Un atto d’amore del Papa per la Chiesa della Cina: pubblicata la Lettera di Benedetto
XVI ai cattolici del grande Paese asiatico. Il commento di padre Federico Lombardi
Un documento a lungo atteso, segno dell’amore e della vicinanza del Papa per la comunità
cattolica presente in Cina: con questo spirito, è stata pubblicata oggi la Lettera
di Benedetto XVI indirizzata ai vescovi, presbiteri, consacrati e fedeli laici della
Chiesa cattolica nella Repubblica Popolare Cinese. Il documento pontificio, che nella
versione italiana consta di 54 pagine e 20 capitoli, offre orientamenti sulla vita
della Chiesa e sull’opera di evangelizzazione in Cina, rispondendo a numerose richieste
pervenute alla Santa Sede negli ultimi anni. In una nota, diramata dalla Sala Stampa
vaticana, si sottolinea che la Lettera “tratta questioni eminentemente religiose”
e “non è quindi un documento politico” né “vuol essere un atto di accusa contro le
autorità governative, pur non potendo ignorare le note difficoltà che la Chiesa in
Cina deve affrontare quotidianamente”. Tali problematiche, spiega una Nota esplicativa,
sono state analizzate in Vaticano da una Commissione ristretta. Il 19 e 20 gennaio,
poi, il Papa ha deciso di convocare una riunione che ha visto la partecipazione di
vari ecclesiastici anche cinesi. A seguito di questo incontro, la Commissione si è
adoperata per preparare il documento, che, significativamente, è stato firmato dal
Papa il 27 maggio scorso, domenica di Pentecoste. Con la Lettera, il Papa istituisce
una Giornata di preghiera per la Chiesa in Cina, da celebrarsi il 24 maggio. Il servizio
di Alessandro Gisotti:
Un profondo
affetto per tutta la comunità cattolica in Cina ed un’appassionata fedeltà ai grandi
valori della tradizione cattolica in campo ecclesiologico: sono questi i due principi
a cui si ispira Benedetto XVI nella Lettera ai cattolici cinesi ai quali il Papa manifesta
innanzitutto la sua “fraterna vicinanza”. “Voi - scrive Papa Benedetto, all’inizio
della Lettera - sapete bene quanto siete presenti nel mio cuore”. E fin dalle prime
righe, esprime la sua intensa gioia per la fedeltà dei cattolici cinesi a Cristo e
alla Chiesa, “a volte anche a prezzo di gravi sofferenze”. Una testimonianza di fedeltà,
ribadisce, offerta “in circostanze veramente difficili”. Ai fedeli, il Santo Padre
chiede dialogo, comprensione e perdono quando è necessario. Li invita dunque ad un
cammino serio verso una completa comunione per rimanere fedeli a Cristo e al Successore
di Pietro, in un dialogo “rispettoso e costruttivo” con il governo. Il Papa mostra
apprezzamento per il raggiungimento da parte della Cina di significative mete di progresso
economico sociale, e rileva che, specie tra i giovani, da una parte cresce l’interesse
per la dimensione spirituale; dall’altra, si avverte “la tendenza al materialismo
e all’edonismo”. Il Pontefice esorta, così, la Chiesa che è in Cina ad essere testimone
di Cristo, “a guardare in avanti con speranza e a misurarsi, nell’annuncio del Vangelo,
con le nuove sfide che il popolo cinese deve affrontare” D’altro
canto, con la Lettera, il Pontefice invia anche un particolare messaggio alle autorità
civili. La Santa Sede riafferma la disponibilità al dialogo e sottolinea di non voler
interferire negli affari interni delle comunità politiche. “Lo sappia la Cina - afferma
il Papa - la Chiesa cattolica ha il vivo proposito di offrire, ancora una volta, un
umile e disinteressato servizio, in ciò che le compete, per il bene dei cattolici
cinesi e per quello di tutti gli abitanti del Paese”. Tuttavia, Benedetto XVI ribadisce
la posizione della Santa Sede sulla libertà religiosa. “La soluzione dei problemi
esistenti - si legge al capitolo IV - non può essere perseguita attraverso un permanente
conflitto con le legittime autorità civili; nello stesso tempo, però, non è accettabile
un’arrendevolezza alle medesime, quando esse interferiscano indebitamente in materie
che riguardano la fede e la disciplina della Chiesa”. Le autorità civili, scrive Benedetto
XVI, “sono ben consapevoli che la Chiesa, nel suo insegnamento, invita i fedeli ad
essere buoni cittadini”, “ma è altresì chiaro che essa chiede allo Stato di garantire”
ai cittadini cattolici “il pieno esercizio della loro fede, nel rispetto di un’autentica
libertà religiosa”. La Santa Sede, dunque, a nome dell’intera Chiesa cattolica, auspica
l’apertura di uno spazio di dialogo con le autorità di Pechino, affinché, superate
le incomprensioni del passato, si possa lavorare assieme per il bene del popolo cinese.
Il Papa riconosce che tale normalizzazione di rapporti richiederà tempo. Tuttavia,
come il suo predecessore Giovanni Paolo II, è convinto che tale normalizzazione offrirà
un impareggiabile contributo alla pace nel mondo.
Venendo
agli aspetti più specificamente ecclesiali, il Papa si sofferma sulla “situazione
di forti contrasti che vede coinvolti fedeli laici e pastori” cinesi. Il Papa rammenta
che per l’unità della Chiesa nelle singole nazioni, ogni vescovo deve essere in comunione
con gli altri vescovi e tutti, a loro volta, in comunione visibile e concreta con
il Papa. “La Chiesa che è in Cina - si legge nella Lettera - è chiamata a vivere e
a manifestare questa unità, in una più ricca spiritualità di comunione”. Al capitolo
sette, il documento pontificio si sofferma sull’Associazione Patriottica, che, viene
ribadito, è un organismo voluto dallo Stato, estraneo allo struttura della Chiesa,
con la pretesa di porsi sopra i vescovi stessi e di guidare la comunità ecclesiale.
Le sue dichiarate finalità di attuare i principi d’indipendenza e autonomia, autogestione
e amministrazione della Chiesa sono dunque inconciliabili con la dottrina cattolica,
ed hanno, inoltre, “causato divisioni sia tra il clero sia tra i fedeli”. Ancora,
la Lettera evidenzia che la comunione e l’unità “sono elementi essenziali e integrali
della Chiesa cattolica; pertanto il progetto di una Chiesa ‘indipendente’, in ambito
religioso dalla Santa Sede è incompatibile con la dottrina cattolica”.
Nei
capitoli otto e nove, il Papa rivolge l’attenzione alla condizione dell’episcopato
cinese ed affronta il delicato tema delle ordinazioni episcopali, che, come ricorda
la Lettera, “tocca il cuore stesso della vita della Chiesa” e rappresenta “un elemento
costitutivo del pieno esercizio del diritto alla libertà religiosa”. Viene ribadito
che la nomina dei presuli spetta al Papa “a garanzia dell’unità della Chiesa” e che
un’ordinazione illegittima rappresenta una “dolorosa ferita alla comunione ecclesiale”.
La Lettera auspica il raggiungimento di un accordo con il governo per risolvere alcune
questioni concernenti la scelta dei candidati, la pubblicazione della nomina e il
riconoscimento da parte delle autorità civili. La legittimazione dei vescovi ordinati
senza mandato apostolico, evidenzia il documento, è una questione molto delicata e
riguarda soprattutto la persona del vescovo. Per questo, ogni caso va studiato a sé,
specie quando manca un vero spazio di libertà. “Quale grande ricchezza spirituale
- scrive il Papa - ne deriverebbe per tutta la Chiesa in Cina, se in presenza delle
necessarie condizioni, anche questi pastori pervenissero alla comunione con il Successore
di Pietro e con tutto l’episcopato cattolico”.
Al
capitolo 10, si apre la seconda parte della Lettera, dedicata interamente agli Orientamenti
di vita pastorale. Il Santo Padre mette l’accento sull’importanza della formazione
dei cristiani, del clero come dei laici. E non manca di soffermarsi sul ruolo della
famiglia in Cina, invitando i cattolici a “sentire in modo più vivo e stringente la
sua missione” per il bene di tutta la società. Benedetto XVI chiede anche ai fedeli
cinesi di vivere intensamente la propria vocazione missionaria. In varie parti della
Lettera, il Papa si sofferma sulla testimonianza dei cristiani che hanno dato la vita
per la fede e rappresentano l’esempio e il sostegno della nuova evangelizzazione.
Nelle pagine conclusive, il Papa, considerando alcuni positivi sviluppi della situazione
della Chiesa in Cina, comunica la revoca delle facoltà e direttive di ordine pastorale
concesse in tempi particolarmente difficili per la Chiesa. La Lettera si conclude
con l’annuncio da parte del Papa dell’istituzione di una Giornata di preghiera per
la Chiesa in Cina, da osservarsi il 24 maggio, memoria liturgica della Beata Vergine
Maria, Aiuto dei Cristiani, venerata con tanta devozione nel santuario mariano di
Sheshan a Shanghai. Nella medesima giornata, è l’auspicio del Papa, i cattolici del
mondo intero chiedano al Signore per i fedeli della Cina “il dono della perseveranza
nella testimonianza” certi che le sofferenze passate saranno premiate, “anche se talvolta
tutto possa sembrare un triste fallimento”.
Con la sua
lunga Lettera, Benedetto XVI esprime dunque il proprio auspicio per una Chiesa che
sia pienamente cinese e pienamente cattolica. Per un commento a questo importante
documento del Papa, ascoltiamo la nota del direttore della Sala Stampa vaticana, e
nostro direttore generale, padre Federico Lombardi:
La lettera
del Papa ai cattolici cinesi non delude la lunga attesa, anzi sorprende positivamente.
Ha uno stile originale, che evoca le grandi epistole del Nuovo Testamento, scritte
dagli Apostoli nella fede per confortare e orientare le comunità lontane di credenti
nella prova, in uno spirito di comunione nella più ampia comunità della Chiesa universale.
Non
erano mancati i messaggi dei Papi precedenti per la Chiesa e il popolo cinesi, né
gli orientamenti fatti pervenire per diverse vie ai vescovi che li domandavano, ma
qui ci troviamo davanti a un documento ampio, esplicito, pubblico, che dice a tutti
con grande chiarezza e serenità che cosa è e che cosa vuol essere la comunità della
Chiesa cattolica che vive nel più popoloso Paese del mondo, dove deve affrontare ancora
una situazione difficile a seguito delle incomprensioni e limitazioni che ne impediscono
la vita e la crescita in piena libertà. E’ la risposta a domande nate in situazione
di sofferenza e disorientamento, rivolte con fiducia da molti anni a Roma, al Papa
come all’unica persona da cui può venire una risposta con vera autorità.
La
lettera di Benedetto XVI è dunque animata da due grandi amori: per la Cina e per la
Chiesa cattolica nella sua vera natura, quale essa appare dalla tradizione e dalla
dottrina più genuina.
Il discorso – secondo lo stile
caratteristico del Papa – è insieme denso di affetto e di gratitudine per la fedele
testimonianza di tanti cattolici cinesi, ed è allo stesso tempo denso di teologia
della Chiesa, con ampie citazioni che vanno dal Nuovo Testamento al Concilio Vaticano
II. E’ un discorso essenzialmente religioso e pastorale, diretto appunto ai membri
della Chiesa cattolica in Cina, e non vuole addentrarsi in problemi politici o diplomatici.
Il
Papa non cerca scontri con nessuno. Non pronuncia accuse nei confronti di nessuno,
né dentro, né fuori la Chiesa; conserva sempre un tono sereno e pieno di rispetto,
anche quando deve riferirsi alle limitazioni della libertà, agli atteggiamenti non
accettabili, alle tensioni interne alla Chiesa. Una Chiesa che viene sempre considerata
un’unica Chiesa, profondamente desiderosa di unione con il Papa e al suo interno,
anche se apparentemente divisa. L’esortazione all’unione, alla riconciliazione, al
perdono reciproco è uno dei messaggi più intensi, che pervadono tutto il documento.
La
chiara esposizione della natura caratteristica della comunità ecclesiale e del ruolo
dei vescovi conduce necessariamente a toccare i punti critici della nomina dei Vescovi
e dell’azione di organismi statali che mirano ad attuare nella vita della Chiesa in
Cina principi inconciliabili con la visione cattolica, come quelli della “indipendenza,
autonomia e autogestione”. Se da parte delle autorità cinesi si teme tradizionalmente
una interferenza esterna nella vita interna del Paese, da parte della Chiesa si sente
invece il rischio di una interferenza indebita dello Stato nella sua vita interna.
Perciò il Papa mette ogni impegno per spiegare la corretta distinzione fra il piano
politico e quello religioso, fra le responsabilità delle autorità civili e quelle
della Chiesa, e dichiara fiduciosamente la disponibilità della Chiesa al dialogo per
superare le incomprensioni e i punti controversi, anche nel procedimento di nomina
dei vescovi. Il cammino verso la normalizzazione dei rapporti fra Santa Sede e Cina
non è quindi l’argomento della lettera, ma sullo sfondo viene chiaramente auspicato
un suo sviluppo positivo tramite il dialogo su problemi concreti.
Del
resto, la lettera manifesta più volte che la Chiesa in Cina non solo è cresciuta numericamente
nei decenni trascorsi, ma anche che ora sente di poter camminare in modo più normale,
con spazi di movimento più ampi che in passato. Significativa in questo senso – anche
se forse non immediatamente evidente ai non specialisti di diritto canonico – è la
revoca delle facoltà eccezionali concesse in passato per le situazioni particolarmente
difficili della Chiesa in Cina. Quanto a dire: oggi la Chiesa in Cina può e deve seguire
le norme comuni in tutta la Chiesa universale.
Dai
passi iniziali, che si riferiscono con attenzione, simpatia e partecipazione al grande
e difficile impegno di sviluppo della Cina di oggi, fino ai paragrafi conclusivi rivolti
alle diverse componenti della comunità cattolica, tutta la lettera guarda in una prospettiva
molto positiva e ricca di speranza verso la crescita di una Chiesa che sia pienamente
cinese e pienamente cattolica. Una Chiesa inserita vitalmente e costruttivamente nella
vicenda del suo popolo e della sua cultura, solidale e capace di portare ad esso la
ricchezza spirituale del Vangelo e della testimonianza operosa della fede. La Chiesa
vuole e può essere veramente cinese, vuole essere per la Cina, per offrirle il Vangelo
di Gesù e senza cercare nulla per sé stessa. Sarà e potrà essere veramente cinese,
quanto più e quanto meglio potrà essere pienamente se stessa. Questo è in ultima analisi,
il grande, fiducioso e meraviglioso, messaggio del Papa.