già ieri dubbi sulla matrice estremista dietro il sequestro di padre Bossi. Una posizione condivisa dall'inviato italiano nelle Filippine, Margherita Boniver, secondo la quale la sorte del religioso sarebbe nelle mani di delinquenti comuni e non di terroristi. Ascoltiamo l'esponente del governo italiano, appena rientrata dalla sua missione a Zamboanga City, in questo servizio di Cecilia Seppia, che fa il punto della situazione a un mese dal rapimento:RealAudioMP3


Da qualche parte nascosto nelle foreste del sud delle Filippine, padre Bossi è ancora nelle mani dei suoi sequestratori. L’arrivo delle sue fotografie, diffuse dai media locali e poi giunte alla Farnesina pochi giorni fa, aveva riacceso la speranza ma l’identità dei rapitori e il motivo del loro gesto rimangono ancora un mistero. Il nuovo responsabile per la sicurezza di Manila, Norberto Gonzales, non esclude che il missionario sia ostaggio del gruppo di Abu Sayyaf ma per l’ex sottosegretario agli esteri, Margherita Boniver, esistono altre ipotesi sui rapitori. Il capo dell’esercito ha parlato per esempio di fuoriusciti dal Fronte moro islamico di liberazione. Niente di più di un gruppo di malfattori, banditi comuni in cerca di denaro, non estremisti spietati come ha spiegato l’onorevole Margherita Boniver:

 
"Il gruppo di Abu Sayyaf, legato all’Al-qaedismo internazionale, è un gruppo pericolosissimo che però sembrava essere anche molto sbandato e diviso negli ultimi tempi. Diciamo, quindi, che se padre Bossi fosse poi stato rapito dal gruppo legato ad Abu Sayyaf, cioè Al-Qaeda, questa ipotesi rappresenterebbe lo scenario peggiore. Se invece è più corretta sui sequestratori l’altra ipotesi - che come dicevo mi è stata prospettata dai vertici militari sul territorio - cioè quella del gruppo di fuoriusciti dal movimento politico di indipendenza che è in colloquio con il governo centrale, questi sarebbero invece addirittura degli sbandati, dei fuoriusciti più interessati ad un riscatto che a rivendicazioni politiche".

 
Di fatto, il sequestro del missionario del Pontificio istituto missioni estere è però caduto in un momento politicamente particolare per il governo di Manila. Esperti delle Filippine hanno spiegato infatti che tirare in ballo gli estremisti islamici di Abu Sayyaf potrebbe avere delle implicazioni e generare ulteriori incongruenze. Sul dramma di padre Giancarlo Bossi, un’unica certezza: la necessità di stabilire quanto prima un contatto con i sequestratori e aprire un canale di trattative.







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