Il commento di padre Federico Lombardi al Motu proprio di Benedetto XVI
Per un commento al Motu proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI, ecco
una nota del direttore della Sala stampa, e nostro direttore generale, padre Federico
Lombardi:
Il modo migliore
per capire bene il significato del nuovo documento è naturalmente leggere con attenzione
la lettera del Papa che lo accompagna. Benedetto XVI non intende compiere alcuna rivoluzione
rispetto all’odierno uso liturgico rinnovato dal Concilio, che continuerà ad essere
seguito dalla stragrande maggioranza dei fedeli; non impone alcun ritorno indietro;
non vuole nessun indebolimento dell’autorità del Concilio né dell’autorità e della
responsabilità dei Vescovi.
Il Papa intende semplicemente
offrire a chi ne sente un motivato e profondo desiderio, una più facile possibilità
di celebrare la liturgia secondo la forma del rito romano precedentemente in uso,
di farlo serenamente, sentendosi benevolmente accolto e inserito nella grande comunità
cattolica. Se nonostante le obiezioni il Papa ha preso questa decisione - dopo lunga
riflessione, consultazione e preghiera, come dice egli stesso - in favore di un numero
relativamente piccolo di persone, ha certamente dei motivi degni di essere ben compresi.
Benedetto XVI ha una visione teologica e spirituale molto profonda della liturgia,
e quindi un senso di grandissimo rispetto per quanto viene celebrato: la morte e la
risurrezione di Gesù. La liturgia è qualcosa che ci viene donato, non è un nostro
prodotto, è la sorgente della nostra vita. L’Eucaristia è il luogo più alto dell’incontro
fra Dio e l’uomo.
Il Papa ritiene quindi suo compito
e dovere aiutare tutti i fedeli a vivere questo incontro nel modo più degno e consapevole,
sia che ciò avvenga con la forma del rito romano rinnovato, sia che - per motivi di
formazione, cultura o esperienza personale - per alcuni ciò avvenga più facilmente
con la forma più antica del rito. In ogni caso, il Papa si augura che la coesistenza
delle due forme del rito porti ambedue non a contrapporsi ed escludersi, ma ad arricchirsi
a vicenda, da una parte con un maggior spessore della sacralità della celebrazione,
dall’altra con una più ampia varietà ed espressività di elementi. Anche per chi non
prevede in alcun modo di cambiare il proprio uso liturgico rispetto all’attuale c’è
dunque un importante messaggio: la liturgia va celebrata con cura e rispetto proprio
perché attraverso di essa si comunica con il mistero di Dio. Se manca questo rispetto,
non è solo il singolo ma la Chiesa intera a soffrirne, perché gli abusi sono sempre
seme di divisione.
C’è chi teme che la coesistenza
delle due forme del rito possa essere causa di divisione. Il Papa - con ammirevole
prudenza, ma con grande fiducia - dice di ritenere che questo timore non sia realmente
fondato. Anzi, fa chiaramente capire che la sua intenzione è esattamente l’opposta,
cioè “fare tutti gli sforzi, affinché a tutti quelli che hanno veramente il desiderio
dell’unità, sia reso possibile di restare in quest’unità o di ritrovarla pienamente”.
Benedetto XVI si sente profondamente responsabile dell’unità, e pensa naturalmente
a chi si trova oggi ancora in rottura con la comunione ecclesiale, ma pensa anche
a chi si trova in tensione all’interno di essa, e invita tutti all’apertura reciproca
nell’unità della stessa fede. Ricorda che, come non si possono considerare proibiti
o dannosi i libri liturgici più antichi, così nessuno ha il diritto di considerare
negativamente quelli rinnovati. Chiunque si volesse quindi appellare al Motu proprio
per accendere tensioni invece che per alimentare lo spirito di riconciliazione ne
tradirebbe radicalmente lo spirito. Benedetto XVI ci ha spiegato che la corretta lettura
del Concilio Vaticano II deve insistere sulla “continuità” piuttosto che sulla “rottura”.
Anche la coesistenza delle due forme di un unico rito liturgico si deve interpretare
in questa linea. Il nuovo si inserisce vitalmente sul precedente senza rifiutarlo.
Il Papa afferma in modo reciso che il timore che
il documento intacchi l’autorità del Concilio è un timore infondato. Anche nella recente
esortazione postsinodale Sacramentum caritatis ha ricordato “il benefico influsso
che la riforma liturgica attuata a partire dal Concilio ha avuto per la vita della
Chiesa”. Del resto, lo vediamo celebrare continuamente solennemente secondo il rito
rinnovato. Lo abbiamo visto accogliere e lo abbiamo sentito spiegare egli stesso -
possiamo ben dire affascinati - le sagge ed espressive innovazioni dei grandi riti
dell’inaugurazione del suo Pontificato. Non abbiamo dunque alcun motivo di temere.
Benedetto XVI non ci farà tornare indietro, ma ci conduce in avanti, tenendoci ben
inseriti nella continuità del cammino storico della Chiesa. Un andare in avanti che
mira anzitutto a progredire - come persone e come comunità - nella profondità dell’incontro
con Dio.